Il primo Ottocento Dal pessimismo storico al pessimismo cosmico La riflessione filosofica di Leopardi sulla condizione umana, intrecciata in modo indissolubile alla produzione letteraria, si snoda lungo l arco di tutta la sua esistenza, disegnando un itinerario in cui si possono riconoscere diverse fasi. Quella che proporremo ora è una lettura a suo modo schematica e sicuramente semplificata. Il percorso conoscitivo del poeta è infatti aperto , non regolato da un organizzazione o da un sistema, procedendo per aggiunte e negazioni, continuità e fratture, aggiustamenti e perfino contraddizioni. Tuttavia, può essere utile cogliere i passaggi fondamentali e i crocevia decisivi del suo sistema di pensiero nella sua evoluzione. Il pessimismo storico La contrapposizione antichi-moderni All inizio della sua meditazione, fino alla cosiddetta conversione filosofica (1819), Leopardi si sofferma a riflettere sulla condizione esistenziale degli individui, caratterizzata da una profonda infelicità. Interrogandosi sulla natura e sull origine di tale stato, egli contrappone l età antica a quella attuale: mentre la prima si presenta ai suoi occhi come un epoca ancora rasserenata dai sogni, dalle favole e dal contatto diretto con la natura, l epoca contemporanea gli appare dominata dalla ragione che ha privato gli esseri umani della possibilità di illudersi e sperare, cancellando le consolazioni prodotte dalla «sterminata operazione della fantasia . Secondo Leopardi, gli antichi potevano aspirare alla felicità grazie all immaginazione, all ingenuità e agli slanci eroici e magnanimi, ispirati da generose illusioni. I moderni invece hanno irrimediabilmente perso tali capacità, imprigionati nell angusta dimensione dell «arido vero e privati in tal modo della possibilità di risarcire la reale condizione di sofferenza con il confortante miraggio della gloria, dell amicizia e della virtù. L infelicità non è quindi un dato intrinseco alla natura umana, ma è legata allo sviluppo, alla civiltà, al progresso: ha insomma un origine storica. Pertanto la critica ha definito questa prima fase della parabola conoscitiva leopardiana come quella del pessimismo storico : secondo una prospettiva che si richiama alla filosofia di Jean-Jacques Rousseau, alla natura vista come fonte benigna delle piacevoli illusioni che nascondono i dolori dell esistenza, si contrappone la ragione, che con la sua indagine razionale e scientifica della realtà ha svelato all uomo l inconsistenza delle sue fantasticherie, sprofondandolo in un angoscia senza rimedio e condannandolo a perdere l innocenza, la spontaneità e, in ultima istanza, la stessa felicità. «La ragione è nemica d ogni grandezza , scrive Leopardi in un brano dello Zibaldone, datato 1817, poi aggiungendo che «pochi possono essere grandi (e nelle arti e nella poesia forse nessuno) se non sono dominati dalle illusioni . La teoria del piacere Al 1820 risale il primo nucleo di pensieri dello Zibaldone incentrati su quella che viene comunemente definita teoria del piacere , che costituisce uno snodo fondamentale nell evoluzione del suo pensiero. Va subito premesso che l elaborazione di questa teoria testimonia l adesione del poeta al materialismo meccanicistico, che nega la presenza di un principio metafisico regolatore dell esistenza. In particolare si rivela fondamentale l eredità del sensismo, la corrente filosofica settecentesca, i cui massimi interpreti sono i francesi tienne Bonnot de Condillac e Paul Henri Thiry d Holbach, che fa risalire alle facoltà sensoriali la fonte di tutte le conoscenze. Il piacere di cui parla Leopardi è infatti, almeno in questa fase della sua riflessione, di tipo fisico, unicamente legato ai sensi e non ideale o astratto: come si vedrà nei Canti, tutte le sensazioni che rimandano a questa sfera sono legate alla vista e soprattutto all udito. 798
I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento