I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO -

Glossario sto due fatti opposti e ambedue reali. Esempi: «Avara pena, tarda il tuo dono (S. Quasimodo, Oboe sommerso, v. 1), dove sono concetti antitetici il dono e l aggettivo con cui si qualifica la pena, avara ; «La cosa e la sua anima? o la mia e la sua sofferenza? (M. Luzi, Vola alta parola, v. 11). Apodosi In grammatica, proposizione principale che è in correlazione con una subordinata condizionale (detta protasi ) e costituisce con essa il cosiddetto periodo ipotetico . Esempio: «se tu cedi / come un ombra la spoglia [ ] / chi ti proteggerà? (E. Montale, A mia madre, vv. 5-8). Apostrofe Figura retorica per la quale chi parla interrompe la forma espositiva del suo discorso per rivolgere direttamente la parola a concetti personificati, a soggetti assenti o scomparsi, o anche al lettore. Quando è accompagnata da toni violenti, ironia o sarcasmo, è detta invettiva . Esempi: «Romagna solatìa, dolce paese, / cui regnarono Guidi e Malatesta, / cui tenne pure il Passator cortese, / re della strada, re della foresta (G. Pascoli, Romagna, vv. 57-60); «come vorrei che intorno / andassi tu, canzonetta (G. Caproni, La gente se l additava, vv. 18-19). Asindeto Figura sintattica che consiste nella mancanza della congiunzione fra due o più termini in stretta coordinazione, per es., veni, vidi, vici (Cesare). Si adopera per maggiore efficacia espressiva. Esempi: «una casa apparì sparì d un tratto ; «s aprì si chiuse, nella notte nera (G. Pascoli, Il lampo, vv. 5 e 7). Assonanza Forma di rima imperfetta, consistente nel chiudere due o più versi successivi con parole contenenti le stesse vocali a cominciare da quella accentata fino alla fine, mentre le consonanti sono diverse (ma per lo più di suono simile). Esempi: fame e pane, agosto e conosco, lento e tempo. Si ha invece un a. atona quando è identica solo la sillaba (o le sillabe) dopo la vocale accentata, che è però diversa. Esempi: amare e dolore, umile e simile. B Ballata La b. italiana antica è un componimento poetico di origine popolare, collegato con il canto e la danza (detto anche canzone a ballo ) e perciò costruito metricamente in modo che le sue parti corrispondano ai movimenti di questa e ai motivi di quello. Lo schema tipico della b. è costituito di versi o tutti endecasillabi o endecasillabi misti con settenari , così: XY YX // AB AB BC CX + ritornello. In questo schema i primi 4 versi rappresentano il ritornello (detto anche ripresa ); gli altri 8, che formano la stanza , sono distribuiti in 3 parti, ossia 1° (A B) e 2° (A B) piede e volta . La volta si allaccia dunque ai piedi per mezzo della rima del primo verso e ha la stessa struttura del ritornello cui è legata con la rima dell ultimo verso. A una stanza segue il ritornello, poi un altra stanza e così via. Le stanze sono generalmente 4, ma può esservene anche una sola. In base al numero di versi che costituiscono la ripresa, sono stati individuati differenti tipi di ballata: se la ripresa è di un solo verso (monostica) si parla di ballata minima (o piccola qualora il verso sia endecasillabo); con una ripresa di 2 versi si ha una ballata minore ; 3 versi, una ballata mezzana . La ballata di riferimento, con una ripresa di 4 versi, è detta anche ballata grande . Bisticcio Artificio stilistico, usato per raggiungere effetti di comicità o per sfoggio d ingegno, consistente nel mettere accanto parole di suono simile, dello stesso significato o, più spesso, di senso diverso e contrastante. Esempio: «la nostra prole, i nostri polli molli, che ti ballano e ti bollono, al sole soli (E. Sanguineti, L ultima passeggiata, 3, 1). Anche, gioco di parole basato sull identità dei suoni e la varietà del senso senza tener conto dell ortografia. Esempio: «Erano i capei d oro a l aura sparsi (F. Petrarca, Canzoniere, 90, 1), dove «a l aura può significare insieme all aria e a Laura . C Canzone La più antica forma metrica della lirica d arte nella letteratura italiana. Trasse origine dalla cans provenzale e subì nel tempo varie modifiche fino agli Stilnovisti e a Petrarca, che fu il modello fondamentale. Era accompagnata dalla musica. Dante la definì la più alta forma della poesia volgare, e per primo ne espose le leggi. La c. che, da Petrarca, è detta anche petrarchesca è composta di un numero indeterminato di strofe o stanze (in genere, tra 5 e 7); la stanza di un nume- ro indeterminato di endecasillabi o endecasillabi e settenari , variamente disposti e rimati tra loro. Le stanze successive seguono lo schema della prima. Nel suo pieno sviluppo la stanza si compone di 2 parti, fronte e sirma (o sirma, coda): la fronte è costituita di 2 parti uguali metricamente, dette piedi ; anche la sirma può essere composta di 2 parti uguali, dette volte . Il passaggio dalla fronte alla sirma si chiama chiave o diesi. La serie delle stanze si chiude su un commiato o congedo , nel quale il poeta si rivolge alla c. per darle qualche ammonimento o inviarla a qualcuno. Esempio: Chiare, fresche et dolci acque (F. Petrarca, Canzoniere, 126, 1). Catacresi Figura retorica consistente nell estendere una parola o una locuzione oltre i limiti del suo significato proprio (nel linguaggio ordinario o familiare, nelle espressioni stare a cavallo di una seggiola , calzare un guanto , i piedi di un albero ). Esempio: «Cade la sera. Nasce / la luna dalla Verna / cruda (G. d Annunzio, I tributarii, vv. 51-53). Il termine cruda è utilizzato dal poeta non nel suo senso proprio ma con il significato di priva di vegetazione . Cesura Nella metrica classica, pausa nel corso del verso, coincidente con la fine di una parola all interno di un piede ; se cade in fine di parola e in fine di piede si chiama dieresi. Nella metrica accentuativa moderna, pausa all interno di un verso, propria di ogni verso maggiore del settenario . La c. divide il verso in 2 parti dette emistichi ; esistono versi a c. fissa, come il quinario accoppiato, il martelliano (settenario doppio), il dodecasillabo, nei quali occupa sempre la stessa posizione, e versi a c. mobile, come il settenario e l endecasillabo , nei quali può occupare posizioni diverse contribuendo al variare del ritmo del verso. Esempio: «Autunno. // Già lo sentimmo venire, / [ ] / il miglior tempo // della nostra vita / e lungamento // ci dice addio (V. Cardarelli, Autunno, vv. 1 e 11-12). Che polivalente In italiano standard la congiunzione che è propria di alcune frasi subordinate: le oggettive, le soggettive, le dichiarative e le relative. Nella lingua d oggi, soprattutto nell italiano parlato colloquiale o di uso medio, è però diffusa la tendenza a estendere l uso del che , con significato 1167

I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 3
I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi