T2 - L’indefinito e la rimembranza (dallo Zibaldone)

T2

L’indefinito e la rimembranza

Zibaldone, [1744-1747]; [1987-1988]; [4426]

Leopardi ritiene che le suggestioni più belle ed evocative siano alimentate da percezionirese vaghe e indefinite dalla lontananza nello spazio (che suggerisce l’ideadell’infinito) e nel tempo (che alimenta il ricordo) o anche dalla scarsa possibilità divedere (come accade nell’intrecciarsi di luci ed ombre) le cose nella loro amara realtà.

Le sensazioni visive (20 settembre 1821)

Da quella parte della mia teoria del piacere dove si mostra come degli oggetti veduti

per metà, o con certi impedimenti ec. ci destino idee indefinite, si spiega perché

piaccia la luce del sole o della luna, veduta in luogo dov’essi non si vedano e non si 

scopra la sorgente della luce; un luogo solamente in parte illuminato da essa luce; i

5      l riflesso di detta luce, e i vari effetti materiali che ne derivano; il penetrare di detta 

luce in luoghi dov’ella divenga incerta e impedita, e non bene si distingua, come 

attraverso un canneto, in una selva, per li balconi socchiusi ec. ec.; la detta luce 

veduta in luogo, oggetto ec. dov’ella non entri e non percota1 dirittamente, ma vi 

sia ribattuta e diffusa da qualche altro luogo od oggetto ec. dov’ella venga a battere; 

10    in un andito2 veduto al di dentro o al di fuori, e in una loggia parimente ec. quei

luoghi dove la luce si confonde ec. ec. colle ombre, come sotto un portico, in una 

loggia elevata e pensile, fra le rupi e i burroni, in una valle, sui colli veduti dalla parte 

dell’ombra, in modo che ne sieno indorate le cime; il riflesso che produce, per 

esempio, un vetro colorato su quegli oggetti su cui si riflettono i raggi che passano 

15    per detto vetro; tutti quegli oggetti insomma che per diverse materiali e menome4 

circostanze giungono alla nostra vista, udito ec. in modo incerto, mal distinto, imperfetto, 

incompleto, o fuor dell’ordinario ec. Per lo contrario5 la vista del sole o 

della luna in una campagna vasta ed aprica,6 e in un cielo aperto ec. è piacevole per 

la vastità della sensazione. Ed è pur piacevole per la ragione assegnata di sopra, la 

20    vista di un cielo diversamente sparso di nuvoletti, dove la luce del sole o della luna 

produca effetti variati, e indistinti, e non ordinari ec. È piacevolissima e sentimentalissima 

la stessa luce veduta nelle città, dov’ella è frastagliata dalle ombre, dove lo 

scuro contrasta in molti luoghi col chiaro, dove la luce in molte parti degrada7 appoco 

appoco, come sui tetti, dove alcuni luoghi riposti nascondono la vista dell’astro 

25    luminoso ec. ec. A questo piacere contribuisce la varietà, l’incertezza, il non 

veder tutto, e il potersi perciò spaziare coll’immaginazione, riguardo a ciò che non 

si vede. Similmente dico dei simili effetti, che producono gli alberi, i filari, i colli, 

i pergolati, i casolari, i pagliai, le ineguaglianze del suolo ec. nelle campagne. Per 

lo contrario una vasta e tutta uguale pianura, dove la luce si spazi e diffonda senza 

30    diversità, né ostacolo; dove l’occhio si perda ec. è pure piacevolissima, per l’idea 

indefinita in estensione, che deriva da tal veduta. Così un cielo senza nuvolo. Nel 

qual proposito osservo che il piacere della varietà e dell’incertezza prevale a quello 

dell’apparente infinità, e dell’immensa uniformità. E quindi un cielo variamente 

sparso di nuvoletti, è forse più piacevole di un cielo affatto puro; e la vista del cielo 

35    è forse meno piacevole di quella della terra, e delle campagne ec. perché meno varia 

(ed anche meno simile a noi, meno propria di noi, meno appartenente alle cose 

nostre ec.). Infatti, ponetevi supino in modo che voi non vediate se non il cielo, 

separato dalla terra, voi proverete una sensazione molto meno piacevole che considerando 

una campagna, o considerando il cielo nella sua corrispondenza e relazione 

40    colla terra, ed unitamente ad essa in un medesimo punto di vista. È piacevolissima 

ancora, per le sopraddette cagioni,8 la vista di una moltitudine innumerabile, 

come delle stelle, o di persone ec. un moto moltiplice, incerto, confuso, irregolare, 

disordinato, un ondeggiamento vago ec., che l’animo non possa determinare, né 

concepire definitamente e distintamente ec., come quello di una folla, o di un gran 

45    numero di formiche o del mare agitato ec. Similmente una moltitudine di suoni 

irregolarmente mescolati, e non distinguibili l’uno dall’altro ec. ec. ec.

