Analisi e interpretazione

Analisi e interpretazione La tematica letteraria e politico-civile Dante e Virgilio si sono incamminati sugli argini lascian dosi dietro la selva dei bestemmiatori (Dante dice che se anche si fosse girato non l avrebbe potuta più scorgere, sia per l aria tenebrosa dell inferno che per il denso vapore). Le anime che vanno a schiera guardano i due poeti, che si trovano in alto, sull argine, come si guarda la luna nuova, cioè stringendo gli occhi per la poca luce, come - seconda similitudine - fa il vecchio sarto per infilare la cruna dell a go. Mentre Dante viene osservato in questo modo, ecco che un dannato lo riconosce e che con molta familiarità lo prende per un lembo dell abito e grida Qual maraviglia, v. 24. Il poeta, nonostante l aspetto riconosce in Brunetto Latini, e gli si rivolge con la confidenza tipica di chi è in familiarità: Siete voi qui, ser Brunetto?. Brunetto Latini, che con i suoi scritti di retorica e di dottrine politiche ave va contribuito alla formazione di Dante, è il personaggio adatto a rievocare le virtù della Firenze del Duecento e a delineare con completezza i destini di Dante, integrando la tematica letteraria del poema con quella politico-civile. La gloria poetica Nel corso del colloquio, il discepolo mostra un atteggiamento di rispetto, quasi di soggezio ne, nei confronti del suo antico maestro (china la mano, v. 29, usa il Voi, v. 30, si offre di fermarsi a parlare, vv. 3436, cammina a capo chino pur stando in alto, vv. 43-45) e gli spiega le ragioni del viaggio intrapreso verso la salvezza. Brunetto apprezza le qualità morali e artistiche di Dante, cui profetizza la meta eternatrice della gloria letteraria, la più nobile delle attività umane (non puoi fallire a glor oso porto, v. 56). Per approfondire Dante e gli incontri «catartici La profezia dell esilio Tuttavia gli predice anche l esilio (come già Ciacco e Farinata) e l odio di entrambe le fazio ni fiorentine a causa della sua onestà (La tua fortuna tanto onor ti serba, / che l una parte e l altra avranno fame / di te; ma lungi fia dal becco l erba, vv. 70-72). L affermazione storicamente si riferisce alle scelte di Dante che, esiliato dai Neri (1302), divenne inviso agli stessi compagni di esilio dopo il tentativo fallito della Battaglia della Lastra (1304), un colpo di mano dei fuoriusciti per rientrare a Firenze. Il poeta non condivise l azione di forza dei Bianchi, aiuta ti dal signore di Forlì, Scarpetta degli Ordelaffi, e da quel momento fece «parte per se stesso ( Dante: la vita e le opere, p. 12). Il maestro esorta il discepolo a esser forte, a reagire alla cattiva sorte e alle ingiustizie che subirà per la malvagità e l invidia dei suoi concittadini (contro i quali lancia una violenta invettiva), a perseguire un atteggiamento onesto, a guardarsi dai loro costumi corrotti, a preservare la sua dirit tura morale e civile. Brunetto dice quindi che non conviene che un dolce fico cresca tra le aspre sorbe (un frutto molto aspro usato per alimentare animali e commestibile per gli uomini solo dopo una lunga maturazione) e che questi Fio rentini-Fiesolani sono per vecchia fama orbi riferendosi o al fatto che furono beffati da Totila (che si fece accogliere co me amico e che poi saccheggiò la città), o alla leggenda delle colonne di porfido del Battistero (donate dai Pisani, che si ritenevano miracolose perché facevano apparire il volto dei traditori, ma a causa della raschiatura da parte dei Pisani divennero inutilizzabili, per cui si diceva «Pisani traditori e Fiorentini ciechi ). Essi sono inoltre, parafrasando un analoga invettiva di Ciac co, avari, invidiosi e superbi, per cui Brunetto invita Dante a stare alla larga da loro. Poi continua profetizzando che per la sua fama entrambe le parti di Firenze avranno fame di lui: si può intendere che entrambe vorranno «sbranarlo o che entrambe lo vorrebbero dalla loro parte (in genere i critici moderni preferiscono la prima interpretazione, la seconda è più legata agli antichi commentatori), ma il «caprone do vrà stare lontano dall erba (altra frase di tipo proverbiale). Le bestie fiesolane si mangino tra di loro, vv. 73-78 (Dante usa la parola strame riferita al pasto degli animali): e non tocchin la pianta, / s alcuna sorge ancor in lor letame, / in cui riviva la sementa santa / di que Roman che vi rimaser, cioè lascino stare quello che di buono germoglia dal loro letame, quale frutto della santa semenza del popolo Romano che decise di rimanere dopo che la città era ormai un nido di malizia. La maturazione etica e conoscitiva di Dante-personaggio Il discepolo risponde al maestro che ricorderà la sua pro fezia, per farsela a tempo debito spiegare da Beatrice. Poi, circa il ruolo giocato dalla Fortuna, ribadisce con fermez za la propria onestà e dignità morale, affermando di esse re pronto ad affrontare i capovolgimenti della sorte (a la Inferno Brunetto Latini 159

La Divina Commedia
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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato