CRITICI A CONFRONTO - Enrico Falqui e Cesare Segre - Lo stile di Gadda: virtuosismo formale o necessità profonda?

CRITICI A CONFRONTO

Enrico Falqui e Cesare Segre

Lo stile di Gadda: virtuosismo formale o necessità profonda?

Sin dal primo apparire delle più celebri opere di Gadda, il loro stile così originale ha suscitato nella critica reazioni diverse. Se non c’è dubbio che Gadda sia uno dei maggiori scrittori italiani (e non solo italiani) di sempre, gli esperti hanno discusso sulle motivazioni della sua operazione letteraria. In una delle più precoci recensioni a Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, Enrico Falqui (1901-1974) lamentava come la sovrabbondanza dello stile gaddiano rischiasse di ingenerare nel lettore – a suo parere – un senso di sazietà e, quasi, di stordimento, al punto che il suo compiacimento verbale potrebbe apparire persino come qualcosa di meccanico. Al contrario, Cesare Segre (1928-2014) ha sostenuto che la continua trasgressione di Gadda nei confronti del “bello scrivere” sia motivata, in ogni suo singolo elemento, dalla potente carica di critica sociale presente nella sua opera.

Enrico Falqui

Gadda ha lo stile feroce. Come altri lo ha blando, ilare, triste, eccetera. Ma la sua è una ferocia che – a parte l’accumulata carica di tetraggine di cui è zeppa – deve troppo ricorrere alla filologia, alla storia, alla scienza, e in definitiva alla «letteratura», per acuminare e avvelenare le sue punte. E così non finisce con l’ammantarsi di un massiccio compiacimento verbale e col far quindi cadere in sospetto di meccanicità l’ebbrezza e la follia stessa della sua inventività? Vocaboli, aggettivi, epiteti, costrutti, paragoni, va a sceglierseli nel vecchio e nel nuovo, nella lingua e nei dialetti (dei personaggi e del milieu),1 nel comune e nello stravagante, nel poetico e nello scientifico, nel burocratico e nell’ingegneresco, nel rettorico e nel gergale, nell’italiano e nello straniero, nel sublime e nell’infimo. Ci fa così assistere – ed è spettacolo stordente, anche se i più lo designano alla svelta come divertente – ad una invenzione continua, incessante, dirotta: una sopraffazione filologico-psicanalitica straziantissima, perpetrata sopra una materia piuttosto dolorosa, che nei primi capitoli sanguina addirittura. (Ma di un sangue tutto raggelato, smaltato: ogni goccia del quale si trasforma poco meno che in «natura morta».)
Ma quale linguaggio, quale patois,2 quale argot3 ne deriva? Confessiamolo: quando lo sfoggio e lo sperpero raggiungono l’estremo del pasticciaccio è per l’appunto un pastiche, che sulle prime attrae e diverte, poi stanca, infine rattrista. Perché è come se Gadda ci si mostrasse legato mani e piedi e tuttavia furente di libertà.

(Enrico Falqui, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, “Tempo”, 27 settembre 1957; ora in Novecento letterario, serie sesta, Vallecchi, Firenze 1961)

Cesare Segre

La polemica linguistica coincide in lui con la polemica contro la società. La società milanese (la borghesia industriale e commerciale), la società romana, la società dei letterati, soffrono colpi la cui violenza è accentuata dall’oltranza stilistica di Gadda. È vero che si tratta di una polemica umorale [...], sicché essa spesso supera il suo bersaglio, lo colpisce alla cieca, sintonizzata com’è, soltanto, con un groviglio di complessi e di risentimenti; ma è una critica irresistibile, portata sulle cose, che scoprono sempre un lato indifeso all’attacco concentrico degli acidi linguistici di Gadda. Perciò, se la sindrome linguistica è affine a quella degli scapigliati (per non risalire a Folengo e Rabelais, e per non citare il contemporaneo Joyce, il cui influsso diretto pare trascurabile), il fatto nuovo è la motivazione di ogni suo elemento. Motivazione a livello plurimo: istituzionalmente, il repertorio linguistico (forme letterarie o antiquate; latinismi; dialettalismi) violenta la media usuale, come per un rifiuto alla banalità, alla acquiescenza, al rispetto umano;1 settorialmente, i numerosissimi affluenti2 lessicali alludono al repertorio delle convenzioni culturali più diffuse, ed ugualmente sospette all’autore (dalla meccanica alla psicanalisi, dalla fisiologia la religione, dalla matematica al giure);3 localmente, la scelta stilistica è funzionale all’intento quasi sempre aggressivo (bonariamente o crudelmente; con ironia o con violenza), al prediletto climax enfatico ed iperbolico. Naturale che una motivazione così complessa – come se in ogni punto della pagina gaddiana convergessero tutti i motivi dell’atto creativo – produca spesso superfetazioni4 storico-filosofiche; queste sono compensate dall’attitudine alla concentrazione brachilogica,5 all’invenzione di forme pregnanti: e all’equilibrio delle due tendenze nasce una sintassi dall’infinita variabilità.

(Cesare Segre, Lingua, stile e società, Feltrinelli, Milano 1963)

PER SCRIVERNE

Mentre, secondo Falqui, Gadda appare quasi vittima del proprio stesso stile, dal quale a volte sembra farsi prendere la mano, per Cesare Segre le opzioni stilistiche gaddiane sono perfettamente tarate sugli scopi che l’autore si prefigge scrivendo. Ripercorrendo i brani di Gadda che hai letto, con quale di questi due giudizi ti trovi maggiormente in sintonia? Per quali ragioni? Rispondi in un testo argomentativo.

Il magnifico viaggio - volume 6
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