L’UNITÀ IN BREVE

L’unità in breve

Pensare la contemporaneità

1. Città e antropologia

La seconda metà del Novecento è stata un’epoca di grandi cambiamenti storici: la decolonizzazione, la fine della Guerra Fredda, la caduta del muro di Berlino, il crollo dell’Unione Sovietica, la diffusione del capitalismo neoliberista. Tutto ciò ha portato con sé profonde trasformazioni sociali, come la globalizzazione e l’urbanizzazione planetaria, che hanno spinto gli antropologi verso nuovi approcci allo studio delle culture, non più pensabili come strettamente associate a un popolo e a un territorio specifici. Si afferma così l’antropologia urbana, di cui sono rappresentanti la Scuola di Chicago e la Scuola di Manchester, capeggiata da Max Gluckman.

I conflitti sugli usi e i significati degli spazi urbani sono un tema centrale di questo filone di studi. Setha Low propone di analizzare lo spazio urbano sia dal punto di vista della sua produzione come ambiente fisico, sia da quello delle pratiche che lo costruiscono come spazio sociale.

Tra i fenomeni studiati dall’antropologia urbana vi è quello delle città fortezza e delle città informali: il primo nato dall’esigenza di sicurezza delle classi agiate, che risiedono in quartieri e condomini circondati da muri e cancelli; il secondo frutto dell’urbanizzazione autonoma periferica, che va dalle baraccopoli delle grandi città del Sud del mondo alle villette abusive o agli insediamenti degli immigrati.

2. Stato, violenza e guerre

Gli antropologi studiano lo Stato in quanto insieme di processi che si concretizzano nelle pratiche quotidiane e nelle relazioni di potere tra le persone. Gli Stati promuovono le culture nazionali, creando quelle che Anderson ha chiamato “comunità immaginate”; tuttavia tra essi e le comunità che rappresentano vi è una gamma di relazioni ambigue e talvolta ostili.

Con la globalizzazione, le nuove tecnologie di comunicazione, le guerre, i flussi migratori, le multinazionali e le Ong, gli Stati sono radicalmente cambiati, soprattutto a causa della privatizzazione di alcuni aspetti della vita sociale. Tuttavia essi mantengono un ruolo determinante nella vita delle persone, per esempio appoggiando ribellioni o favorendo gruppi in quelle che Mary Kaldor definisce “nuove guerre”, per distinguerle da quelle anteriori al 1989, poiché non più combattute tra attori definiti e separati quali Stato, esercito e popolo, ma manipolate da élite politiche ed economiche la cui violenza si nutre delle differenze etniche e religiose.

Lo Stato manifesta il suo potere anche attraverso la militarizzazione dei confini, di cui sono esempi emblematici il muro di Tijuana tra Usa e Messico e la chiusura della “rotta balcanica” nel 2016. Anche il mare è un confine, stavolta naturale, in cui si gioca la dialettica inclusione-esclusione attuata dagli Stati.

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3. Le migrazioni

La storia dell’umanità è sempre stata una storia di migrazioni, ma lo sviluppo delle nuove tecnologie di trasporto e comunicazione ha reso la mobilità un tratto distintivo del mondo contemporaneo. Le persone migrano in base a fattori di spinta o di attrazione da e verso un luogo. L’antropologia ha sviluppato una propria riflessione sulle migrazioni, caratterizzata da una sensibilità olistica al fenomeno migratorio e dall’attenzione alla soggettività del migrante, la cui esperienza è influenzata da elementi quali genere, età, religione, orientamento sessuale, status sociale e l’accesso o meno ai canali regolari di immigrazione.

Per buona parte del Novecento è stato adottato il paradigma assimilazionista, volto a comprendere come i migranti venissero integrati nella società, poi rimpiazzato da concetti come quello di diaspora, che indica l’esperienza di appartenere a più luoghi contemporaneamente e il desiderio di mantenere vivo il legame con la terra d’origine. I migranti sono infatti portatori di identità culturali ibride e svolgono un ruolo fondamentale nei processi di globalizzazione costruendo reti sociali, economiche e politiche transnazionali. Appadurai definisce l’esperienza di allontanamento dal paese d’origine e radicamento in un luogo “altro” con il binomio deterritorializzazione e riterritorializzazione culturale.

I colori dell’Antropologia
I colori dell’Antropologia
Secondo biennio e quinto anno del liceo delle Scienze umane