2 - La formazione filosofica e la concezione del sapere

| 2 | La formazione filosofica e la concezione del sapere L apprendistato culturale di Dante «Tutti li uomini naturalmente desiderano di sapere : leggiamo questa frase, ripresa da Aristotele, nel primo capitolo del Convivio, un opera nella quale Dante intende occuparsi di tutto lo scibile umano, dimostrando la sua sapienza, per fornire ai lettori una sorta di enciclopedia cui attingere per ogni esigenza intellettuale. Ma qual è stata la sua formazione culturale? Il periodo degli studi filosofici di Dante viene concordemente situato dai biografi tra il 1291 e il 1294-1295, sulla base delle sue stesse indicazioni, che parlano di un tempo di trenta mesi, in capo ai quali «cominciò tanto a sentire de la sua dolcezza, che lo suo amore cacciava e distruggeva ogni altro pensiero . Sul carattere di questi studi, sui maestri che seguì, sui testi che lesse e sugli autori che maggiormente frequentò, Dante non fornisce però alcuna notizia. Tuttavia gli studiosi hanno avanzato supposizioni e ipotesi di varia consistenza e attendibilità, richiamandosi, soprattutto, a quanto si conosce sui maggiori centri d insegnamento filosofico e teologico allora attivi a Firenze (gli Studi conventuali dei Domenicani di Santa Maria Novella, dei Francescani di Santa Croce e degli Agostiniani di Santo Spirito) e sui più importanti maestri che vi insegnavano. riconosciuta, per esempio, l influenza di Brunetto Latini, per il suo dialogo diretto con i classici e con la letteratura francese, e per un opera come il Tresor, da considerare un precedente del Convivio. Autori classici e cristiani D altra parte, pur senza che ne parli esplicitamente, è lo stesso Dante a suggerirci attraverso le citazioni, nonché i riferimenti diretti e indiretti di cui è costellata l intera sua opera su quali autori si sia formato. Innanzitutto va citato il «maestro di color che sanno (Inferno, IV, 131), cioè Aristotele: Dante non ha accesso alle opere originali (in greco, lingua che non conosce), ma gli sono note le sue idee sulla base di traduzioni latine e soprattutto di commenti redatti in età medievale. Vanno poi evocati i massimi scrittori del pensiero etico latino: Cicerone, Seneca e successivamente Boezio, che in larga parte sviluppa le idee dei primi due; e con loro quei poeti che, come Virgilio, Lucano e Stazio, sono ritenuti da Dante ricchi di altissimi insegnamenti etici e sapienziali, e le cui invenzioni poetiche celano, ai suoi occhi, una verità che talora può essere anche più efficace e persuasiva di quella affidata al puro linguaggio filosofico dei maestri del sapere. Tra questi ultimi non va dimenticato Averroè, il divulgatore arabo di Aristotele (di cui abbiamo già parlato a proposito dello Stilnovo e di Cavalcanti, h p. 177), mentre tra gli autori cristiani vanno ricordati almeno Agostino d Ippona, per le Confessiones (Confessioni) e il De civitate Dei (La città di Dio), e Tommaso d Aquino, per la Summa contra Gentiles (Somma, cioè compendio , contro i pagani) e la Summa theologiae (Somma di teologia), opere, queste ultime due, di importanza fondamentale per Dante quando nella Divina Commedia si troverà a definire l ordinamento morale dell oltretomba. Il valore morale del sapere Il carattere eterogeneo di queste letture dimostra la presenza sincretica di fonti e modelli provenienti sia dalla tradizione classica sia da quella cristiana; testimonia inoltre come Dante rifiuti la specializzazione del sapere e sia aperto ad ambiti molto diversi tra loro, dalla politica alla filosofia, dalla religione alle scienze naturali, secondo quella prospettiva universale ed enciclopedica della cultura che è un tratto tipico della civiltà medievale. D altra parte, la conoscenza non costituisce per lui un semplice repertorio di definizioni astratte o di speculazioni personali, ma una fonte di rettitudine e moralità: non è un caso che L AUTORE / DANTE ALIGHIERI / 253

Il magnifico viaggio - volume 1
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Dalle origini al Trecento