Il magnifico viaggio - volume 1

RISCRITTURA in ITALIANO MODERNOd 626 / IL TRECENTO i Bianca Pitzorno Viveva un tempo a Firenze un giovane chiamato Federigo, figlio di messer Filippo Alberighi, il quale era valoroso e cortese, e per queste sue qualità veniva assai stimato e ritenuto superiore a tutti gli altri giovanotti della Toscana. Come avviene spesso agli uomini di nobili sentimenti, Federigo si innamorò d una gentildonna, chiamata monna Giovanna, che godeva fama d essere una delle più belle e leggiadre giovani di Firenze. Per conquistare l amore della bella dama, Federigo cominciò a mettersi in mostra, duellando, partecipando a giostre e tornei, offrendo grandi feste e sontuosi regali e spendendo senza alcun riguardo il suo denaro. La donna però, ch era onesta quanto bella ed era sposata, non si curava affatto di lui, né di tutte queste imprese compiute per attirare la sua attenzione. Da un lato Federigo spendeva oltre le proprie possibilità, dall altro non aveva entrate che compensassero tali spese. E come avviene facilmente in questi casi, arrivò il momento che le sue ricchezze si prosciugarono ed egli cadde in miseria. Di tutto il suo gran patrimonio gli era rimasto soltanto un poderetto, le cui rendite gli bastavano a stento per sopravvivere, e un falcone, che era però tra i migliori che ci fossero al mondo. Quando si rese conto che non poteva continuare a condurre in città la vita lussuosa di un tempo, benché fosse ancora innamorato della donna, Federico decise di ritirarsi a vivere in campagna, presso Campi, dov era il suo piccolo podere. Per procurarsi il cibo, quando il tempo lo permetteva, andava a caccia col falcone. Per il resto sopportava pazientemente la sua estrema povertà senza chiedere niente a nessuno. Ora avvenne che, mentre Federigo conduceva una vita così grama, il marito di monna Giovanna si ammalò gravemente e, vedendosi prossimo alla morte, fece testamento. Era ricchissimo e lasciò tutto il patrimonio al suo unico figlio, ch era già grandicello. Ma poiché aveva molto amato la moglie, fece aggiungere nel testamento che se il figlio fosse morto senza eredi legittimi, tutte le sue ricchezze dovevano andare, come unica erede, a monna Giovanna. Poco tempo dopo l ammalato morì e monna Giovanna restò vedova. L estate successiva, come è abitudine delle donne toscane, la dama se ne andò a villeggiare col figlio in una sua campagna che era assai vicina al poderetto di Federigo. Fu così che il fanciullo fece amicizia col gentiluomo impoverito e prese l abitudine di passare molto tempo con lui, appassionandosi di cani e d uccelli. Il falcone, che aveva visto molte volte levarsi in volo, gli piaceva in modo straordinario. Ardeva dal desiderio di averlo, ma non osava chiederlo perché vedeva quanto fosse caro a Federigo. Le cose stavano a questo punto, quando il ragazzo si ammalò. La madre, che lo amava profondamente e che aveva solo lui, lo circondava di cure, non lo lasciava un attimo e lo supplicava continuamente di dirle se desiderasse qualcosa. Gli prometteva che, qualunque cosa fosse, se appena fosse stato possibile, avrebbe fatto in modo di accontentarlo. Il fanciullo, sentendo ripetere molte volte questa promessa, alla fine le disse: «Madre mia, se voi fate in modo che io abbia il falcone di Federigo, credo che in poco tempo guarirò . Monna Giovanna non si aspettava questa richiesta. Rimase perplessa e cominciò a riflettere. Sapeva che Federigo l aveva lungamente amata, senza ricevere in cambio da lei neppure uno sguardo, e si diceva: «Come potrei chiedergli, o mandargli a chiedere questo falcone che, a quanto ho sentito, è tra i migliori che ci siano al mondo? E che, oltre a ciò, è il suo principale mezzo di sostentamento? Come potrei essere così egoista e ingrata da voler togliere a un gentiluomo, che ha perduto tutto, l unica cosa cara che gli sia rimasta? Turbata da questi pensieri, sebbene fosse certissima di ottenere il falcone se lo avesse domandato, non sapeva cosa fare e prendeva tempo, senza dare risposta alle richieste del figlio. Ma a lungo andare l amore per il fanciullo prevalse sugli scrupoli e, per accontentarlo, monna Giovanna decise che, qualunque conseguenza ne fosse derivata, non avrebbe mandato a chiedere il falcone, ma sarebbe andata lei stessa a prenderlo e glielo avrebbe portato. «Figlio mio, consolati e pensa a guarire. Ti prometto che la prima cosa che farò domattina sarà di andare a prenderti il falcone. Il fanciullo se ne rallegrò e in quello stesso giorno la sua salute mostrò qualche miglioramento. La mattina dopo la madre prese per compagnia un altra donna e, fingendo di andare a passeggio, arrivò alla casa di Federigo e lo fece chiamare. Poiché non era tempo di andare a caccia col falcone, né lo era stato nei giorni precedenti, Federi-

Il magnifico viaggio - volume 1
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Dalle origini al Trecento