I ricordi della fanciullezza (25 ottobre 1821)

Per la copia1 e la vivezza ec. delle rimembranze sono piacevolissime e poeticissime

tutte le imagini che tengono del fanciullesco,2 e tutto ciò che ce le desta (parole,

50    frasi, poesie, pitture, imitazioni o realtà ec.). Nel che tengono il primo luogo gli

antichi poeti,3 e fra questi Omero. Siccome4 le impressioni, così le ricordanze della 

fanciullezza in qualunque età, sono più vive che quelle di qualunque altra età. E 

son piacevoli per la loro vivezza, anche le ricordanze d’immagini e di cose che nella 

fanciullezza ci erano dolorose, o spaventose ec. E per la stessa ragione ci è piacevole 

55    nella vita anche la ricordanza dolorosa, e quando bene la cagion5 del dolore non 

sia passata, e quando pure la ricordanza lo cagioni o l’accresca, come nella morte 

de’ nostri cari, il ricordarsi del passato ec.

La poeticità della rimembranza (14 dicembre 1828)

Un oggetto qualunque, per esempio un luogo, un sito, una campagna, per bella

che sia, se non desta alcuna rimembranza, non è poetica punto1 a vederla. La

60    medesima, ed anche un sito, un oggetto qualunque, affatto impoetico in sé, sarà

poetichissimo a rimembrarlo. La rimembranza è essenziale e principale nel sentimento

poetico, non per altro, se non perché il presente, qual ch’egli sia, non può

esser poetico; e il poetico, in uno o in altro modo, si trova sempre consistere nel

lontano, nell’indefinito, nel vago.

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Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Nel primo passo Leopardi spiega come si producano le idee indefinite (r. 2) capaci di dare piacere. Egli inizia con l’osservare come la luce del sole e quella della luna piacciano di più quando sono contrastate e incerte, quando se ne vede l’effetto ma non la fonte, che resta nascosta; elenca luoghi dove la luce si mescola con l’ombra, in bilico tra il dentro e il fuori (logge, portici, valli ecc.); collega il modo di diffondersi della luce agli “esiti materiali” che ne derivano, cioè alle percezioni che creano e che la poesia può riprodurre. Come vedremo, nei Canti Leopardi offre numerose applicazioni pratiche di tale teoria nei suoi componimenti, tutte le volte in cui il suo sguardo spazia sul cielo notturno o contempla l’orizzonte che sfuma in lontananza.

Leopardi si sofferma qui principalmente sugli effetti prodotti dalla vista, ma in altri passi dello Zibaldone parla anche di quelli determinati dall’udito: i suoni che si espandono o che si allontanano suggeriscono anch’essi una sensazione di indefinito o di infinito.

Oltre all’indefinito, infatti, anche l’infinito desta piacere: altrove nello Zibaldone il poeta stesso cita la sua poesia L’infinito ( T13, p. 93) a titolo di esempio. I due termini – indefinito e infinito – esprimono concetti contigui ma distinti: indefinito è ciò che non si vede distintamente, anche se vicino o di dimensioni limitate (come accade quando i contorni di un oggetto o di un paesaggio sono poco netti oppure svaniscono nel buio o nel ricordo); infinito è invece ciò che è creato dall’immaginazione e dal desiderio in quanto puro prodotto della mente: esso esprime uno slancio o una tensione illimitata verso un orizzonte ideale collocato in una estrema lontananza (spaziale o anche temporale) e che perciò si può solo sognare poiché sovrasta i limiti fisici della natura umana, caratterizzata da una insuperabile finitezza.

Nella ricerca di tutto ciò che esprime appieno la bellezza dell’arte, Leopardi si sofferma – nel secondo e nel terzo passo – su come agiscono le rimembranze e riconosce come molto poetiche quelle parole, frasi, poesie, pitture, imitazioni o realtà (rr. 49-50) che riportano ai ricordi della fanciullezza, quell’età che ci rende simili agli antichi, poiché i fanciulli, come i poeti di un tempo (non a caso è citato Omero), aderiscono pienamente ai sentimenti, non avendo ancora vissuto l’esperienza della disillusione, non avendo cioè ancora conosciuto l’«arido vero».

Se «tutto il vero è brutto», come è detto in altro passo dello Zibaldone (1521-1522), il ricordo è sempre migliore, più bello di ciò che si è vissuto: tutto ciò che è sfuggente e non concretamente presente risulta affascinante. Paradossalmente, è piacevole anche ricordare ciò che ha causato dolore, poiché la memoria ci riporta al passato, ma rendendolo vago, indefinito, in una parola “poetico”, in quanto esso viene depurato degli aspetti negativi, ormai distanziati e così resi innocui. In tal modo «all’uomo sensibile e immaginoso… il mondo e gli oggetti sono in certo modo doppi» (Zibaldone 4418), ovvero hanno due facce: quella arida impoetica del vero e quella dell’immaginazione poetica, che aggiunge alla nuda realtà significati ulteriori, abbellendola e determinando piacere. Leo­pardi giunge così ad affermare che una cosa pure in sé bella (per esempio un luogo, un sito, una campagna, r. 58) non è affatto poetica se non viene filtrata dalla memoria: solo allora lo diventa, in quanto attraverso il ricordo essa sfuma nel lontano, nell’indefinito, nel vago (rr. 63-64): che sono – appunto – le caratteristiche della poesia.

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Le scelte stilistiche

Spesso le pagine dello Zibaldone hanno l’andamento frammentario di appunti, abbozzi, note, pensieri incompleti fissati sulla carta in attesa di essere successivamente ripresi (significativo, in questo senso, è il ricorso agli ec.). Talvolta, tuttavia, esse contengono anche esempi e argomentazioni sviluppati più a fondo. Nei passi che abbiamo qui riportato (in particolare nel primo, più articolato) troviamo un ampio respiro argomentativo, caratterizzato dalla chiarezza delle tesi proposte e improntato a rigore di ragionamento. Le osservazioni via via si accumulano confermandosi a vicenda, anche a distanza di anni, come si vede nella conclusione del terzo passo (del 1828) che richiama il nucleo tematico fondamentale del primo (datato 1821).

Verso le COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Nei testi sono presenti espressioni particolarmente dense di significato. Spiega le seguenti, cercando di esplicitarne tutti gli aspetti.

  • È piacevolissima e sentimentalissima la stessa luce veduta nelle città (rr. 21-22).
  • spaziare coll’immaginazione, riguardo a ciò che non si vede (rr. 26-27).
  • tutte le imagini che tengono del fanciullesco (r. 49).
  • La rimembranza è essenziale e principale nel sentimento poetico (rr. 61-62).

Analizzare

2 Individua e sottolinea i verbi e i connettivi logici che segnano il procedere del ragionamento, completando la seguente tabella.


 Verbi

Connettivi logici

mostra

 per lo contrario

spiega

 siccome

derivano

 e per la stessa ragione




 


 



   
   
   


 


3 Analizza la sintassi dei brani, evidenziando le strutture scelte da Leopardi e spiegandone le ragioni espressive.

Interpretare

4 Il piacere della varietà e dell’incertezza prevale a quello dell’apparente infinità, e dell’immensa uniformità (rr. 32-33). In questa frase si condensa il significato dell’insieme dei passi proposti: spiegala e commentala.

COMPETENZE LINGUISTICHE

5 Quali registri linguistici utilizza Leopardi? Di ciascun registro indica qualche parola o espressione che ritieni particolarmente significativa.


 Registro linguistico

Parole o espressioni


 


 


 

Produrre

6 Scrivere per argomentare. Leopardi sostiene che il poetico, in uno o in altro modo, si trova sempre consistere nel lontano, nell’indefinito, nel vago (rr. 63-64). Sei d’accordo? Rifletti sull’argomento con un testo argomentativo di circa 30 righe, portando a esempio poesie o canzoni che conosci.

Volti e luoghi della letteratura - Giacomo Leopardi
Volti e luoghi della letteratura - Giacomo Leopardi