La Divina Commedia

Forse semilia miglia di lontano ci ferve l ora sesta, e questo mondo 3 china già l ombra quasi al letto piano, quando l mezzo del cielo, a noi profondo, comincia a farsi tal, ch alcuna stella 6 perde il parere infino a questo fondo; e come vien la chiarissima ancella del sol più oltre, così l ciel si chiude 9 di vista in vista infino a la più bella. Non altrimenti il tr unfo che lude sempre dintorno al punto che mi vinse, 12 parendo inchiuso da quel ch elli nchiude, a poco a poco al mio veder si stinse: per che tornar con li occhi a B atrice 15 nulla vedere e amor mi costrinse. Se quanto infino a qui di lei si dice fosse conchiuso tutto in una loda, 18 poca sarebbe a fornir questa vice. La bellezza ch io vidi si trasmoda non pur di là da noi, ma certo io credo 21 che solo il suo fattor tutta la goda. Da questo passo vinto mi concedo più che già mai da punto di suo tema 24 soprato fosse comico o tragedo: ché, come sole in viso che più trema, così lo rimembrar del dolce riso 27 la mente mia da me medesmo scema. Dal primo giorno ch i vidi il suo viso in questa vita, infino a questa vista, 30 non m è il seguire al mio cantar preciso; ma or convien che mio seguir desista più dietro a sua bellezza, poetando, 33 come a l ultimo suo ciascuno artista. Cotal qual io la lascio a maggior bando che quel de la mia tuba, che deduce 1-13. Forse semilia miglia ... si stinse: la perifrasi astronomica (vv. 1-9) indica l ora dell alba dal punto di vista della Terra (manca un ora al sorgere del sole, le stelle gradualmente si spengono e l aurora prende il sopravvento) e si serve di due segnalazioni: a seimila miglia di distanza è mezzogiorno (distanza che, secondo i dati astronomici medievali, il sole percorre in sette ore); all alba la Terra proietta il suo cono d ombra sul piano dell orizzonte. La prima parte della similitudine si conclude con il secondo termine di paragone (vv. 10-13): come le stelle scompaiono a poco poco nel cielo, così scompaiono dalla vista di Dante i cerchi luminosi delle nove gerarchie angeliche. La similitudine crea un atmosfera di sospensione, annuncia la salita di Dante e Beatrice fino all Empireo e le apparizioni celestiali. 16-21. Se quanto tutta la goda: il poe- (vv. 1-33) Contemplazione di Beatrice 1-9 L ora sesta (il mezzogiorno) arde su un punto lontano circa seimila (semilia) miglia da qui, e la Terra già proietta l ombra quasi sul piano dell orizzonte, quando lo spazio del cielo, alto su di noi, comincia a farsi tale che qualche stella smette di essere visibile fino a quaggiù (sulla Terra); e come la luminosissima ancella del sole (l Aurora) avanza ancora, così il cielo si spegne di stella in stella fino alla più luminosa. 10-15 Non diversamente scomparve a poco a poco ai miei occhi quel trionfo (dei cori angelici) che esprime la sua letizia sempre intorno al punto che mi abbagliò (Dio), quando mi apparve circondato da ciò (quei cerchi) che egli in realtà circonda: per cui il non vedere più nulla e l amore mi costrinsero a tornare con gli occhi a Beatrice. 16-27 Se quanto si è detto fin qui di lei fosse interamente raccolto in una lode unica, essa sarebbe insufficiente ad assolvere questo compito (di lodarla). La bellezza che io vidi oltrepassa non solo le nostre possibilità, ma io credo certamente (certo) che solo il suo creatore (Dio) possa interamente goderla. Mi dichiaro vinto da questo punto (del mio racconto) più che (non sia stato) sopraffatto da un punto del suo argomento qualsiasi scrittore di opere in stile umile e in stile sublime: perché, come (fa) il sole su una debole vista, così il ricordo di quel dolce riso mi toglie le facoltà intellettive. 28-33 Dal primo giorno in cui io vidi il suo viso in questa vita (sulla Terra), fino a questa visione di lei (nell Empireo), non mi è stato impedito di procedere nel mio canto (di lode); ma ora è necessario che mi rassegni a non inseguire la sua bellezza, poetando, come ogni artista all estremo delle sue possibilità (espressive). (vv. 34-63) Ascesa all Empireo 34-45 Beatrice, così bella come io la lascio (perché la descriva) a una voce di poeta che risuoni più ta vorrebbe descrivere la bellezza di Beatrice continuando quanto di lei, e delle sue apparizioni, ha narrato a partire dalla Vita Nuova ( Inferno II, p. 49), poi nel Convivio fino alla Commedia. La difficoltà di descriverne la bellezza è determinata dal fatto che essa sovrasta la misura umana, perché nell Empireo rappresenta completamente la teologia, scienza delle cose rivelate. Ne deriva che solo Dio è in grado di comprenderla appieno. - v. 18 fornir: Parole in chiaro. 22-27. Da questo passo scema: è evidente l iperbole in questi versi in cui Dante si dichiara vinto dal nuovo compito di dire degnamente di Beatrice più di quanto un altro scrittore possa essere mai stato sopraffatto da qualche particolare argomento della propria opera, comico o tragedo: Dante si riferisce alla distinzione stilistica (fatta nel De vulgari eloquentia, «L eloquenza in lingua volgare II, 4) fra commedia (opera narrativa di argomento e stile medio, comico appunto) e tragedia (opera di argomento e stile sublime). Ma qui la distinzione indica gli scrittori di qualsiasi genere dinanzi alla difficoltà della materia artistica. 28-33. Dal primo giorno ciascuno artista: il tema dell indicibile, già espresso nei vv. 49-69 del canto XXIII ( Analisi e interpretazione, p. 716), nasce dal divario tra le risorse linguistiche del poeta e la sovrumana bellezza di Beatrice: dalla prima volta in cui l ha incontrata, Dante non ha mai trovato un ostacolo come questo; ora, consapevole del limite raggiunto, dichiara che il canto poetico non riesce più ad adeguarsi alla bellezza. Accanto alla dichiarazione dell ineffabile, resta la tensione stilistica e lo sforzo del dire, sottolineato dall uso di rarissimi latinismi (preciso) e dalla serie di allitterazioni della v- nei vv. 28-29. Paradiso La rosa dei beati 749

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato