Il magnifico viaggio - volume 1

ta però tutto sommato corretto: così si spiega per esempio la tolleranza della Chiesa del tempo verso i frequenti abusi tipici di certa devozione popolare. Soltanto con il Concilio di Trento (1545-1563) si stabiliranno regole più rigide per le canonizzazioni. La controversa posizione dell autore L abilità teatrale della confessione Gli artifici retorici di Ciappelletto 586 / IL TRECENTO La critica ha molto discusso su quale debba essere considerata la posizione di Boccaccio rispetto al contenuto di questa novella. Per alcuni lettori (a partire da Francesco De Sanctis) essa testimonia nell autore la presenza di uno spirito irreligioso e anticlericale, come se egli avesse voluto irridere la semplicità e l eccessiva buona fede dei confessori, oltre che la credulità popolare (ma va notato non traspare nel testo alcun senso di derisione nei confronti della figura del frate confessore). Per altri (per esempio Benedetto Croce) Boccaccio appare invece semplicemente ammirato dall intelligenza umana, anche in una manifestazione a dir poco estrema come quella offerta da Ciappelletto: all autore non starebbe qui a cuore il problema dell esistenza o della non esistenza di Dio o quello dell adeguatezza dei suoi ministri, quanto la celebrazione di un individuo d eccezione (Ciappelletto, appunto) capace di imbrogliare i propri simili in maniera così estrosa; sarebbe, insomma, un esaltazione dell intelligenza o, per dirla con Boccaccio, dell «industria . Boccaccio scrive Croce ammira in Ciappelletto «quella forza umana [ ] d intelligenza, di esperienza, di immaginazione, di volontà, di parola, una delle più singolari sublimazioni di quella sagacia ed astuzia, che aveva sempre formato oggetto del suo interessamento . Altri studiosi ancora (come Vittore Branca) sostengono, al contrario, che lo scrittore, lungi dall esaltare Ciappelletto, provi quasi una sorta di sgomento di fronte alla logica mercantile (quella del profitto e dell interesse economico) portata alle estreme conseguenze: in nome della «ragion di mercatura si può giungere a compiere le peggiori nefandezze; così l autore, con questa novella, sembra prendere le distanze dagli aspetti più foschi e in definitiva disumani di quell etica commerciale. Le scelte stilistiche Il ritmo narrativo della novella è serrato, ma la parte più efficace è quella relativa alla confessione di Ciappelletto. La confessione è resa efficacemente attraverso una scena (cioè, qui, un dialogo tra i due personaggi nel quale il tempo del discorso coincide con il tempo della storia). Il sacerdote esamina Ciappelletto su quasi tutti i sette vizi capitali della tradizione classica e cristiana (lussuria, gola, avarizia, ira, invidia) ed egli, agli occhi del frate, riesce tutte le volte a ribaltare ogni vizio nella corrispondente virtù, secondo la tecnica del rovesciamento parodico, sviluppata attraverso la figura dell antifrasi. L effetto comico è massimo agli occhi del lettore, che conosce l autentico carattere del personaggio grazie al ritratto che ne ha dato in precedenza Boccaccio, come anche si divertono e insieme si meravigliano di fronte a tanta spudoratezza (ma poi decidono di acconsentirvi a proprio vantaggio) i due fratelli usurai, che conoscono nei dettagli le abitudini di vita del loro ospite. Il personaggio si rivela abilissimo nell usare le parole (capacità molto apprezzata da Boccaccio in tutto il Decameron) e gli artifici retorici, comprese alcune tecniche teatrali: con notevoli capacità istrioniche, Ciappelletto sospira per lasciare intendere imbarazzo e contrizione per i presunti peccati commessi; utilizza espressioni di una devozione, pure un po stereotipata, che non possiede, come i lettori già sanno (io amo molto meglio di dispiacere a queste mie carni che, faccendo agio loro, io facessi cosa che potesse essere perdizione dell anima mia, la quale il mio Salvatore ricomperò col suo prezioso sangue, rr. 120-122; quel veracissimo corpo di Cristo il quale voi la mattina sopra l altare consecrate, rr. 262263); piange (come colui che il sapeva troppo ben fare quando volea, r. 221, nota maliziosamente il narratore) e finge di non riuscire a confessare quelle colpe che egli sembrerebbe ritenere più gravi, ma che di fatto non sono neanche peccati veniali. A un certo punto pare quasi che le parti si capovolgano; ora è Ciappelletto a fare la morale al confessore: «Non , disse ser Ciappelletto, «non dite leggier cosa, ché la domenica è troppo da onorare, però che in così fatto dì risuscitò da morte a vita il nostro Signore (rr. 211-212); E voi fate gran villania, per ciò che niuna cosa si convien tener netta come il santo tempio, nel quale si rende sacrificio a Dio (rr. 218-219). Infine, ottenuta l assoluzione, Ciappelletto chiede di fare la comunione e di ricevere l estrema unzione. La scena si conclude così all insegna della massima coerenza.

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Dalle origini al Trecento