La favola del Piacere
Il Mezzogiorno, vv. 250-284, vv. 298-307
Il Mezzogiorno, vv. 250-284, vv. 298-307
Uno dei più noti episodi del Giorno è la favola del Piacere, in cui si spiega l’origine delle disuguaglianze sociali. Il Piacere, inviato dagli dèi sulla terra, trasforma la società umana: mentre prima tutte le persone erano uguali, dopo il suo avvento si distingueranno coloro che sono dotati di organi più sensibili da coloro che sentono soltanto gli stimoli del bisogno. I primi hanno seguito il dio, imparando a distinguere «il buono» e «il meglio»; i secondi sono rimasti rozzi e legati alla povertà, alla fatica e all’abbrutimento.
250 Forse vero non è; ma un giorno è fama,
che fur gli uomini eguali; e ignoti nomi
fur Plebe, e Nobiltade. Al cibo, al bere,
all'accoppiarsi d'ambo i sessi, al sonno
un istinto medesmo, un'egual forza
255 sospingeva gli umani: e niun consiglio
niuna scelta d'obbietti o lochi o tempi
era lor conceduta. A un rivo stesso,
a un medesimo frutto, a una stess'ombra
convenivano insieme i primi padri
260 del tuo sangue, o Signore, e i primi padri
de la plebe spregiata. I medesm'antri
il medesimo suolo offrieno loro
il riposo, e l'albergo; e a le lor membra
i medesmi animai le irsute vesti.
265 Sol'una cura a tutti era comune
di sfuggire il dolore, e ignota cosa
era il desire agli uman petti ancora.
L'uniforme degli uomini sembianza
spiacque a' Celesti: e a variar la Terra
270 fu spedito il Piacer. Quale già i numi
d'Ilio sui campi, tal l'amico Genio,
lieve lieve per l'aere labendo
s'avvicina a la Terra; e questa ride
di riso ancor non conosciuto. Ei move,
275 e l'aura estiva del cadente rivo,
e dei clivi odorosi a lui blandisce
le vaghe membra, e lentamente sdrucciola
sul tondeggiar dei muscoli gentile.
Gli s'aggiran d'intorno i Vezzi e i Giochi,
280 e come ambrosia, le lusinghe scorrongli
da le fraghe del labbro: e da le luci
socchiuse, languidette, umide fuori
di tremulo fulgore escon scintille
ond'arde l'aere che scendendo ei varca.
[...]
>> pag. 377
Oh beati tra gli altri, oh cari al cielo
viventi a cui con miglior man Titàno
300 formò gli organi illustri, e meglio tese,
e di fluido agilissimo inondolli!
voi l’ignoto solletico sentiste
del celeste motore. In voi ben tosto
le voglie fermentàr, nacque il desio.
305 Voi primieri scopriste il buono, il meglio;
E con foga dolcissima correste
a possederli. […]
1 Quali erano, secondo Parini, gli elementi di uguaglianza prima dell’arrivo del Piacere?
2 Un giorno, esordisce il poeta, fur gli uomini eguali; e ignoti nomi / fur Plebe, e Nobiltade (vv. 251-252). Gli istinti guidano le forze umane, uguali per ciascun individuo, e non esistono privilegi di casta perché non vi sono differenze fra le persone. Qual era, allora, l’unica esigenza di un’intera stirpe?
3 Con quali termini ed espressioni Parini mette in risalto l’iniziale uguaglianza tra gli uomini?
4 Chi e perché decise l’avvento del Piacere sulla Terra?
5 Quali effetti sugli elementi naturali determinò l’arrivo del Piacere?
6 Perché, a tuo giudizio, il Piacere è definito celeste motore (v. 303)?
7 Come descriveresti lo stile di Parini? Dillo in sintesi, citando alcune delle parole e tecniche espressive che ritieni più significative.
Elabora un’interpretazione del testo che evidenzi il tema principale, ovvero la distinzione tra aristocratici e plebei, esprimendo le tue personali riflessioni e spiegando l’atteggiamento dell’autore che, a prima vista, sembra giustificare le disuguaglianze sociali in quanto naturali. Prosegui poi il tuo commento sviluppando una delle due seguenti richieste:
>> pag. 378
Il Mattino, vv. 101-143
Al proemio dell’opera segue la descrizione del lungo sonno del giovin signore, che giace ancora pigramente fra le lenzuola mentre il resto del mondo è già da molto tempo attivo e laborioso. Il poeta ne descrive minutamente le occupazioni per evidenziare la vacuità della sua vita.
Già i valetti gentili udìr lo squillo
del vicino metal cui da lontano
scosse tua man col propagato moto;
e accorser pronti a spalancar gli opposti
105 schermi a la luce, e rigidi osservàro,
che con tua pena non osasse Febo
entrar diretto a saettarti i lumi.
Ergiti or tu alcun poco, e sì ti appoggia
alli origlieri i quai lenti gradando
110 all’omero ti fan molle sostegno.
Poi coll’indice destro, lieve lieve
sopra gli occhi scorrendo, indi dilegua
quel che riman de la Cimmeria nebbia;
e de’ labbri formando un picciol arco,
115 dolce a vedersi, tacito sbadiglia.
O, se te in sì gentile atto mirasse
il duro capitan qualor tra l’armi,
sgangherando le labbra, innalza un grido
lacerator di ben costrutti orecchi,
120 onde a le squadre varj moti impone;
se te mirasse allor, certo vergogna
avria di sé più che Minerva il giorno
che, di flauto sonando, al fonte scorse
il turpe aspetto de le guance enfiate.
125 Ma già il ben pettinato entrar di novo
tuo damigello i’ veggo; egli a te chiede
quale oggi più de le bevande usate
sorbir ti piaccia in preziosa tazza:
indiche merci son tazze e bevande;
130 scegli qual più desii. S’oggi ti giova
porger dolci allo stomaco fomenti,
sì che con legge il natural calore
v’arda temprato, e al digerir ti vaglia,
scegli ’l brun cioccolatte, onde tributo
135 ti dà il Guatimalese e il Caribbèo
c’ha di barbare penne avvolto il crine:
ma se nojosa ipocondrìa t’opprime,
o troppo intorno a le vezzose membra
adipe cresce, de’ tuoi labbri onora
140 la nettarea bevanda ove abbronzato
fuma, ed arde il legume a te d’Aleppo
giunto, e da Moca che di mille navi
popolata mai sempre insuperbisce.
1 Riassumi il contenuto del brano in circa 5 righe.
2 Quale sarebbe la reazione del duro capitan (v. 117) qualora vedesse il giovin signore nelle condizioni descritte nel testo? Perché?
3 A quale “difficile” scelta il protagonista è chiamato dal servitore?
4 La poesia pariniana tende a nobilitare aspetti prosaici e banali del quotidiano, spesso in una chiave ironica. In questo brano, dove si nota un simile approccio?
5 Rintraccia i riferimenti mitologici e spiegane la funzione.
In che cosa consiste la critica sociale operata da Parini? Rispondi facendo riferimento al brano appena letto e a quanto hai studiato sull’autore e sulla sua opera.
In questo articolo, il critico Roberto Cicala (n. 1963) evidenzia alcuni aspetti della personalità letteraria di Giuseppe Parini.
«Al fetido limo / la mia cittàde espose, / e per lucro ebbe a vile / la salute civile»1
è l’accusa in poesia di Giuseppe Parini 250 anni fa contro gli amministratori
di Milano che, lucrando sulle marcite2 di riso vicine alle mura, dove nell’acqua
«bestemmia il fango», non si preoccupano della salubrità dell’aria.
5 La protesta del poeta ecologista ante litteram non è l’unica suggestione d’attualità
dell’opera del grande «milanese di Bosisio», dove nasce nel 1729, figlio di un
modesto mercante di stoffe. Sacerdote per necessità, si adatta a dare ripetizioni a
palazzo Serbelloni ma riesce a entrare nell’accademia dell’Arcadia con l’originale
pseudonimo Darisbo Elidonio. Nel clima neoclassico della capitale lombarda,
10 mentre si costruisce l’Arco della pace e nasce Brera,3 di cui diviene sovrintendente
scolastico, Parini celebra in versi la bellezza femminile pur ammettendo che «amor
con l’età fervida / convien che si dilegua».
Nelle situazioni di cuore Parini è in effetti meno efficace di quando fa il fustigatore
di costumi: per esempio nell’ode La musica, in cui condanna l’abitudine
15 di evirare giovani cantori per mantenere cristallina la loro voce. Respira anche
illuminismo e in Il bisogno del 1766 tratta la giustizia e l’equilibrio della pena
per i condannati sposando la tesi di Beccaria in Dei delitti e delle pene di due anni
prima. Soffre però il fatto che la società non tenga nel giusto conto le parole dei
poeti, come se «la letteratura sia inutile ornamento». Non rinuncia comunque alla
20 necessità di educare quella classe dirigente osservata in casa Serbelloni e poi Imbonati,
dove legge le novità francesi, dal Candido di Voltaire, bestseller dell’epoca,
all’Encyclopédie di Diderot e D’Alambert appena pubblicata.
Sono letture stimolanti anche per altre odi sul progresso scientifico come L’innesto
del vaiuolo, dedicata a Gianmaria Bicetti de’ Buttinoni, medico di Treviglio,
25 famoso non tanto per i versi delle Lagrime in morte d’un gatto che Carducci amerà
ricordare, quanto perché nella primavera del 1765 di fronte a una violenta epidemia
di vaiuolo in Lombardia pensa di prevenire il contagio per mezzo dell’innesto:
riceve la gratitudine dell’imperatrice Maria Teresa che lo gratifica di mille zecchini
gigliati.
30 Parini resta «un uomo a cui sanguina il cuore e che fa il viso allegro» come dirà
De Sanctis,4 grazie alla capacità di contenere i sentimenti con un’ironia che mai
scade come mai viene meno la sua moralità: «Non ricchezza né onore / con frode
o con viltà / il secol venditore / mercar non mi vedrà». Resta irreprensibile tanto nei
libri quanto in società: una sera al teatro regio (incendiato nel 1775 e ricostruito
35 dal Piermarini5 allargandosi sul terreno del convento di Santa Maria della Scala, da
cui il nome del nuovo teatro) sente urlare «Morte agli aristocratici» e lui risponde
gridando «Morte a nessuno. Viva la libertà!».
Roberto Cicala, La modernità del Parini ecologista e moralizzatore, “la Repubblica”, edizione Milano, 17 ottobre 2014
1 Quale accusa viene mossa da Parini agli amministratori di Milano?
2 Che cosa intende dire l’autore definendo il poeta un ecologista ante litteram (r. 5)?
3 Perché, come suggerisce il titolo dell’articolo, Parini può essere indicato come un moralizzatore?
4 Quale influenza ha avuto sui versi del poeta la sua formazione illuministica?
5 Quale aspetto del temperamento di Parini viene esaltato nel giudizio di De Sanctis?
6 Che cosa vuole evidenziare l’autore riportando l’aneddoto che chiude il suo articolo?
7 Per quali ragioni, a tuo giudizio, l’articolo presenta molte citazioni? Si tratta di uno sfoggio di erudizione o di una precisa strategia stilistica? Motiva la tua risposta.
L’articolo sottolinea la volontà di Parini di affrontare tematiche a lui contemporanee, anche sulla scorta degli ideali illuministici che lo influenzarono. Scrivi un testo che affronti il tema dell’impegno civile degli intellettuali: oggi ritieni che sia doveroso per loro occuparsi delle grandi questioni riguardanti il proprio tempo? Oppure sei dell’opinione che solo altri soggetti – politici, economisti, giornalisti ecc. – debbano misurarsi con i problemi della nostra epoca? Esprimi la tua tesi al riguardo e sostienila con argomentazioni tratte dalle conoscenze acquisite nel tuo percorso di studio e dalle tue riflessioni personali.
I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento