Dell’arte della guerra e le opere storiche

Dell’arte della guerra e le opere storiche

Dopo i Discorsi, Machiavelli si dedica alla stesura di un trattato in forma di dialogo, Dell’arte della guerra, e all’attività storiografica, che tuttavia si concentra più sull’interpretazione politica dei fatti che sulla loro documentazione.
In quest’opera, composta tra il 1519 e il 1520 e pubblicata in 7 libri nel 1521, Machiavelli approfondisce argomenti già considerati nel Principe e nei Discorsi. L’autore immagina che a Firenze, negli Orti Oricellari, si svolga un dialogo sui difetti delle truppe mercenarie e sulle qualità dell’esercito stabile. Le convinzioni dell’autore sono qui sostenute da un suo alter ego, Fabrizio Colonna, famoso capitano di ventura al servizio della Spagna, che si sofferma sull’importanza del reclutamento delle milizie, della fanteria in particolare (mentre l’incidenza dell’artiglieria e in generale delle armi da fuoco viene sottovalutata), e su molte questioni tecniche, come lo schieramento degli eserciti in battaglia, le modalità di difesa e di assedio, le strategie da adottare per mantenere la disciplina ecc.
Il modello proposto è quello dell’esercito dell’antica Roma, anche se trapela chiaramente la sfiducia che un buon ordinamento militare sia possibile in Italia, dove non esiste un principe che domini su uno Stato e che sia capace di arruolare almeno ventimila uomini.
Il condottiero trecentesco di Lucca viene visto da Machiavelli in questa biografia del 1520 non nella sua reale azione e identità storica: si tratta, piuttosto, di una figura idealizzata e per questo possiamo ravvisare nella sua descrizione un modello di principe guerriero, dotato al tempo stesso di prudenza ed energia, non molto diverso dal Valentino esaltato nel Principe.

Composti tra il 1520 e il 1525 e dedicati a papa Clemente VII, gli 8 libri delle Istorie si dividono in tre blocchi tematici fondamentali: il primo libro tratta sinteticamente gli avvenimenti italiani dalla caduta dell’Impero romano fino alla metà del Quattrocento; i successivi tre si concentrano per lo più sull’evoluzione del Comune fiorentino, gli altri quattro analizzano la storia di Firenze dal 1434 alla morte di Lorenzo il Magnifico (1492), anche in relazione alle vicende degli altri Stati italiani.

Più che di uno storico, è l’opera di un politico. Il racconto infatti è spesso inattendibile e infarcito di inesattezze, la documentazione è parziale e subordinata agli schemi ideo­logici dell’autore. Tuttavia, proprio questa impostazione è alla base dell’interesse dell’opera, che conserva lo stesso piglio militante del Principe nell’analizzare i mali dell’Italia contemporanea, tra i quali spicca il ruolo dello Stato della Chiesa, colpevole di impedire l’unificazione della penisola.

Il magnifico viaggio - volume 2
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Il Quattrocento e il Cinquecento