2.1 Le operazioni di base della ricerca antropologica
Le due operazioni di base di cui si avvale ogni ricerca antropologica sono:- lo spoglio;
- il rilevamento.
Queste operazioni sono sempre interconnesse e producono i materiali fondamentali che l’antropologo analizza allo scopo di scrivere la monografia etnografica.
Lo spoglio consiste nella raccolta, nella selezione e nello studio di materiali già esistenti, per lo più testi scritti e documenti d’archivio attinenti al tema della ricerca: le fonti documentarie. Lo spoglio non va confuso con lo studio preliminare di libri, articoli o saggi scritti da altri antropologi sul medesimo tema di ricerca.
Le fonti documentarie comprendono:
- documenti in raccolte monoscritte giacenti in archivi, biblioteche, depositi pubblici o privati (municipali, ecclesiastici, di individui privati e così via);
- testamenti, registri anagrafici, registri parrocchiali, epistolari;
- pubblicazioni di tipo governativo e anagrafico (censimenti, rapporti economici, statistici, sanitari);
- archivi fotografici pubblici e privati;
- storie locali, riviste e giornali della zona, guide turistiche;
- documenti personali di abitanti del posto (lettere, diari e così via);
- romanzi, poesie, canzoni, altro materiale di ambiente locale (di autori locali o meno).
Oggi, in molti casi, lo spoglio si può effettuare anche in modo computerizzato. Lo spoglio elettronico delle fonti inizia sostanzialmente con il contributo dell’antropologo Alberto Mario Cirese (1921-2011): il passaggio dall’organizzazione delle informazioni dal cartaceo al digitale, con la possibilità di evidenziare occorrenze o di ordinare le informazioni automaticamente in modo sequenziale (listati), ha determinato uno sviluppo metodologico importante.
Se lo spoglio è la selezione e lo studio di documenti già acquisiti, testi già formati e presenti nel contesto di studi prima dell’arrivo dell’antropologo, il rilevamento è l’operazione con la quale l’antropologo stesso produce dei materiali ricavandoli dalla propria interazione diretta con il contesto sociale di studio per renderli documenti di indagine per se stesso e per gli altri. L’antropologa italiana Enrica Delitala (1934-2014) sottolinea questa differenza sostanziale, non tanto perché nel primo caso (con lo spoglio) si lavori a tavolino e nel secondo (con il rilevamento) all’aria aperta, ma perché il rapporto fra il ricercatore e la realtà nel primo caso è mediato, nel secondo è invece immediato.
Quando si fa un lavoro di spoglio, per esempio lavorando su fonti scritte o su documenti museali, si stabilisce un “rapporto a tre” fra:
- realtà;
- autore del documento;
- antropologo.
L’operazione di selezione dei dati non modifica né la realtà né il documento (libro, audioregistrazione, oggetto conservato in un museo).
Viceversa, quando si fa un rilevamento si stabilisce un “rapporto diretto a due” fra:
- realtà;
- antropologo.
Lo spoglio è un momento operativo comune a tutte le discipline, mentre il rilevamento è tipico delle scienze sociali. Per l’antropologia il rilevamento è la ricerca sul campo.
Anche le scienze naturali o l’archeologia hanno come momento insopprimibile della loro ricerca l’indagine di terreno, ma in questi casi possiamo parlare solo di rapporti fra cose e oggetti, come per lo spoglio, e non di rapporti umani, fra persone, come nella ricerca sul campo.
Data la fluidità e la variabilità delle relazioni che si instaurano sul campo fra l’antropologo e i suoi interlocutori, non è possibile dare una normativa rigida di come debba essere condotta la ricerca, non si può fornire una ricetta infallibile per produrre i risultati migliori. L’antropologo deve avere sempre il massimo rispetto per l’ambiente in cui lavora e per le singole persone con cui entra in contatto, ricordando che i fenomeni sociali non sono mai isolati, ma vivono in un contesto, in un sistema di relazioni, entro cui sono significativi.