T1 - Bronisław Malinowski, Il manifesto dell’antropologo

PAROLA D’AUTORE

|⇒ T1  Bronisław Malinowski

Il manifesto dell’antropologo

A cavallo della Prima guerra mondiale, l’antropologo Bronisław Malinowski trascorse circa trenta mesi in Papua Nuova Guinea. Da questa ricerca nacque la sua opera più famosa: Argonauti del Pacifico occidentale (1922), incentrata sull’analisi di un complesso rituale di scambio di doni tra gli abitanti delle Isole Trobriand.

Immaginatevi d’un tratto di essere sbarcato insieme a tutto il vostro equipaggiamento solo su una spiaggia tropicale vicino a un villaggio indigeno, mentre la motolancia che vi ci ha portato naviga via e si sottrae ai vostri sguardi. Dopo aver stabilito la vostra dimora nella casa di qualche bianco dei dintorni, commerciante o missionario, non avete altro da fare che cominciare subito il vostro lavoro etnografico. Immaginate ancora di essere un principiante, senza alcuna esperienza precedente, senza niente che vi guidi e nessuno che vi aiuti, perché il bianco è temporaneamente assente o magari non può o non vuole sprecare il suo tempo per voi. Ciò descrive esattamente la mia prima iniziazione al lavoro sul terreno sulla costa meridionale della Nuova Guinea.

[…] Immaginatevi quindi mentre fate il vostro primo ingresso nel villaggio, soli o in compagnia del vostro cicerone bianco. Alcuni indigeni vi si affollano intorno, specialmente se sentono odore di tabacco, altri, i più nobili e i più anziani, rimangono seduti dov’erano. Il vostro compagno bianco ha il suo modo abituale di trattare con gli indigeni e non capisce né lo interessa molto il modo in cui voi, come etnografo, vorreste entrare in contatto con loro. La prima visita vi lascia con la fiduciosa sensazione che se ritornerete da solo le cose saranno più facili. Questa almeno fu la mia speranza.

Ciò che mi interessa veramente nello studio dell’indigeno è la sua visione delle cose, l’alito di vita e della realtà che egli respira e di cui vive. Ogni cultura umana dà ai suoi membri una precisa visione del mondo, un preciso gusto della vita. Nei vagabondaggi lungo il corso della storia umana e sulla superficie della terra, è la possibiltià di vedere la vita e il mondo dai vari angoli particolari di ciascuna cultura che mi ha sempre affascinato più di ogni altra cosa e che mi ha ispirato il desiderio autentico di capire le altre culture e di comprendere altri tipi di vita.

Fermarsi per un momento di fronte a un fatto bizzarro e singolare, riderne e vederne la stranezza esteriore, guardarlo come una curiosità e ammucchiarlo nel museo della propria memoria o nel magazzino dei propri aneddoti, questo atteggiamento mentale mi è sempre stato estraneo e ripugnante. Alcune persone sono incapaci di capire l’intimo significato e la realtà psicologica di tutto ciò che appare a prima vista strano e incomprensibile in una cultura diversa. Queste persone non sono nate per fare gli etnologi. È nell’amore per la sintesi finale, raggiunta attraverso l’assimilazione e la comprensione di tutti gli elementi di una cultura, e ancora di più nell’amore per la varietà e l’indipendenza delle varie culture che si dimostra il vero lavoratore della vera scienza dell’uomo.

[…] Non possiamo assolutamente raggiungere la suprema sapienza socratica della conoscenza di noi stessi se non lasciamo mai i ristretti confini dei costumi, delle credenze e dei pregiudizi entro cui ogni uomo nasce. Niente può giovarci in questa questione di estrema importanza più dell’atteggiamento mentale che ci consente di trattare le credenze e i valori di un altro uomo dal suo punto di vista. Né mai l’umanità civile ha avuto bisogno di questa tolleranza più di adesso, quando i pregiudizi, la cattiva volontà e lo spirito di vendetta dividono le nazioni europee, quando tutti gli ideali, nutriti e proclamati come le più alte realizzazioni della civiltà, della scienza e della religione sono stati gettati al vento.

La scienza dell’uomo, nella sua versione più pura e più alta, ci dovrebbe condurre a questa conoscenza, e a questa generosità, basate sulla comprensione dei punti di vista degli altri uomini.

