D2 - Voltaire, Gli uomini sono tutti fratelli (Trattato

L epoca e le idee Documento 2 Gli uomini sono tutti fratelli Voltaire, Trattato sulla tolleranza Nato a Parigi nel 1694 da una famiglia borghese, Fran ois-Marie Arouet, detto VolL autore taire, riceve un educazione umanistica in un collegio gesuita. Accolto presto, per le sue spiccate doti di spirito, nei circoli più eleganti e libertini, con il successo della tragedia Edipo (1718) fa ingresso nell alta società parigina. Dal 1727 soggiorna per tre anni in Inghilterra, dove conosce ambienti meno raffinati di quelli francesi, ma più moderni e liberi; da questa esperienza nascono nel 1734 le Lettere inglesi (o Lettere filosofiche) che, dietro il simulato scopo di semplice informazione, contengono un attacco alle istituzioni politiche, sociali e religiose della Francia assolutista. Autore di scritti narrativi, filosofici, teatrali, di libretti d opera, di analisi storiche e di aforismi che lo rendono celebre in tutti i salotti europei, Voltaire diventa nel 1749 consigliere di Federico II di Prussia; nel 1752 ritorna in Francia, per trasferirsi poi a Ginevra, in Svizzera, dove vivrà dieci anni, contribuendo a farne un centro intellettuale che attrae scrittori, artisti e dame da ogni parte d Europa. Oltre al Trattato sulla tolleranza (1763), la sua opera più nota è il racconto filosofico Candido (1759), critica ironica dell ottimismo, che, pur senza incitare al pessimismo, contesta la convinzione superficiale di vivere nel migliore dei mondi possibili (l opera è scritta dopo il devastante terremoto che nel 1755 distrugge Lisbona). Muore a Parigi nel 1778. Coniugando forza polemica e impegno civile, amore per l essere umano e constatazione delle sue miserie, Voltaire fa appello a Dio (a un Dio di tutti gli esseri) affinché instilli negli individui l esigenza di convivere nella pace e nel rispetto reciproco. Solo la tolleranza, infatti, può costituire il fondamento della società civile. L invocazione è di chiara impronta deistica: il Dio a cui si rivolge la preghiera è un entità partecipe della civiltà universale. La verità più profonda della religione non risiede nell esteriorità dei riti, ma nella moralità e nello spirito di concordia, che dovrebbero appartenere a ogni individuo e a ogni popolo. Dal riconoscimento della fragilità e dell imperfezione degli esseri umani devono nascere il desiderio e la pratica della convivenza e della tolleranza. Non è più dunque agli uomini che mi rivolgo, ma a te, Dio di tutti gli esseri, di tutti i mondi, di tutti i tempi: se è lecito che delle deboli creature, perse nell immensità e impercettibili al resto dell universo, osino domandare qualche cosa a te, che tutto hai donato, a te, i cui decreti sono e immutabili e eterni, degnati di guardare con misericordia gli errori che derivano dalla nostra natura. Fa sì che questi errori non generino la nostra sventura. Tu non ci hai donato un cuore per odiarci l un l altro, né delle mani per sgozzarci a vicenda; fa che noi ci aiutiamo vicendevolmente a sopportare il fardello di una vita penosa e passeggera. Fa sì che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i nostri deboli corpi, tra tutte le nostre lingue inadeguate, tra tutte le nostre usanze ridicole, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni insensate, tra tutte le nostre convinzioni così diseguali ai nostri occhi e così uguali davanti a te, insomma che tutte queste piccole sfumature che distinguono gli atomi chiamati «uomini non siano altrettanti segnacoli1 di odio e di persecuzione. Fa in modo che coloro che accendono ceri in pieno giorno per celebrarti sopportino coloro che si accontentano della luce del tuo sole; che coloro che coprono i loro abiti di una tela bianca per dire che bisogna amarti, non detestino coloro che dicono la stessa cosa sotto un mantello di lana nera; che sia uguale adorarti in un gergo nato da una lingua morta o in uno più nuovo. Fa che coloro il cui abito è tinto in rosso o in violetto, che dominano su una piccola parte di un piccolo mucchio del fango di questo mondo, e che posseggono qualche frammento arrotondato di un certo metallo, gioiscano senza inorgoglirsi di ciò che essi chiamano «grandezza e «ricchezza , e che gli altri li guardino senza invidia: perché tu sai che in queste cose vane non c è nulla da invidiare, niente di cui inorgoglirsi. 1 segnacoli: segni, emblemi. 193

I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 2
I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento