La negatività della Storia
In un’intervista rilasciata nel 1951, Montale afferma: «L’argomento della mia poesia (e credo di ogni possibile poesia) è la condizione umana in sé considerata; non questo o quell’avvenimento storico. Ciò non significa estraniarsi da quanto avviene nel mondo; significa solo coscienza, e volontà, di non scambiare l’essenziale col transitorio. Non sono stato indifferente a quanto è accaduto negli ultimi trent’anni; ma non posso dire che se i fatti fossero stati diversi anche la mia poesia avrebbe avuto un volto totalmente diverso. […] Avendo sentito fin dalla nascita una totale disarmonia con la realtà che mi circondava, la materia della mia ispirazione non poteva essere che quella disarmonia».
Gli Ossi di seppia in effetti si concentrano quasi esclusivamente sul «male di vivere» del poeta, inserendo nella riflessione su un presente indecifrabile e oppressivo solo rari
richiami al vissuto personale e collettivo. È sorprendente come, tra questi, la Grande guerra resti relegata a un ruolo del tutto secondario. In ciò Montale si differenzia dagli altri poeti chiamati alle armi, che diedero grande risalto all’esperienza al fronte, fossero ufficiali come Filippo Tommaso Marinetti, Clemente Rebora, Piero Jahier o semplici fanti come Giuseppe Ungaretti, che proprio nelle trincee scoprì la sua vena lirica più autentica.