L’UNITÀ IN BREVE

L’unità in breve

L’ESPERIENZA DEL CREDERE

1. Credere e conoscere

Le credenze e le pratiche magico-religiose delle popolazioni “primitive” venivano viste dagli antropologi evoluzionisti come forme di pensiero irrazionale in quanto tentativi inadeguati di spiegare gli eventi e i fenomeni. Secondo Frazer gli “errori” dei popoli extraeuropei erano dovuti a un’immaturità intellettuale; secondo Lévi-Bruhl a una mentalità pre-logica. L’ottica positivista di questi antropologi contrapponeva quindi la credenza, tipica dei primitivi, basata sull’irrazionalità, alla conoscenza, tipica dei moderni, basata sulla razionalità e sul metodo sperimentale.

Contro questo approccio Evans-Pritchard ha inaugurato l’approccio interpretativo allo studio delle credenze, dimostrando l’esistenza di una doppia teoria della causalità capace di sconfessare la dicotomia razionale/irrazionale. La credenza zande nel mangu infatti non sostituisce la conoscenza dei nessi empirici di causa-effetto tra gli eventi, ma risponde al perché del loro accadere. L’esperienza del credere emerge come un modo per dare senso alla vita: credere e conoscere si integrano tra loro come piani differenti di comprensione del mondo.

Magia e religione sono state interpretate dagli evoluzionisti come tappe del processo che conduce alla scienza. La magia è stata fin da subito connotata negativamente, considerata dapprima estranea al culto degli dèi dalla cultura greco-romana e poi prodotto dell’azione diabolica dal cristianesimo. Può essere distinta in magia bianca, cioè quella che usa le forze sovrannaturali a fin di bene, e magia nera, quella che si rivolge a spiriti maligni per danneggiare qualcuno.

Secondo Ernesto De Martino il pensiero magico costituisce un primo tentativo dell’uomo di affermare la propria presenza nel mondo, superando l’angoscia di perderla.

Dal punto di vista antropologico la religione è un complesso di pratiche (riti) e rappresentazioni (credenze), che riguarda le domande più profonde dell’esistenza umana. È composta dalla dimensione del significato, che attiene ai valori che essa esprime attraverso le verità di fede, e da quella del potere, che rimanda a una figura autorevole in grado di sancire quei valori. Ha una funzione normativa, perché stabilisce un sistema di regole etico-morali, e una integrativa, perché i fedeli si riconoscono reciprocamente come seguaci di quel sistema.

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2. Il pensiero mitico e la ritualità

I miti sono narrazioni che spiegano l’origine e le caratteristiche essenziali del mondo naturale e umano, inseriti in una trama (mitologia) che è parte consistente della tradizione orale di una comunità e ne fonda l’ordine sociale e culturale. Sono racconti a carattere generale ed esemplare, alterano lo spazio e il tempo, antropomorfizzano la natura e sono complementari alla pratica rituale.

I riti caratterizzano in particolare l’ambito della religione riaffermando simbolicamente i valori da cui dipende la continuità di una società. Esistono diversi tipi di riti: Arnold Van Gennep ha studiato i riti di passaggio, che servono a legittimare la transizione di un individuo da una condizione sociale/spirituale a un’altra. Tra questi, i riti funebri sono particolarmente importanti perché, come sostiene Robert Herz, sono pratiche culturali volte a ristabilire l’equilibrio di fronte alla morte come minaccia alla coesione sociale. Poi ci sono i riti di iniziazione e i riti di inversione, come il carnevale. Pur essendo codificati da una formula fissa, i riti non sono rigidi e immodificabili.

Anche le feste, come i riti, si sottraggono al tempo ordinario e occorrono in corrispondenza di momenti importanti o critici per la comunità.

L’animismo fu introdotto da Tylor per indicare la credenza “primitiva” in un soffio vitale che anima tutte le cose. Il totemismo fu introdotto da Frazer per designare un sistema di credenze basato sulla relazione tra un gruppo sociale e una specie animale e vegetale. Lo sciamanismo fu introdotto da Lubbock per indicare il culto incentrato sulla figura dello sciamano quale intermediario con il mondo ultraterreno.

3. Le grandi religioni

Le “grandi religioni” sono quelle più diffuse per numero di credenti, distribuite in diversi paesi del mondo, che si basano su testi sacri per lo più a rivelazione divina e affermano il bisogno degli esseri umani di essere redenti dal peccato e dall’imperfezione. Esse si possono suddividere in: gruppo semitico, composto dai grandi monoteismi ebraismo, cristianesimo e islam; gruppo indiano, costituito da induismo e buddismo; e gruppo asiatico, composto da taoismo e confucianesimo, sviluppati in Cina, e dallo shintoismo giapponese.

I colori dell’Antropologia
I colori dell’Antropologia
Secondo biennio e quinto anno del liceo delle Scienze umane