5 Il rapporto madre-bambino e l’incontro con il mondo

5. Il rapporto madre-bambino e l’incontro con il mondo

5.1 IL BONDING

Il termine bonding nasce negli Stati Uniti nel corso degli anni Ottanta del secolo scorso e deriva dall’inglese bond, che significa “legame”, “vincolo”, e quindi “attaccare”, “unire”. Esso indica, in sostanza, quel processo articolato che permette lo sviluppo del legame comunicativo fra madre e bambino.

Nel bonding prenatale, lo scambio di conoscenze e la comunicazione avvengono in modo reciproco: madre e figlio, infatti, si scoprono a vicenda. Più precisamente, la madre impara a riconoscere i diversi movimenti del piccolo che porta in grembo, mentre il figlio inizia a sviluppare la propria personalità, conoscendo, per mezzo della madre, il mondo che lo circonda. Studi recenti hanno infatti dimostrato come il feto, all’interno dell’utero, sia in realtà un essere attivo, che si prepara alla vita per mezzo di molteplici interazioni sensoriali sperimentate attraverso il sangue materno, ivi incluse l’ansia e la paura. Di conseguenza, è in grado di esprimere agio o disagio a seconda delle situazioni: si pensi al movimento brusco che compie per allontanarsi da una fonte di luce intensa che filtra attraverso la pancia della madre. Inoltre, dalla ventitreesima settimana, il feto fa registrare un’intensa attività onirica, come dimostrano i sussulti o i cambiamenti di posizione nel sonno.

Il veicolo principale di impulsi rivolti al feto è dunque la madre. Le sue eventuali tensioni emotive, infatti, se intense e prolungate, possono creare alterazioni ormonali in grado di oltrepassare la placenta e di influire sull’equilibrio psicofisico del feto, sia in positivo sia in negativo, condizionandone il comportamento una volta venuto alla luce. Parimenti, gli stimoli tattili e uditivi favoriscono lo sviluppo delle capacità percettive del nascituro.

per immagini

Una sacra maternità

Artemisia Gentileschi (1597-1651) fu una pittrice molto popolare nel Seicento. Orfana di madre fin da piccola, si avviò alla pittura grazie al padre artista, Orazio. Prima ancora di farsi apprezzare per il suo talento artistico, sul quale ebbe una forte influenza Caravaggio, Artemisia divenne famosa per un processo avviato nei confronti di un pittore che l’aveva stuprata all’età di 18 anni; nonostante la condanna di quest’ultimo, solo dopo il matrimonio con un altro uomo le calunnie sul conto di Artemisia cessarono.

La Madonna col bambino, uno dei suoi dipinti giovanili, ha un soggetto in voga fra gli artisti del Seicento: i protagonisti sono la Vergine e Gesù Bambino, che le sta in grembo. Maria si sta aggiustando la veste dopo aver allattato il Figlio e Lui la sta accarezzando. Entrambi sono presi l’uno dall’altra ed escludono qualsiasi ulteriore presenza intorno. L’atmosfera è molto familiare. Attraverso lo scambio di sguardi e il contatto fra i due protagonisti, Artemisia dipinge un momento intimo e carico di affetto. E lo fa utilizzando due personaggi sacri, storicamente dipinti in pose formali, rendendoli per un attimo umani.

Non solo: l’artista, anticipando teorie psicologiche che si sarebbero sviluppate soltanto dopo tre secoli, sovverte l’immagine del bambino, non più tabula rasa, ma soggetto attivo che cerca e stimola uno scambio con la madre.

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5.2 NASCITA E SKIN TO SKIN 

Appurato che il bambino acquisisce già nell’ambiente uterino le competenze per la sopravvivenza, è importante ricordare che il momento della nascita implica comunque una serie di compiti nuovi, come la respirazione autonoma, il nutrimento mediante la bocca e la termoregolazione in un ambiente con una temperatura non costante.

Avendo il bimbo già sviluppato gli organi sensoriali, è ragionevole ipotizzare che la nascita gli procuri uno shock percettivo: si pensi alle luci o alle voci di una sala parto. È altrettanto vero, però, che la maggiore frequenza di nascite all’interno degli ospedali, con l’assistenza di figure professionali, anziché fra le mura domestiche, ha consentito il diffondersi di una sempre maggiore attenzione ai bisogni psicofisici della madre e del neonato.

Subito dopo la nascita, infatti, il bimbo è asciugato e posto sul seno della madre, coperto con un telo termico (il cordone può essere tagliato anche qualche minuto dopo). È questo lo skin to skin, il contatto “pelle a pelle”: si tratta di un’operazione molto importante, che arreca benefici fisici e relazionali sia alla madre che al bambino. Negli ultimi anni numerosi studi hanno confermato l’importanza di questo momento ed è anche per tale ragione che lo skin to skin è proposto nella maggioranza delle sale parto. Attraverso il contatto fisico e i primi sguardi reciproci, madre e figlio pongono le basi per la relazione che li legherà nel futuro.

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5.3 BOWLBY E LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO

La capacità dei bambini di creare relazioni fin dalla nascita viene indicata con il termine “attaccamento”. Il comportamento attraverso cui l’attaccamento si esprime è la ricerca della vicinanza: il bambino è predisposto biologicamente a ricercare attivamente la vicinanza di chi si prende cura di lui. Questo gli garantisce la sopravvivenza, dal momento che i neonati non sono in grado di badare a se stessi per un lungo periodo di tempo. Più avanti, quando le figure che soddisfano il legame di attaccamento verranno riconosciute stabilmente e saranno ormai consolidate, il bambino potrà allontanarsi per breve tempo per esplorare il mondo circostante, sentendosi sicuro di poterle ritrovare.

L’attaccamento svolge quindi una duplice funzione:

  • biologica, poiché protegge e permette la sopravvivenza della prole;
  • psicologica, perché fornisce sicurezza.

John Bowlby (1907-1990), medico e psicoanalista inglese, si è dedicato allo studio dei legami di attaccamento. Egli è stato un pioniere in questo campo e la sua ricerca si è differenziata da tutte quelle preesistenti che avevano un’impronta di tipo etologico, ossia si basavano sull’osservazione del comportamento di attaccamento negli animali.

Bowlby ha preso in considerazione funzioni molto più complesse e ha sviluppato il concetto di modelli operativi interni. Con la crescita i bambini acquisiscono una rappresentazione interna del mondo in forma simbolica e non solo strettamente collegata agli aspetti concreti; a partire dal secondo anno di età circa, sviluppano un vero e proprio modello di se stessi, delle persone che li circondano e della qualità delle relazioni che instaurano con esse. Questi modelli operativi interni rappresentano una guida per le azioni: diventando capace di prevedere il tipo di risposta che avranno le persone significative intorno a lui, il bambino potrà impostare un certo tipo di comportamento.

I modelli operativi interni si costruiscono sulla base dell’esperienza vissuta con quelle figure con cui il bambino instaura relazioni di attaccamento e rispecchiano la qualità della relazione: se il bambino crescerà facendo esperienza di una madre disponibile e pronta a sostenerlo, si creerà dentro di lui il modello operativo interno di una madre amorevole e accudente e il bambino si sentirà tranquillo nell’esplorare il mondo circostante sapendo di avere un porto sicuro a cui fare ritorno in caso di necessità.

5.4 ANNA FREUD E LA TEORIA DELLE LINEE EVOLUTIVE

Nei primi anni di vita il ruolo dei genitori assume una rilevanza fondamentale, perché è attraverso di loro che il bambino regola le proprie emozioni, con effetti permanenti sul resto della sua vita.

Fra i vari studiosi che hanno elaborato teorie riguardanti questa delicata e breve fase del rapporto fra genitori e figli, assume una posizione preminente Anna Freud L’AUTrice |, la figlia di Sigmund, il padre della psicoanalisi.

Il principale contributo di Anna Freud è stato quello di descrivere lo sviluppo infantile per mezzo di progressive linee evolutive concatenate fra loro e suddivise in fasi. Osservando il comportamento connesso a ciascuna linea evolutiva, è possibile individuare specifiche fasi del complessivo sviluppo pulsionale e strutturale del bambino: tale comportamento, infatti, non è altro che un indicatore dello sviluppo psichico necessario per raggiungere i singoli passaggi evolutivi che contraddistinguono ciascuna fase.

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La linea evolutiva dell’autonomia emotiva | Su un totale di sei linee evolutive, quella che la stessa Freud ritiene fondamentale riguarda l’autonomia emotiva, obiettivo che dovrebbe essere raggiunto nella fase che viene definita del “giovane adulto”.

Questa linea si compone di otto fasi. Di queste, le prime quattro riguardano nel dettaglio la relazione madre-bambino.

1 Nella prima fase, madre e bambino costituiscono un’unità biologica: il bambino non ha ancora scoperto che la madre non è una parte di sé; la madre, dal canto suo, percepisce il bambino come parte di sé da un punto di vista psicologico. La madre abbandonerà gradualmente questa sensazione non appena sarà in grado di percepire l’individualità del bambino.

