La Divina Commedia

Quella circulazion che sì concetta pareva in te come lume reflesso, 129 da li occhi miei alquanto circunspetta, dentro da sé, del suo colore stesso, mi parve pinta de la nostra effige: 132 per che l mio viso in lei tutto era messo. Qual è l geomètra che tutto s affige per misurar lo cerchio, e non ritrova, 135 pensando, quel principio ond elli indige, tal era io a quella vista nova: veder voleva come si convenne 138 l imago al cerchio e come vi s indova; ma non eran da ciò le proprie penne: se non che la mia mente fu percossa 141 da un fulgore in che sua voglia venne. A l alta fantasia qui mancò possa; ma già volgeva il mio disio e l velle, sì come rota ch igualmente è mossa, 145 l amor che move il sole e l altre stelle. 127-132. Quella ... messo: è il momento della intuizione dell Incarnazione di Cristo, cioè dell assunzione della natura umana (anima e corpo) da parte della seconda persona della Trinità. Il secondo cerchio (circulazion) della Trinità raffigura Gesù (il Figlio), che nella luce divina (in te) sembra generarsi (concetta) come luce riflessa: l osservazione attenta (circunspetta, dal latino circumspicere) di Dante scorge, nella parte interna (dentro da sé), l immagine umana di Cristo, nel quale coesiste la duplice natura, umana e divina. 133-138. Qual è ... s indova: come il geometra non riesce a trovare il «principio risolutore del problema (l esatta misura del cerchio), così il poeta si sforza inutilmente di 127-132 Quel cerchio che così appariva, generato nella luce eterna come una luce riflessa, osservato un poco dai miei occhi, mi sembrò nel suo interno dipinto con il suo stesso colore della nostra immagine umana, per cui il mio sguardo era tutto concentrato su di lui. 133-141 Come il geometra che si applica con tutte le sue facoltà per misurare il cerchio e, pensando, non trova quel principio di cui avrebbe bisogno, così ero io a quella vista straordinaria: volevo vedere come l immagine umana si adattasse al cerchio e come vi si collocasse, ma le mie facoltà non erano capaci di volare così in alto, se non che la mia mente fu colpita da una folgorazione, che soddisfece il suo desiderio. 142-145 Alla (mia) facoltà immaginativa giunta così in alto vennero meno le forze, ma già il mio desiderio e la mia volontà erano mossi, come una ruota che è mossa uniformemente, da Dio, l amore che fa muovere il sole e le altre stelle. penetrare il mistero divino (vista nova), di conoscerlo (veder: soprattutto in questo passo vista fisica e vista intellettuale sono la stessa cosa) e di capire come l immagine umana di Cristo si collochi (s indova) nel cerchio; indige è un latinismo, dal verbo indiget, necessita, ha bisogno; s indova è un neologismo dantesco, coniato unendo in + dove, nel senso di «aver luogo . 139. le proprie penne: le ali (metafora per «capacità ) di Dante non sono adatte a tale volo. il riconoscimento oggettivo dei limiti umani. 142-144. A l alta ... mossa: alla facoltà immaginativa (alta fantasia) di Dante viene meno la forza (possa) derivata dal soccorso divino e il poeta non riesce più a registrare nella sua memoria quel mistero che va al di là della ragione umana: già era stato compiuto (volgeva) il desiderio e il volere (velle, dall infinito latino) di contemplare Dio, e la visione è scomparsa. La ruota gira con moto uniforme (igualmente) sul suo asse, come Dio ha mosso perfettamente la volontà e il desiderio di Dante di contemplarlo. 145. l amor ... stelle: l ultimo verso del Paradiso si ricollega a quello iniziale della cantica (la gloria di colui che tutto move, I, 1): l amore divino dà origine alla vita, alla storia, all esistenza dell universo. Come l Inferno e il Purgatorio, così anche il Paradiso si conclude con la parola stelle. Giovanni di Paolo, La visione di Dio, miniatura dal Cod. Yates Thompson, 1445 Paradiso La visione di Dio 771

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato