La Divina Commedia

440 Canto XVII e ora mi ha perduta! Io sono quella che si dispera (lutto), madre, per la tua rovina prima ancora che per quella degli altri . (vv. 40-75) L angelo della pace 40-54 Così come, quando di botto (butto) una luce improvvisa ferisce gli occhi chiusi, si rompe (frange) il sonno, che così interrotto dà ancora qualche guizzo, prima di cessare del tutto, allo stesso modo la mia visione (l imaginar mio) lasciò la mia mente (cadde giuso) non appena una luce mi colpì il viso, in misura molto maggiore di quello cui siamo abituati (di più, cioè, della normale luce solare). Io mi giravo, per vedere dove mi trovassi, quando una voce disse: «Qui si sale , distogliendomi da ogni altro pensiero; e (la voce) mi diede ardente desiderio di guardare chi parlava, un desiderio che non si sazia mai se non incontra l oggetto desiderato. Ma come guardando il sole siamo costretti ad abbassare gli occhi, e l eccesso di luce (soverchio) scontorna (vela) la figura, così la mia facoltà visiva veniva meno (di fronte allo splendore dell angelo). 55-75 «Questo è uno spirito celeste, che mostra la via per salire senza che noi lo preghiamo (ne drizza senza prego) e si nasconde nella propria luce. Fa con noi come l uomo fa con se stesso (si fa sego; cioè, soddisfa il desiderio subito, senza richieste); perché chi aspetta di essere pregato, pur vedendo il bisogno altrui, già si dispone malignamente al rifiuto (si mette al nego). Ora conformiamo i nostri passi a un così autorevole invito; e facciamo in modo di salire prima che diventi buio, perché dopo non si potrà più finché non torna il giorno . Così disse la mia guida, e insieme rivolgemmo i nostri passi su una scala; e appena fui sul primo gradino, sentii vicino a me come un fruscio d ala ventilarmi il viso, e dire: Beati pacifici che non provano ira malvagia! . Gli ultimi raggi del sole, ai quali fa seguito la notte, erano già così alti sopra di noi che le stelle apparivano qua e là (da più lati). O mia energia (virtù), perché svanisci così? dicevo fra me e me, perché mi sentivo la forza (possa) delle gambe interrotta, sospesa (posta in triegue). (vv. 76-139) La dottrina dell amore e l ordinamento del Purgatorio 76-90 Noi eravamo al termine della scala (dove più non saliva / la scala sù; cioè, sull orlo della cornice successiva), ed eravamo fermi come una nave che si arena sulla spiaggia. Io aspettai un poco, per cogliere voci o rumori (alcuna cosa) nel nuovo girone; poi mi rivolsi al mio maestro, e dissi: «Dolce padre mio, dimmi, quale peccato si espia in questo girone dove ci troviamo? Se dobbiamo rimanere fermi, non taccia la tua parola (non stea tuo sermone) . E lui a me: «Proprio qui (quiritta) si emenda l amore indirizzato al bene manchevole di portare a termine il suo compito (scemo del suo dover); qui si batte con più energia (ribatte) il remo colpevolmente lento (il mal tardato remo). Ma perché tu comprenda più chiaramente, prestami attenzione, e ricaverai un buon risultato dalla nostra sosta (dimora) . or m hai perduta! Io son essa che lutto, 39 madre, a la tua pria ch a l altrui ruina . Come si frange il sonno ove di butto nova luce percuote il viso chiuso, 42 che fratto guizza pria che muoia tutto; così l imaginar mio cadde giuso tosto che lume il volto mi percosse, 45 maggior assai che quel ch è in nostro uso. I mi volgea per veder ov io fosse, quando una voce disse «Qui si monta , 48 che da ogne altro intento mi rimosse; e fece la mia voglia tanto pronta di riguardar chi era che parlava, 51 che mai non posa, se non si raffronta. Ma come al sol che nostra vista grava e per soverchio sua figura vela, 54 così la mia virtù quivi mancava. «Questo è divino spirito, che ne la via da ir sù ne drizza sanza prego, 57 e col suo lume sé medesmo cela. Sì fa con noi, come l uom si fa sego; ché quale aspetta prego e l uopo vede, 60 malignamente già si mette al nego. Or accordiamo a tanto invito il piede; procacciam di salir pria che s abbui, 63 ché poi non si poria, se l dì non riede . Così disse il mio duca, e io con lui volgemmo i nostri passi ad una scala; 66 e tosto ch io al primo grado fui, senti mi presso quasi un muover d ala e ventarmi nel viso e dir: Beati 69 pacifici, che son sanz ira mala! . Già eran sovra noi tanto levati li ultimi raggi che la notte segue, 72 che le stelle apparivan da più lati. O virtù mia, perché sì ti dilegue? , fra me stesso dicea, ché mi sentiva 75 la possa de le gambe posta in triegue. Noi eravam dove più non saliva la scala sù, ed eravamo affissi, 78 pur come nave ch a la piaggia arriva. E io attesi un poco, s io udissi alcuna cosa nel novo girone; 81 poi mi volsi al maestro mio, e dissi: «Dolce mio padre, dì, quale offensione si purga qui nel giro dove semo? 84 Se i piè si stanno, non stea tuo sermone . Ed elli a me: «L amor del bene, scemo del suo dover, quiritta si ristora; 87 qui si ribatte il mal tardato remo. Ma perché più aperto intendi ancora,

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato