Il magnifico viaggio - volume 1

avevano abusato del loro ruolo temporale. Dante auspica, dunque, un ritrovato equilibrio tra i «due soli , in grado di riportare la penisola italiana allo splendore dell Impero romano. La critica alla Chiesa Così egli matura la visione della Storia secondo cui la Chiesa, dopo avere usurpato (dopo la Donazione di Costantino e per la cupidigia dei suoi pastori) il potere che l Impero aveva ricevuto da Dio, aveva distrutto la pace dell umanità. Solo una monarchia universale avrebbe potuto ristabilire le condizioni perdute. Questa concezione non viene meno quando la morte di Arrigo VII (1313) pone fine alle speranze che l imperatore aveva suscitato: Dante continuerà a meditarla a Verona, dove soggiornerà, dal 1313 al 1318-1320, alla corte di Cangrande della Scala. Il De monarchia: sintesi del pensiero politico dantesco a questo punto che il pensiero politico di Dante prende la sua forma definitiva e assume una sistemazione organica nel De monarchia. Egli si chiede la ragione dei malanni d Italia e la individua nelle discordie tra le diverse entità statali in cui è divisa la penisola; scorge la causa di queste nella mancanza di un potere civile unico, cioè dell Impero, essendo gli imperatori distratti dagli eventi politici dell area tedesca, e nella parallela usurpazione delle loro prerogative da parte della Chiesa. La centralità del divino Al centro del pensiero di Dante c è dunque la concezione di un doppio dovere per l individuo: verso sé stesso e le altre persone, ma anche verso Dio. Fine dell essere umano è la conquista della duplice felicità: perciò Dio stesso gli ha dato due guide, l imperatore e il pontefice, che devono, agendo in modo indipendente, condurlo al raggiungimento del bene. Tuttavia Dante concepisce la felicità terrena come una meta indicata da Dio stesso, cioè non come un aspirazione egoistica o un diritto, bensì, piuttosto, come un dovere morale e religioso. significativa in tal senso la similitudine con cui si chiude il De monarchia, in un passo in cui lo scrittore invita l imperatore a nutrire rispetto filiale verso il pontefice: «Cesare pertanto usi verso Pietro di quella reverenza che il figlio primogenito deve usare verso il padre, affinché, illuminato dalla luce della grazia paterna, possa illuminare con maggior efficacia la terra, al cui governo è stato preposto solo da Colui che è il reggitore di tutte le cose spirituali e temporali (III, 15, 18). In altre parole, al di là della chiara distinzione dei ruoli e degli ambiti tra papa e imperatore, il pontefice continua a rivestire, agli occhi di Dante, un primato di ordine religioso, in quanto vicario di Cristo sulla Terra. VISIONE POLITICA DAI TEMI ai testi: T16 > p. 314 T17 > p. 319 T22 > p. 358 esaltazione del modello universalistico rifiuto del particolarismo dei Comuni teoria dei due soli (necessità di convivenza di due poteri) Chiesa (il papa come artefice della felicità celeste) Impero (l imperatore come artefice della felicità terrena) L AUTORE / DANTE ALIGHIERI / 255

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Dalle origini al Trecento