Il ritorno a Firenze

NAPOLI Per il giovane Boccaccio, i tredici anni trascorsi a Napoli sono indimenticabili. Mercanti, gente di mare, popolani, avventurieri, nobili: un universo di uomini e donne di estrazione sociale, culture e stili di vita diversi sfila sotto i suoi occhi. Ma l amore per la letteratura si rafforza soprattutto nello Studio e nelle sale della ricchissima Biblioteca di Roberto d Angiò, dove incontra monaci, matematici, astronomi, storici, traduttori dal greco, dall arabo, dall ebraico. Circondato da questo entourage, che il re ospita nel suo castello (il Maschio Angioino), Boccaccio legge i classici latini, i romanzi cavallereschi e la poesia in volgare. Francesco Pagano, Tavola Strozzi, 1472-1473. Napoli, Museo di San Martino. IL RITORNO A FIRENZE Nel 1340 la crisi della compagnia dei Bardi determina l improvviso ritorno di Boccaccino a Firenze. Giovanni è costretto, suo malgrado, a seguire il padre. Si interrompe così per lui, all età di ventisette anni, il periodo allegro e spensierato nella città partenopea. In seguito continuerà a sperare di potervi tornare stabilmente, magari attraverso un incarico presso la corte degli Angiò; ma tale speranza andrà frustrata. Negli anni successivi si reca prima a Ravenna e poi a Forlì, per tornare nel 1348 di nuovo a Firenze, dove ha modo di constatare i terribili effetti della peste che in seguito descriverà nel Decameron, la sua opera più importante, una raccolta di cento novelle composta tra il 1349 e il 1353, la cui narrazione prende le mosse proprio dalla terribile esperienza della morte nera . Il Decameron va ad aggiungersi alle altre opere del periodo fiorentino: la Comedia delle ninfe fiorentine, l Amorosa visione, l Elegia di Madonna Fiammetta, il Ninfale fiesolano. La scomparsa del padre e la necessità di amministrare l ormai esiguo patrimonio familiare lo spingono a rimanere stabilmente in città, da dove si allontanerà solo per brevi spostamenti. A Boccaccio non resta perciò che adattarsi alla vita borghese di Firenze, dove comunque si fa conoscere e apprezzare per le doti culturali e diplomatiche, tanto da essere ufficialmente impiegato in diverse ambascerie. Scrittore ormai noto e stimato, riceve dai concittadini incarichi di prestigio, che lo portano in Romagna, ad Avignone presso il papa, e a Napoli, ma soltanto per un breve periodo. Lo sconvolgimento scatenato dall epidemia di peste provoca in lui un profondo mutamento interiore. L aver visto la morte da vicino e la perdita di molte persone care (tre figli naturali, avuti forse da donne diverse, gli muoiono prestissimo: Violante, la più cara, a cinque anni d età) lo conducono a una riflessione spirituale, alla quale non è estranea l amicizia con uno scrittore anch egli spiritualmente inquieto quale Francesco Petrarca. Boccaccio lo incontra per la prima volta a Firenze nel 1350, per poi rivederlo l anno dopo a Padova e nuovamente a Milano e a Venezia. All amicizia con l autore del Canzoniere, che per Boccaccio diventa una sorta di modello, si collega la composizione di una serie di opere in latino, di carattere erudito ed enciclopedico, che anticipano alcuni caratteri del nascente Umanesimo. La frequentazione di Petrarca (anche nei termini di una fitta relazione epistolare) spinge infatti Boccaccio a concepire una nuova idea di letteratura: scrivere non avrebbe più dovuto essere un attività finalizzata soltanto al «diletto dei lettori, cioè al piacere e all intrattenimento (com era avvenuto con le opere napoletane e in parte con lo stesso Decameron), ma un impegno di tipo morale e religioso, volto a trasmettere messaggi di contenuto etico e spirituale. Nell amicizia con Francesco, Giovanni intravede un opportunità di miglioramento insieme artistico e personale, come gli scrive in una lettera: «Ah, che io possa, per mezzo della tua venerabile persona, giungere a debellare le miserie della fortuna, le angustie dell a- L AUTORE / GIOVANNI BOCCACCIO / 525

Il magnifico viaggio - volume 1
Il magnifico viaggio - volume 1
Dalle origini al Trecento