Rispondi

1. Da cosa si vede per Malinowski il “vero lavoratore della vera scienza dell’uomo”?

2. Che cosa interessa di più a Malinowski nei suoi contatti con i nativi delle isole Trobriand?

3. A quale conoscenza più alta dovrebbe condurre, per Malinowski, l’antropologia come scienza dell’uomo?

 >> pagina 44 

|⇒ T2  Herman Melville

Un incontro fra culture

Lo scrittore e poeta americano Herman Melville, autore fra l’altro di Moby Dick, nel 1941 si imbarca su una baleniera e compie un viaggio di diciotto mesi nei Mari del Sud. In Taipi, uno splendido romanzo, ci racconta dell’incontro con gli indigeni Taipi, delle isole Marchesi. I nativi rimangono impauriti e affascinati dalla bianchezza della pelle degli europei e si chiedono di che natura siano questi strani esseri viventi che non hanno mai visto: sono degli spiriti o sono anch’essi umani?

Un uomo mezzo morto di fame, tuttavia, non ha tempo per badare all’etichetta, e tanto meno se si trova in un’isola dei Mari del Sud; sicché il mio compagno e io, il contenuto del piatto lo divorammo alla nostra goffa maniera, imbrattandoci i volti di sostanza collosa. […] Non si può certo dire che il poee-poee riesca sgradevole al palato di un bianco, anche se a prima vista tale appaia la maniera di mangiarlo. Da parte mia, in pochi giorni non solo mi abituai al suo esotico sapore, ma ne divenni anzi oltremodo ghiotto.

[…] Durante il pasto, gli indigeni ci tennero costantemente gli occhi addosso, osservando ogni nostro gesto e, a quanto pareva, ricavando abbondante materia di commenti anche dai particolari più futili. Ma la loro sorpresa giunse al colmo, quando prendemmo a toglierci di dosso gli abiti che, zuppi com’erano, ci davano non poco fastidio. Eccoli allora ammirare a bocca aperta la bianchezza delle nostre membra, incapaci, sembrava, di spiegarsi il contrasto col bruno dei volti cotti da sei mesi di esposizione all’ardente sole dell’equatore; tastarono la nostra pelle come un mercante di sete che palpeggi una pezza di raso di finissima qualità, ed alcuni di loro spinsero l’indiscrezione fino al punto di far uso degli organi olfattivi.

[…] Spaventati come sono gli equipaggi dai terribili racconti che corrono sul conto degli indigeni che vi abitano, mai le navi gettano le ancore in questa baia; d’altra parte, lo stato di perenne guerra con le tribù stanziate nelle vallate adiacenti impedisce ai Taipi di recarsi in quelle parti dell’isola dove le navi di quando in quando approdano. […] Gli indigeni che abitano a poca distanza dalla riva, naturalmente scorgono i forestieri parecchio prima che tocchino terra e, conoscendo le intenzioni che li animano, danno a gran voce notizia del loro arrivo. Una specie di telegrafo vocale diffonde la nuova fin nei più riposti recessi della valle in un lasso di tempo incredibilmente breve; gli abitanti accorrono allora in folla fino alla spiaggia, carichi di ogni ben di Dio. L’interprete, il quale invariabilmente è un kanaka tabù1, salta a terra portando con sé le merci destinate al baratto, mentre le scialuppe attendono appena fuori dal limite della risacca, con le prue rivolte verso il largo, gli uomini tutti ai loro posti, pronti ai remi, per mettersi in salvo in mare aperto al primo cenno di ostilità.

Essendo dunque così rare le occasioni di contatti con gli europei, nessuna meraviglia che gli abitanti della valle manifestassero tanta curiosità nei nostri confronti, soprattutto se si tiene conto delle straordinarie circostanze nelle quali avevamo fatto la nostra comparsa tra loro. […] Che cosa ci aveva condotti fin là? Ecco il problema che senza dubbio li preoccupava, ma che doveva sembrar loro insolubile; data la nostra scarsa conoscenza della lingua, né Toby né io eravamo in grado di illuminarli sui motivi che ci avevano indotti a farlo.

Rispondi

1. Qual è l’elemento che al primo contatto con gli europei colpisce di più i nativi?

2. Quale tipo di rapporto concreto si stabilisce fra i nativi e gli europei secondo questa testimonianza?

3. Quali sono i motivi di differenza che emergono in questo brano fra i nativi e gli europei?

Dialoghi nelle Scienze umane - volume 2
Dialoghi nelle Scienze umane - volume 2
Antropologia, Sociologia, Psicologia – Secondo biennio del liceo delle Scienze umane