Mario Luzi

I GRANDI TEMI

1 Il rapporto con l’Ermetismo

Nel 1935, a ventun anni, Mario Luzi pubblica la prima raccolta, La barca, ideata e composta nel clima ermetico della poesia fiorentina nel periodo tra le due guerre. La sua adesione all’Ermetismo, tuttavia, avviene in modo originale, come egli stesso avrà in seguito modo di affermare, confessando che i suoi primi versi «non ebbero all’origine alcunché di sperimentale e di scolastico, ma segnarono in termini fin troppo scoperti l’emozione di un primo contatto consapevole con la vita». La componente ermetica non è ancora predominante, come sarà nelle raccolte successive, ed è inoltre filtrata da una sensibilità adolescenziale, di sapore romantico, che scopre una realtà diversa da quella sognata, ma le tracce stilistiche della “scuola” sono riscontrabili nella rappresentazione del paesaggio e degli eventi, che perdono concretezza per assumere connotazioni universali. Accanto a tali elementi, è già presente in quest’opera una caratteristica destinata a perpetuarsi nell’intero itinerario del poeta: una sensualità spiccata che assumerà via via connotazioni di carattere morale ed esistenziale.

La prima raccolta pienamente ermetica di Luzi è Avvento notturno (1940), contraddistinta da un simbolismo oscuro, di difficile interpretazione. Il ricorso a vocaboli astratti determina una sospensione del tempo; il dato fisico viene smaterializzato nella coscienza e il poeta pone attenzione alle più sottili e recondite sfumature del reale. La carica visionaria si traduce in una serie di cliché prettamente ermetici: la rappresentazione delle montagne, del cielo, del fiume, del vento, della luna, cui si unisce un certo patetismo fatto di lacrime e sofferenze. Le liriche sono spesso legate a un’occasione, ma gli schemi compositivi si richiamano da un testo all’altro. Anche la percezione interiore si adatta a modelli standardizzati, in cui dominano la malinconia, la lontananza, un senso di mancata realizzazione e una sensualità letterariamente filtrata.

La stagione ermetica si chiude con la guerra, e anche Luzi, a quel punto, giunge alla consapevolezza di come tale poetica risulti ormai inadeguata a rappresentare la realtà, sia quella esteriore, con i conflitti sociali del periodo postbellico, sia quella intima, con le questioni che riguardano la sfera sentimentale. Nonostante questo, però, durante gli anni Quaranta egli rimane ancora sostanzialmente legato agli schemi della “scuola”.
Se nella fase ermetica la drammaticità della situazione storica – la tragedia del conflitto mondiale, la Resistenza, i problemi della ricostruzione del paese, le trasformazioni sociali e culturali in atto – viene solo sfiorata, negli anni Cinquanta il poeta inizia invece un cammino graduale verso una nuova concezione della poesia, intesa in primo luogo come espressione di un pensiero filosofico e sociale.
Accanto a una rappresentazione delle atmosfere costruita ancora secondo gli stilemi ermetici, iniziano a delinearsi personaggi dotati di una più forte individualità. Uno dei primi esempi di queste presenze si può rintracciare in una lirica del 1952, Sulla riva (poi compresa nel volume Onore del vero), in cui è descritto «l’uomo del faro», che di fronte alle «ondate» che incupiscono il «lupo di mare», aggiunge «olio alla lucerna» ed «esce con la barca, / scruta, perlustra, va verso l’aperto».
Altri segnali di cambiamento vanno individuati nell’attenzione alla quotidianità e nella prima acquisizione di un profondo senso di religiosità evangelica, che in Augurio (lirica contenuta in Dal fondo delle campagne, 1965) raggiunge una rara intensità: «Camera dopo camera la donna / inseguita dalla mattina canta, / quanto dura la lena / strofina i pavimenti, / spande cera. / […] / Sia grazia essere qui, / nel giusto della vita, / nell’opera del mondo. Sia così». Luzi coglie in ciò che lo circonda – in quest’«opera del mondo» – quella sacralità (il «giusto della vita») che rivela qui e ora il senso misterioso di ciò che esiste. L’io del poeta può così immergersi nella coralità della preghiera («Sia grazia essere qui») e trovare, nella dimensione del lavoro domestico, un legame che avvolge l’intero universo.

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2 L’impegno civile

La raccolta Nel magma (1963) segna un cambiamento di direzione nella poesia di Luzi. Per la prima volta l’autore affronta esplicitamente e in modo concreto la realtà contemporanea, calando quindi il proprio ruolo di poeta nel cuore delle cose e degli avvenimenti.
Il netto cambiamento stilistico – l’andamento narrativo, i versi lunghi, un lessico proprio della lingua parlata – testimonia un nuovo modo di poetare, improntato alla concretezza. Per esempio, nella poesia intitolata Presso il Bisenzio, i personaggi – coloro che si sono “bruciati” nel fuoco della lotta – rimproverano al poeta di non aver partecipato alla Resistenza e di essersi estraniato dal dibattito politico successivo alla Liberazione. Luzi non nasconde profondi sensi di colpa per questo, e tenta di scusarsi: «È difficile spiegarti». Ma uno di loro lo incalza e sottopone a critica il suo lavoro di poeta: «guardati, guardati d’attorno. Mentre pensi / e accordi le sfere d’orologio della mente / sul moto dei pianeti per un presente eterno / che non è il nostro, che non è qui né ora, / volgiti e guarda il mondo come è divenuto». Il processo all’atteggiamento civile e politico dell’autore si configura per lui anche come un processo all’intera fase ermetica della sua poesia.

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L’interesse per la realtà sociale e politica spinge Luzi ad allargare lo sguardo alle vicende del Novecento. Egli, però, non si limita alla cronaca dei fatti recenti, magari riletti, come in molta letteratura del dopoguerra, in una chiave retorica, ma vuole affondare lo sguardo nelle motivazioni profonde che hanno condotto alla guerra, alle deportazioni, ai campi di sterminio.
All’interno di questa ricerca, egli incontra grande difficoltà nel conciliare la presenza di Dio con una tremenda realtà di sangue e di cieca violenza. Giunge così alla conclusione che la presenza del male e del dolore è inevitabile, ma nonostante questo non si abbandona alla rassegnazione, e chiama Dio in giudizio in merito alle catastrofi novecentesche, pur senza riuscire a trovare risposte definitive.

L’altro grande nodo della poesia civile di Luzi riguarda la situazione politica e sociale dell’Italia degli anni Settanta, percorsa, in un clima di infuocato scontro ideologico, dal fenomeno del terrorismo “nero” e “rosso”. In questo contesto, il poeta sente l’urgenza di levare alta la sua parola in nome della ragione e dell’umanità. La prima necessità consiste nel demistificare l’«alfabeto infernale» di quell’«inarticolato dialetto» che è il linguaggio usato dai gruppi armati (Alfabeto infernale di che inarticolato dialetto, in Per il battesimo dei nostri frammenti, 1985).
La sua coscienza di poeta si ribella all’uso distorto e inappropriato di parole e locuzioni come “democrazia”, “bene comune”, “giustizia proletaria”, “tribunale del popolo”, “fascismo”, “esecuzione”, che con cinica retorica intendono giustificare l’assassinio, l’avvelenamento della convivenza civile e il tentativo di instaurare forme di governo antidemocratiche.
L’indignazione – dell’uomo e del poeta – mista al dolore e alla ribellione dà voce al sentimento di milioni di italiani di fronte alle immagini televisive del ritrovamento, nel bagagliaio di un’utilitaria, del corpo del presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro, assassinato dalle Brigate Rosse il 9 maggio 1978: «Acciambellato in quella sconcia stiva, / crivellato da quei colpi, / è lui, il capo di cinque governi, / punto fisso o stratega di almeno dieci altri, / la mente fina, il maestro / sottile / di metodica pazienza, esempio / vero di essa / anche spiritualmente» (Acciambellato in quella sconcia stiva, in Per il battesimo dei nostri frammenti).

Il magnifico viaggio - volume 6
Il magnifico viaggio - volume 6
Dalla Prima guerra mondiale a oggi