Personaggi principali: Piccarda Donati, Costanza di

582 Canto III Personaggi principali Piccarda Donati Costanza di Altavilla Piccarda, bellissima fanciulla, era figlia di Simone Donati e sorella di Forese (Purgatorio XXIV, 13-15), amico di Dante, e di Corso (Purgatorio XXIV, 82-87), capo dei guelfi neri di Firenze, alleato politico di papa Bonifacio VIII. Piccarda entrò nell ordine delle Clarisse, ma fu rapita dal convento (forse nel 1285 o nel 1288), e costretta dal famigerato Corso a sposare Rossellino della Tosa, in modo da stringere una parentela che gli arrecasse vantaggi per la propria carriera politica. Le cronache del tempo affermano che la prima notte di nozze Piccarda venne colpita da una violenta malattia e in breve morì per Grazia di Dio, di cui solo era sposa, e che esaudì le sue preghiere. Dante non sembra dare credito a tali leggende. Piuttosto, il poeta dovette intuire il dolore e la rassegnazione silenziosa, che mai cede al rancore, della vita di Piccarda accanto al marito che le era stato imposto e su questi sentimenti costruì la sua salvezza eterna e la fece portavoce della necessità del beato, come dell uomo, di accordare la sua volontà a quella di Dio per raggiungere la personale pienezza. Figlia di Ruggero II d Altavilla, re di Sicilia, e ultima erede del regno normanno, nacque nel 1154. Sposò nel 1185 l imperatore Enrico VI di Svevia, figlio di Federico Barbarossa, e gli portò in dote la Sicilia. Divenuta madre alla soglia dei quarant anni, e rimasta vedova nel 1197, era stata a suo tempo nominata nel 1189 alla successione in Sicilia di re Guglielmo II, che era morto senza alcun erede. I nobili siciliani però, nonostante avessero giurato fedeltà a Costanza nel 1185, temendo che il trono venisse occupato dallo svevo Enrico VI, incoronarono al posto suo il nipote illegittimo di Ruggero II. Morì l anno successivo dopo aver affidato la tutela del regno al papa Innocenzo III. Federico II, figlio di Costanza, consolidò il suo potere nell Italia meridionale, ma avversò la Chiesa mettendosi a capo dei ghibellini italiani ( Inferno X, 119). Dante accoglie la versione guelfa, ostile alla casata sveva, secondo la quale Costanza fu fatta uscire dal monastero di Palermo in cui si era ritirata per ordine del papa, che aveva preparato le sue nozze con Enrico VI. In realtà, Costanza non fu mai monaca. Parole in chiaro Postille (v. 13) Il termine postilla significa «breve annotazione o «commento scritto . Deriva dal latino medievale postilla(m) e dalla locuzione post illa, sottinteso verba, «dopo quelle parole , nel senso che erano note scritte intorno al testo o a margine, delimitandone i contorni. Al plurale postille indica anche «tratti, lineamenti, contorni del viso . Qui il termine è usato da Dante per indicare lievi tracce dei volti come riflessi in acqua, trasparenti. Coto (v. 26) Il termine, diffuso nel Medioevo, significa «pensiero dalla forma fiorentina coitare, «pensare , a sua volta dal latino cogitare. Soave (v. 119) Soave sta per «Svevia , traduzione, in italiano antico, della parola tedesca schwaben, latino Suebu(m), «svevo . Il termine è riferito da Dante alla dinastia sveva. Francesco Scaramuzza, Paradiso Canto III, 1870, disegno a penna.

La Divina Commedia
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