1.1 L’antropologia di fronte alla complessità
In questa unità ci occuperemo di alcuni sviluppi recenti dell’antropologia, emersi nella seconda metà del Novecento, un’epoca segnata da profondi cambiamenti storici e politici:
- il processo di decolonizzazione, iniziato con la Seconda guerra mondiale e proseguito negli anni Settanta, che ha visto la graduale indipendenza politica, economica e tecnologica dei paesi dell’Africa, dell’Asia, dei territori dell’Oceania e dell’America centrale e meridionale dai paesi colonizzatori;
- la fine della Guerra Fredda, un conflitto politico ed economico durato dal 1947 al 1975 che ha diviso il mondo in due blocchi principali, quello comunista dell’Unione Sovietica e quello capitalista degli Stati Uniti;
- il crollo del muro di Berlino nel 1989, costruito nel 1961 in piena Guerra Fredda per dividere la Berlino Est (capitale della Germania comunista) dalla Berlino Ovest;
- il crollo dell’Unione Sovietica, e del comunismo, nel 1991;
- la diffusione come modello economico dominante del ▶ capitalismo neoliberista, affermatosi a partire dagli anni Ottanta e Novanta, basato sull’apertura dei mercati e la libera circolazione di merci e capitale.
Questi processi sono alla base delle trasformazioni sociali, culturali, economiche e ambientali che caratterizzano il mondo contemporaneo, tra cui:
- la globalizzazione;
- il diffondersi di nuove tecnologie;
- l’urbanizzazione su scala planetaria;
- lo spostamento di massa di milioni di persone sia all’interno del proprio paese sia, soprattutto, oltre i confini nazionali;
- l’aumento dei conflitti e delle diseguaglianze, e il loro inasprirsi a causa di catastrofi ambientali ed epidemie, quali per esempio la pandemia di SARS-CoV-2.
Questi fenomeni hanno messo in luce alcuni dei limiti degli approcci antropologici affermatisi durante la prima metà del Novecento, in particolare l’idea che fosse possibile studiare ogni cultura come un’entità ben delimitata, coerente al proprio interno, e associabile a “un” popolo e a “un” territorio specifici (come per esempio i Nuer del Sudan). Dagli anni Settanta in poi, un numero sempre maggiore di antropologi ha criticato questo approccio, mostrando come le culture siano sempre il frutto di incontri, scambi e rapporti provenienti da altri contesti culturali e come specifiche relazioni di potere permettano ad alcune culture dominanti – per dirla con le parole di Jean-Loup Amselle – di definire e «nominare» altre culture, le quali invece «hanno solo la capacità di essere nominate».
Questi processi di ▶ ibridazione culturale sono assai più frequenti al giorno d’oggi, con il fenomeno della globalizzazione.