T3 - La pietanziera (Marcovaldo)

Il secondo Novecento e gli anni Duemila tossica o dall assenza di moralità tipica degli arrampicatori sociali arricchitisi con la speculazione edilizia, l autore ritrae il paesaggio urbano del boom economico, infestato dalle esalazioni chimiche e travolto dalla cementificazione selvaggia. Ben diverso è lo sguardo che getta sul mondo il manovale Marcovaldo, sebbene con implicazioni simili a quelle proposte dai Racconti. Il protagonista dell omonimo romanzo è un contadino trapiantato in città, un «povero diavolo alla Charlie Chaplin (secondo quanto suggerito dall autore stesso), nostalgico del proprio mondo rurale poiché imprigionato nell universo estraneo ed estraniante costituito dalla città industriale. Ridotto a una sorta di buffo fantoccio, egli denuncia inconsapevolmente le trasformazioni avvenute in seno alla «società opulenta : Calvino ne segue le vicissitudini con una pietà sorridente e comica, la quale lascia però trasparire la rappresentazione della dolorosa condizione di migliaia di uomini e donne che hanno smarrito per sempre, nella giungla d asfalto, la semplicità del mondo contadino. La città in cui Marcovaldo vive non ha un nome: sebbene alcuni tratti la apparentino a Torino, essa è la città per antonomasia, con i suoi ritmi frenetici e i suoi meccanismi opprimenti. Allo stesso modo, non si viene mai a sapere che cosa produca la ditta per cui il protagonista lavora, la Sbav: essa è, come scrive l autore, una di quelle fabbriche anonime «che regnano sulle persone e sulle cose del nostro tempo . All interno di queste deprimenti coordinate spaziali, Marcovaldo è capace di vedere dove tutti gli altri non posano neppure lo sguardo, riuscendo ancora a cogliere il riaffiorare delle stagioni in uno spazio urbano che, al contrario, è avviato all annullamento della natura. Il risultato è un comico e straniante attrito tra le speranze e i sogni di un uomo ancora sorretto da un candido ottimismo e la disincantata ironia di una voce narrante onnisciente che, conferendo al racconto un tono tragicomico, sembra svelare una verità surreale: ovvero che la città non è un posto adatto agli individui. Tra incanto e distacco ironico La pietanziera T3 Marcovaldo, cap. 7 All ora di pranzo, il manovale Marcovaldo siede sulla panchina di un viale e svita il coperchio della sua pietanziera, pregustando le gioie che dovrebbero giungergli dai profumi e dai sapori del cibo familiare. Ma non sempre l attesa si traduce in realtà; un giorno d autunno, dopo aver scoperto che il contenitore ospita l ennesimo pasto deludente preparatogli dalla moglie, inizia a vagare per le strade della città in preda alla tristezza, finché trova il modo di dare una svolta alla sua pausa. Il capitolo è collocato nella sezione Autunno. Un pranzo in citt 5 10 1074 Le gioie di quel recipiente tondo e piatto chiamato «pietanziera consistono innanzitutto nell essere svitabile. Già il movimento di svitare il coperchio richiama l acquolina in bocca, specie se uno non sa ancora quello che c è dentro, perché ad esempio è sua moglie che gli prepara la pietanziera ogni mattina. Scoperchiata la pietanziera, si vede il mangiare lì pigiato: salamini e lenticchie, o uova sode e barbabietole, oppure polenta e stoccafisso, tutto ben assestato in quell area di circonferenza come i continenti e i mari nelle carte del globo, e anche se è poca roba fa l effetto di qualcosa di sostanzioso e di compatto. Il coperchio, una volta svitato, fa da piatto, e così si hanno due recipienti e si può cominciare a smistare il contenuto.

I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 3
I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi