La Divina Commedia

160 Canto XV Fortuna, come vuol, son presto, v. 93). Dante-personaggio con questa risposta testimonia la sua maturazione spiri tuale, conoscitiva, affettiva: egli in ogni incontro «catar tico con i dannati ha potuto riflettere sul limite dei valori umani, per quanto grandi e giusti, e grazie all aiuto della ragione impersonata da Virgilio ha vinto incer tezze e timori, turbamenti e angosce. Il ritratto che il poeta ora delinea di sé (coerenza e fermezza morale, sfida ai malvagi e ai colpi della sor te) troverà compimento nell incontro con l antenato Cacciaguida nel Paradiso (si definirà tetragono ai colpi di ventura, XVII, vv. 23-24) e risponde alla intrinseca motivazione del poema. Il pellegrino, nel suo viaggio at traverso i tre regni ultraterreni, vive l esperienza straor dinaria di un uomo al quale è stata concessa l investitura dal cielo, esperienza che gli permetterà di «purificarsi dal peccato e di trasmettere, in versi di altissima poe sia, un messaggio di importanza estrema: per la salvezza eterna dell uomo è necessario un orientamento dell ani mo che si rivolga a Dio. La grande costruzione poetica: peccatore e persona di valore L incontro con l antico maestro, dalle alte qualità morali, ma relegato nell Inferno per sodomia (accennata dal viso abbrusciato del peccatore), offre ancora una volta al poeta l opportunità di riconoscere il vero senso dell esistenza umana, alla luce del suo destino ultimo. Il più importante uomo di cultura della generazione precedente può, già all inizio del poema, affermare che nel giovane discepolo «aveva veduto risplendere la lu minosa impronta dei predestinati a grandi cose (E.G. Parodi). Brunetto, però, conosce solo l immortalità data dalla gloria (m insegnavate come l uom s etterna, v. 85), non è uomo di fede e non coglie dell esperienza di Dante il valore provvidenziale, la consacrazione per la salvez za personale e per l intera umanità. Il maestro che non ha saputo collocare le proprie virtù morali e la propria sapienza nella prospettiva del giudizio divino non può meritare il premio. Si può comunque avere pietà per il suo destino, pietà che non è un semplice moto di compassione (e or m accora, v. 82), ma è la comprensione di Dante per la sua sorte: Bru netto, pur così grande, nobile e dignitoso come Dio lo ha creato, si è privato, per propria scelta, di questa sua dignità e del proprio compimento di grandezza (la gloria suprema del Paradiso), che aveva invece per destino datogli da Dio. Il personaggio rispecchia quel contrasto tipico anche di al tre figure infernali (Francesca, Farinata, Pier della Vigna) che continuano a conservare la loro grandezza. Questa ambivalenza (si può essere peccatori e, nello stes so tempo, persone di valore) è la straordinaria costruzio ne poetica dell Inferno dantesco ( Dante e gli incontri «catartici1 approfondimento online). 1 catartici: nella filosofia e linguaggio religioso si riferisce alla puri ficazione dell anima dai mali interiori. Similitudini e scelte linguistiche Nelle similitudini geografiche che aprono il canto, il ter mine Fiamminghi e i nomi delle due città, Guizzante e Bruggia, richiamano il contrappasso delle «fiamme guiz zanti e del calore che «brucia . L atmosfera realistica e familiare Le similitudini che esprimono lo sforzo visivo dei sodomiti (Dante crea una similitudine straordinaria, con poche parole: aguzzavan le ciglia/ come vecchio sartor fa nella cruna, vv. 20-21)«ripor tano a un giro di esperienze comuni e familiari al poeta: le buie notti di una città medievale, la bottega di un vecchio artigiano; e preparano il clima di sorprendente natura lezza in cui si svolgerà, con la sua fitta trama di ricordi autobiografici e di cronaca cittadina, l incontro con ser Brunetto (N. Sapegno). Il registro linguistico quotidiano Il critico Attilio Mo migliano, commentando il discorso di Brunetto Latini e l uso insistito della metafora, evidenzia come Dante abbia voluto contrapporre se stesso e le proprie qualità morali ai suoi concittadini. «Il consiglio e la profezia di Brunetto sono disseminati di espressioni rudi, in cui si riverbera, attraverso le espressioni del maestro, il temperamento risentito di Dante: lo stile attinge forza dal linguaggio popolano e proverbiale (fa che tu ti forbi; ma lungi fia dal becco l erba; Faccian le bestie fiesolane strame / di lor medesme). E quanto era stato affettuoso l esordio, rivolto al discepolo d un tempo, altrettanto recisa e tagliente è la profezia che contrappone replicatamente il fiorentino in tegro ai concittadini malvagi: lazzi sorbi da una parte, dolce fico dall altra . Oltre ad adeguare il registro linguistico e le metafore alla realtà «bestiale dei fiorentini, Dante vuole mettere in risalto la cultura tutta mondana di Bru netto legata alla mercatura (stella, porto, cielo benigno, vv. 55-59), alla mineralogia (monte, macigno v. 63), alla bota nica (lazzi sorbi, dolce fico, erba, strame, pianta, vv. 65-74), alla zoologia (becco, letame, sementa, nido, vv. 72-78). Anche le rime difficili sottolineano il tono quotidiano (sorbi: orbi, 65-67; garra: arra: marra, vv. 92-96).

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato