Cibo, culture, globalizzazione

VERSO L’esame

SECONDA PROVA SCRITTA – TEMA DI SCIENZE UMANE

Cibo, culture, globalizzazione

PRIMA PARTE

Il cibo rappresenta da sempre e in ogni luogo un elemento caratterizzante la percezione dell’identità culturale delle diverse popolazioni: esso racconta la storia dell’uomo e il suo rapporto con l’ambiente e accompagna l’essere umano nelle sue vicissitudini e nei suoi mutamenti. In tempi recenti, contraddistinti dal crescente fenomeno della globalizzazione, anche la cultura alimentare ha subito delle trasformazioni. Nel mondo globalizzato, globalizzato è anche il cibo: esso si presenta infatti con le stesse caratteristiche ovunque e subisce sempre più un processo di omologazione.

Il candidato, avvalendosi anche della lettura e dell’analisi dei documenti riportati, delinei quale sia il legame tra cibo e cultura e quali siano gli effetti della globalizzazione sulle culture alimentari. Individui, inoltre, possibili modalità di tipo culturale e sociale e interventi, anche di ordine pedagogico, che possano consentire di mantenere la ricchezza e la varietà culturale che il cibo porta con sé.

documento 1

Lo sappiamo: il cibo è un linguaggio. Serve per comunicare con gli altri, per esprimere se stessi, per interpretare il mondo, per consolidare tradizioni culturali, per rappresentare gerarchie sociali, per classificare specie naturali […]. Forse ancor di più e ancor meglio di molti altri sistemi di significazione umana e sociale, tutto ciò che ha a che fare con il nutrimento dell’uomo, dalle materie prescelte alle tecniche per trasformarle sino alla modalità della loro assunzione, è significativo. E lo è proprio grazie al fatto che presenta, per quanto surrettiziamente, le caratteristiche di un vero e proprio linguaggio. Se, come si ripete, l’uomo è ciò che mangia non è tanto o soltanto perché le sostanze che via via incorpora vanno a costituire la sua materialità fisica, quanto anche perché, dal punto di vista antropologico, il cibo che prepara e ingerisce lo rappresenta, lo significa, contribuendo a costruirne l’identità, individuale come collettiva. […] La […] dimensione, più profonda e pertanto più nascosta, è quella del cibo stesso che, come si accennava, costituisce una forma specifica di linguaggio. Di un cibo cioè, come ha sostenuto un antropologo fortemente interessato alla linguistica come Claude Levy-Strauss, “buono da pensare”: attraverso il cibo parliamo del mondo, della società, dell’universo, di tutto insomma. Secondo il celebre antropologo, l’organizzazione cosmologica, ideologica e valoriale propria di ogni cultura, se pure non lo precede temporalmente, è logicamente concomitante con il sistema alimentare e culinario delle possibilità e dei divieti, delle opportunità e dei pericoli, dei gusti e dei disgusti. Si mangia ciò che rientra in un sistema di pensiero; si pensa ciò che è possibile – in tutti i sensi del termine – mangiare.


Gianfranco Marrone, Semiotica del gusto. Linguaggi della cucina, del cibo, della tavola, Mimesis Edizioni, Sesto San Giovanni 2019, pp. 15-23

 >> pagina 438 

documento 2

[…] Cosa mangiano a Tokyo? Molto probabilmente le stesse cose che mangiano a Parigi. Com’è possibile? È la globalizzazione, miei cari, che, con i numerosi paradigmi dell’industria alimentare e dell’agricoltura intensiva, sta rendendo sempre più simili gli stili alimentari dei popoli del mondo. Basti pensare che in media in ogni nazione più di due terzi delle derrate alimentari usate e coltivate ha origine in altre aree geografiche, spesso molto lontane. […] La sorpresa più grande non è tanto il fatto che le persone spesso mangino “oltre confine”, ma il fatto che nessun singolo paese ha una dieta composta interamente da colture “indigene”. […] In media il 69% delle derrate consumate e prodotte in un paese è originario in realtà di un’altra area geografica, una cifra che è aumentata del 6% negli ultimi 50 anni, a testimonianza della sempre maggiore ‘omogeneizzazione’ delle diete. […] Le diete in tutto il mondo, quindi, sono diventate sempre più diversificate ma tra loro omogenee. A causa della globalizzazione, ossia di svariati motivi come l’aumento del potere d’acquisto dei consumatori nelle regioni in via di sviluppo, l’ascesa di supermercati e dei cibi pronti, l’aumento del consumo veloce fuori casa, l’urbanizzazione, i trasporti refrigerati, i sussidi agricoli, le tecnologie alimentari industriali e gli accordi commerciali agevolati, le differenze tra i paesi sono sempre più piccole.


Germana Carillo, La globalizzazione a tavola: il cibo che mangiamo viene da lontano, https://www.greenme.it/mangiare/alimentazione-a-salute/derrate-alimentari-globalizzazione/, 11 luglio 2016

SECONDA PARTE

Il candidato risponda a due dei seguenti quesiti:

1. Che cosa si intende per “fast food”?

2. Il cibo può essere fattore di inclusione e/o di esclusione sociale? Perché?

3. In che modo le diverse culture religiose possono avere influenzato le scelte alimentari principali di una comunità?

4. Illustra il significato di “villaggio globale” in McLuhan.

• Durata massima della prova: 6 ore.

• È consentito l’uso del vocabolario di italiano.

• È consentito l’uso del vocabolario bilingue (italiano-lingua del paese di provenienza) per i candidati di madrelingua non italiana.

• Non è consentito lasciare l’Istituto prima che siano trascorse 3 ore dalla lettura del tema.

I colori dell’Antropologia
I colori dell’Antropologia
Secondo biennio e quinto anno del liceo delle Scienze umane