La Divina Commedia

554 Canto XXXIII si presenta organizzato in due blocchi narrativi. NellaIl canto prima parte, la grande allegoria della storia umana sviluppata nei canti precedenti si conclude con il lungo discorso di Beatrice: ella preannuncia l avvento di un condottiero che realizzerà la giustizia divina vendicando l offesa recata alla Chiesa (come già nella profezia del veltro Inferno I), e investe nuovamente Dante della missione di testimoniare ciò che ha visto nell aldilà. Nella seconda parte l atmosfera torna serena: nell ombra fresca al limitare della foresta Dante beve la dolce acqua (vv. 1-30) La processione si rimette in cammino 1-15 Deus, venerunt gentes ( Dio, sono venute le genti , le donne incominciarono, piangendo (per lo scempio del carro della Chiesa cui avevano assistito Purgatorio XXXII), e alternandosi nel dolce canto, ora le tre (virtù teologali), ora le quattro (virtù cardinali); e Beatrice, sospirosa e pietosa, le ascoltava con un espressione tale (sì fatta), che Maria sotto la croce mutò aspetto poco di più (per il dolore della morte del figlio). Ma quando (poi che) le sette vergini le lasciarono spazio per parlare, levata diritta in piedi, rispose, avvampando in viso: «Ancora un poco, e non mi vedrete; e poi di nuovo, sorelle mie dilette, ancora un poco e mi vedrete . Poi se le mise davanti tutte e sette, e dietro di sé, solo con un cenno del capo, fece muovere (mosse) me e la donna (Matelda) e il saggio rimasto (Stazio). 16-30 Così (Beatrice) andava (sen giva); e non credo che avesse compiuto il decimo passo, quando con i suoi occhi ferì (percosse) i miei; e con aspetto rasserenato: «Cammina più velocemente (tosto) , mi disse, «così che, se io ti parlo, tu sia in grado di sentirmi bene (tu sie ben disposto) . Non appena (sì come) io fui accanto a lei, così come dovevo fare, mi disse: «Fratello, perché non osi farmi domande, ora che finalmente mi cammini a fianco (omai venendo meco)? . Come a coloro che davanti a un superiore (suo maggior) sono troppo deferenti nel parlare, tanto che non riescono a trarre distintamente le parole (voce viva) dalla bocca, (così) avvenne a me, che con voce soffocata (sanza intero suono) cominciai: «Madonna, voi sapete ciò che mi occorre (sapere), e quello che serve (è buono) a soddisfare il mio bisogno . (vv. 31-102) Profezia di Beatrice: oscurità del suo linguaggio 31-51 E lei a me: «Voglio che ti liberi (disviluppe) ormai dal timore (tema) e dalla vergogna, affinché tu non parli più come chi balbetta nel sonno. Sappi che il carro (vaso) spezzato dal drago (serpente) fu (la Chiesa di Pietro) e non è più (infatti è divenuto un mostro); ma chi ne ha la colpa, sappia che la vendetta divina non teme ostacoli (suppe). L aquila che lasciò le penne al carro, rendendolo (per che divenne) mostruoso e successivamente preda (del gigante) non sarà sempre (tutto tempo) senza erede; perché io vedo con certezza (data da Dio), e perciò lo dico, avvicinarsi una costellazione (stelle propinque), superiore (secure) a ogni ostacolo e a ogni im- dell Eunoè, che rende il suo spirito rifatto sì come piante novelle / rinnovellate di novella fronda. La Cantica si conclude con un appello al lettore che unisce due motivi: l espressione della piena consapevolezza dell altissimo lavoro d arte, in cui Dante-autore è impegnato, e l ineffabilità del soprannaturale, che sarà ricorrente nel Paradiso. L ultimo verso della Cantica riprende con perfetta circolarità quelli iniziali: dopo aver visitato il luogo dove l umano spirito si purga / e di salire al ciel diventa degno ( Purgatorio I), il pellegrino è diventato puro e disposto a salire a le stelle. Deus, venerunt gentes , alternando or tre or quattro dolce salmodia, 3 le donne incominciaro, e lagrimando; e B atrice, sospirosa e pia, quelle ascoltava sì fatta, che poco 6 più a la croce si cambiò Maria. Ma poi che l altre vergini dier loco a lei di dir, levata dritta in pè, 9 rispuose, colorata come foco: Modicum, et non videbitis me; et iterum, sorelle mie dilette, 12 modicum, et vos videbitis me . Poi le si mise innanzi tutte e sette, e dopo sé, solo accennando, mosse 15 me e la donna e l savio che ristette. Così sen giva; e non credo che fosse lo decimo suo passo in terra posto, 18 quando con li occhi li occhi mi percosse; e con tranquillo aspetto «Vien più tosto , mi disse, «tanto che, s io parlo teco, 21 ad ascoltarmi tu sie ben disposto . Sì com io fui, com io dov a, seco, dissemi: «Frate, perché non t attenti 24 a domandarmi omai venendo meco? . Come a color che troppo reverenti dinanzi a suo maggior parlando sono, 27 che non traggon la voce viva ai denti, avvenne a me, che sanza intero suono incominciai: «Madonna, mia bisogna 30 voi conoscete, e ciò ch ad essa è buono . Ed ella a me: «Da tema e da vergogna voglio che tu omai ti disviluppe, 33 sì che non parli più com om che sogna. Sappi che l vaso che l serpente ruppe, fu e non è; ma chi n ha colpa, creda 36 che vendetta di Dio non teme suppe. Non sarà tutto tempo sanza reda l aguglia che lasciò le penne al carro, 39 per che divenne mostro e poscia preda; ch io veggio certamente, e però il narro, a darne tempo già stelle propinque, 42 secure d ogn intoppo e d ogne sbarro,

La Divina Commedia
La Divina Commedia
Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato