I grandi temi
1 Tra Classicismo e Romanticismo: una poetica originale
Collocato al confine tra due epoche, tra la fine del secolo dei lumi e il dilagare delle idee romantiche, Leopardi matura sin da giovane un orientamento poetico di grande originalità, in opposizione alle opinioni dominanti ma in un continuo confronto dialettico con esse. Con l’ardore di un appassionato militante, egli supera gli angusti confini del proprio ambiente per intervenire nell’accesa disputa tra Classicisti e Romantici e confrontarsi con i fautori dell’una e dell’altra posizione.
L’originale posizione leopardiana La riproposizione dei classici come modello e il rifiuto di questo repertorio non implicano d’altro canto la difesa dell’immobile e mitologico classicismo settecentesco (quello di Vincenzo Monti, nei confronti del quale Leopardi non risparmia critiche), quanto piuttosto la volontà di contestare la falsa ispirazione di una poesia intellettualistica che non nasce come una spontanea e naturale esigenza dello spirito. Nei classici, infatti, Leopardi non vede esempi di fredda razionalità, bensì l’espressione degli impulsi più autentici dell’anima poetica.
Il suo quindi è un classicismo dalle coloriture romantiche, che privilegia la lirica come espressione immediata dell’io, sottolinea una tensione inesausta verso l’infinito, si interroga sul senso dell’esistenza, riflette sul tragico squilibrio tra l’ideale e il reale e rigetta l’imitazione acritica delle regole, dei temi e delle immagini del passato, prime fra tutte quelle della mitologia antica, di quegli elementi cioè che attestano un’ispirazione libresca e artefatta.
T1
Contro il realismo romantico
Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica
In questo passo Leopardi contrappone la spontaneità della poesia antica nell’imitare la natura all’artificiosa riproduzione veristica che caratterizza la letteratura romantica.
Secondo il poeta, l’arte – quella, cioè, che suscita piacere e diletto – non consiste nel descrivere le cose concrete così come sono, perfino negli aspetti più volgari ed esteriori, ma nel rappresentare gli stati d’animo e i sentimenti nella loro istintiva purezza.
Dalla qual cosa1 apparisce2 quanto s’ingannino i romantici pensando d’accrescer
pregio alla poesia con rendere la imitazione oltre ogni modo facile, e sottrarla da
ogni legge, e sostituire meglio che possono il vero in luogo del simile al vero,3 sì
che vengono a scemare e quasi annullare il maraviglioso, e per conseguenza il
5 dilettoso dell’imitazione, il quale è tanto essenziale che tolto via, si può dire che
il diletto poetico parte si riduca alla metà, parte al niente. E in oltre imitando la
poesia massime4 romantica infinite cose che in natura non solamente non dilettano
anzi molestano, né possono dilettare altrimenti che imitate,5 il metterci queste
cose avanti agli occhi non tanto imitate quanto vere, non è né bizzarria, né gusto
10 singolare, né stranezza di opinioni, né fierezza né altro, ma pura e pretta6 ignoranza,
e grossezza di cervello.7 Credono i romantici che l’eccellenza della imitazione
si debba stimare solamente secondoch’ella8 è vicina al vero, tanto che cercando lo
stesso vero, si scordano quasi d’imitare, perché il vero non può essere imitazione
di se medesimo. Ma l’imitare semplicemente al vivo, e del resto comeché sia,9 non
15 è pur cosa facile ma triviale: imita ciascuno di noi tutto giorno,10 imita il volgo
principalmente, imitano le bertucce,11 imitava quel buffone di Fedro quanto si può
dire al naturale il grugnito del porco.12 Ma che maraviglia deriva da questa sorta13
d’imitazioni? e quindi che diletto? Se la sentenza dei romantici fosse vera, andrebbe
fatto molto più conto delle balie che dei poeti, e un fantoccio vestito d’abiti
20 effettivi con parrucca, viso di cera, occhi di vetro, varrebbe assai più che una statua
del Canova o una figura di Raffaello. […] Ed io vedo, per esempio, che appresso
i poeti antichi s’incontrano molto di rado quei troncamenti e quelle interruzioni
e sospensioni che i moderni fanno a gara di seminarle da per tutto, empiendo le
pagine di lineette o di punti; perché stimavano che il vero nella poesia non si dovesse
25 introdurre ma imitare, e che l’imitare in guisa14 troppo facile, e uscire dalle
leggi ordinarie della poesia non accrescesse il diletto ma lo scemasse. Talmente
che paragonando la poesia loro a quella statua o figura dipinta ch’io dicea15 poco
sopra, la poesia romantica, la quale imita il calpestio de’ cavalli col trap trap trap, e
il suono de’ campanelli col tin tin tin,16 e così discorrendo, si può molto acconciamente17
30 rassomigliare a quel fantoccio, o volete a un burattino che ha la mobilità
da vantaggio. Che se l’evidenza sola va cercata nelle imitazioni, perché non dismettiamo18
del tutto questa materia disadattissima delle parole e dei versi, e non ci
appigliamo a quella scrittura di certi barbari ch’esprime i concetti dell’animo con
figure in vece di caratteri? anzi perché ciaschedun poeta in cambio di scrivere non
35 inventa qualche bella macchina la quale mediante diversi ingegni metta fuori di
mano in mano19 vedute e figure di qualsivoglia specie, e imiti il suono col suono,
e in breve, rappresentando ordinatamente quello che sarà piaciuto all’inventore,
non operi soltanto nella immaginativa ma eziandio20 ne’ sensi del non più lettore
ma spettatore e uditore e che so io?
Dentro il TESTO
I contenuti tematici
Il brano antologizzato è molto utile per comprendere uno dei principali rimproveri mossi da Leopardi ai Romantici: secondo il poeta, essi ritengono che lo scopo della letteratura sia l’imitazione fredda e asettica della realtà sensibile, ma in questo modo spengono la spontaneità dell’immaginazione, schiacciandola sotto il peso della meccanica riproduzione del vero.
Leopardi non è certo contrario all’imitazione della natura: anzi, proprio attraverso questo processo si può suscitare nel lettore quella meraviglia e quel diletto, che costituiscono una insostituibile fonte di conforto e consolazione per gli esseri umani. Ma imitare la natura significa, spiega il poeta, imitare il simile al vero (r. 3), cioè il verosimile, non il vero basso e triviale della meschina quotidianità (il calpestio de’ cavalli col trap trap trap, e il suono de’ campanelli col tin tin tin, rr. 28-29). Invece i Romantici, che hanno smarrito il contatto autentico e spontaneo con la natura, sotterrata dalla civiltà e dal progresso, sopperiscono artificiosamente a tale distanza con una grossolana rappresentazione del mondo: duplicando anche le minime manifestazioni della realtà, essi hanno fatto in modo di scemare e quasi annullare il maraviglioso (r. 4) pur di ricercare una sedicente oggettività. Inoltre, il tentativo di destare il «sentimentale» riesce «manifestamente voluto», ostentato e dunque lontano dalla «celeste naturalezza», ossia da quella condizione privilegiata che nasce dalla vicinanza con la natura e da cui la grande poesia (come quella antica di autori come Omero e Virgilio) scaturisce in modo quasi istintivo.
Verso le COMPETENZE
COMPRENDERE
1 Con quali argomenti Leopardi respinge la poetica realistica romantica?
2 A un certo punto del discorso, Leopardi chiama in causa l’opera artistica di Canova e di Raffaello. A quale proposito?
3 Nella parte finale del brano, il poeta descrive polemicamente alcune caratteristiche formali della poesia romantica. Quali?
ANALIZZARE
4 Il testo presenta una serie di interrogative dirette. Qual è lo scopo retorico di tali domande?
INTERPRETARE
5 Le pagine dei moderni sono piene di lineette o di punti (r. 24): secondo te, a che cosa si riferisce Leopardi?
Produrre
6 Scrivere per argomentare. Leopardi nutriva una profonda ammirazione per l’antichità classica, greca e latina, ritenuta migliore del mondo a lui contemporaneo. Oggi qual è il rapporto con il mondo dell’antichità? È un modello ancora attuale e affascinante? Potremmo ancora affermare con il filosofo medievale Bernardo di Chartres che siamo «nani sulle spalle dei giganti»? Conosci libri, film, programmi televisivi o altro che ne parlino? Parlane in un testo argomentativo di circa 40 righe.