T14 - L’amarezza dell’esule

L amarezza dell esule / T14 / Convivio, I, 3, 4-5 / Nostalgia e protesta per l ingiustizia subita / Il dolore dell esilio è evocato in un breve, celebre passo del Convivio, in cui Dante non manca di notare la responsabilità dei suoi concittadini. 5 10 Poi che fu piacere delli cittadini della bellissima e famosissima figlia di Roma,1 Fiorenza, di gittarmi fuori del suo dolce seno nel quale nato e nutrito fui in fino al colmo de la vita mia, e nel quale, con buona pace di quella,2 desidero con tutto lo core di riposare l animo stancato e terminare lo tempo che m è dato , per le parti quasi tutte alle quali questa lingua si stende, peregrino, quasi mendicando, sono andato,3 mostrando contra mia voglia la piaga della fortuna, che suole ingiustamente al piagato molte volte essere imputata.4 Veramente io sono stato legno5 sanza vela e sanza governo,6 portato a diversi porti e foci e liti7 dal vento secco che vapora8 la dolorosa povertade; e sono apparito alli occhi a molti che forse che per alcuna fama in altra forma m aveano imaginato: nel conspetto de quali non solamente mia persona invilìo,9 ma di minor pregio si fece ogni opera, sì già fatta come quella che fosse a fare. 1 figlia di Roma: le origini di Firenze ve- nivano fatte risalire a una colonia romana (cfr. Inferno, XV, 76-78); inoltre, in una visione determinata dall orgoglio municipale, Firenze avrebbe eguagliato la grandezza dell antica Roma. 2 quella: Firenze. 3 per le parti quasi tutte alle quali so- no andato: sono andato errabondo e mendicante per quasi tutte le contrade dove si parla la lingua volgare (cioè per quasi tutta l Italia). 4 imputata: ascritta a colpa. 5 legno: nave (per sineddoche). 6 governo: timone. 7 liti: lidi, coste. 8 vapora: emana (soggetto è la doloro- sa povertade, mentre il pronome relativo che è il complemento oggetto). 9 invilìo: apparve più vile, fu sminuita. DENTRO IL TESTO La nostalgia di Firenze Le metafore drammatiche I contenuti tematici Dante spera di poter tornare a Firenze richiamato dai cittadini riconciliatisi con lui (con buona pace di quella, r. 3), dopo il bando d esilio perpetuo emesso il 10 marzo 1302, quando il poeta ha trentasette anni, tutti trascorsi nella sua città (il seno dove nato e nutrito fui in fino al colmo de la vita mia, rr. 2-3: all incirca il «mezzo del cammin di nostra vita del primo verso dell Inferno). Lì afferma di voler tornare per finire i propri giorni. Sappiamo che questo desiderio non si realizzerà mai. Le scelte stilistiche Il poeta descrive in termini drammatici, attraverso una serie di immagini assai efficaci, la propria condizione di esule, costretto a mostrare contro voglia la piaga della fortuna (r. 6). A questa prima metafora ne segue una seconda, più articolata, in cui Dante assimila sé stesso a un imbarcazione priva di vele e di timone, in balia delle intemperie. Il passo si apre con una nota nostalgica nei confronti della città natia e si conclude con la protesta per l ingiustizia subita. Palazzo Vecchio e la Loggia della Signoria, a Firenze. L AUTORE / DANTE ALIGHIERI / 305

Il magnifico viaggio - volume 1
Il magnifico viaggio - volume 1
Dalle origini al Trecento