2 La seconda fase inizia intorno al primo anno di vita del bambino ed è caratterizzata dai suoi bisogni corporei non dilazionabili. Questa fase è per sua natura fluttuante, perché al suo interno vi è una continua alternanza fra bisogno dell’oggetto (che aumenta con l’attivazione delle pulsioni) e il suo soddisfacimento una volta ottenuto l’oggetto medesimo. A seconda del grado di soddisfacimento di tali bisogni, il bambino costruisce immagini di una madre buona o cattiva. A differenza della prima fase, per la seconda, e per tutte quelle successive, non è possibile individuare a priori un termine finale: d’ora in avanti, ciò dipenderà dalla personalità del bambino e dalle condizioni che regolano il suo rapporto con la madre (processo evolutivo individuale). Eventuali difficoltà nella relazione madre-bambino in questo stadio condurrebbero a distorsioni nello sviluppo del Sé.

3 Nella terza fase il bambino è in grado di costruire relazioni che sopravvivono alle delusioni e di stabilizzare le rappresentazioni interne: ciò gli permette di formare una rappresentazione coerente della madre e di mantenerla, indipendentemente dal soddisfacimento pulsionale, separandosi da lei per periodi più lunghi.

4 La quarta fase coincide con il periodo che in inglese viene definito terrible twos (“i terribili due anni”): in questa fase nel bambino coesistono sentimenti positivi e negativi e pertanto il suo comportamento è difficilmente controllabile. Si tratta di una fase naturalmente ambivalente, perché il conflitto nel bambino lo porta nello stesso tempo a desiderare l’indipendenza dalla madre e a mantenere una completa dedizione nei suoi confronti.

Perché, dunque, sono importanti le linee evolutive? Perché consentono di inquadrare un eventuale problema del bambino alla luce della sua maturità emotiva, in termini di regressione o arresto di una particolare linea di sviluppo. Una diagnosi clinica, pertanto, non guarderà ai soli sintomi, ma avrà anche come obiettivo quello di offrire un aiuto evolutivo.

l’autRICe Anna Freud

Ultima dei sei figli di Sigmund e nata a Vienna nel 1895, Anna Freud è ritenuta la fondatrice della psicoanalisi infantile e dell’età evolutiva, insieme alla collega Melanie Klein, con la quale si scontrerà professionalmente nel corso della carriera.

Anna inizia a interessarsi alla psicoanalisi all’età di 23 anni – dopo un’infanzia caratterizzata da disturbi nevrotici e da un episodio di tubercolosi – quando il padre comincia ad analizzarla. Ne rimane talmente affascinata che da quel momento inizia a studiare la disciplina, focalizzando l’attenzione sui meccanismi di difesa dell’Io e sulla relazione fra lo sviluppo o il ritardo psichico e fisico dei bambini e la stabilità del loro rapporto con la madre. Il rapporto con il padre diventa via via sempre più stretto (celebre il paragone con i sigari per descrivere la sua “dipendenza” dalla figlia preferita). Nel 1938 la famiglia fugge a Londra dopo l’annessione dell’Austria da parte della Germania: è Anna a occuparsi del padre negli ultimi anni della sua vita.

Per 54 anni Anna Freud vive una relazione omosessuale con Dorothy Tiffany Burlingham, nipote del celebre gioielliere Tiffany. Negli anni Quaranta apre a Londra l’Hampstead War Nursery, un centro specializzato per curare le ferite psichiche post traumatiche degli orfani di guerra, divenuto nel 1947 Hampstead Child-Therapy Training Course and Clinic. Il centro, che nel 1982, alla sua morte, è stato rinominato in suo onore Anna Freud National Centre for Children and Families, esiste ancora; ne è madrina la principessa Kate Middleton.

per lo studio

1. Spiega i concetti di bonding e skin to skin.

2. Perché sono da considerarsi importanti le linee evolutive? In che modo il clinico può servirsene?


  Per discutere INSIEME 

In un contesto di vita quotidiana (per esempio al parco o al supermercato), provate a osservare alcuni fra i bambini presenti e a collocarli in una delle fasi della linea evolutiva dell’autonomia emotiva di Anna Freud. Confrontatevi poi in classe.

Dialoghi nelle Scienze umane - volume 2
Dialoghi nelle Scienze umane - volume 2
Antropologia, Sociologia, Psicologia – Secondo biennio del liceo delle Scienze umane