3 - Le teorie sull’acquisizione del linguaggio

3. Le teorie sull’acquisizione del linguaggio

La comunicazione è un elemento essenziale nella vita dell’uomo e per la sua sopravvivenza. I bambini, infatti, apprendono a parlare molto velocemente perché hanno un forte bisogno di capire e di farsi capire. Skinner e Chomsky hanno cercato di indagare le modalità attraverso le quali si sviluppa la facoltà comunicativa del bambino.

3.1 GLI STADI DI ACQUISIZIONE DEL LINGUAGGIO

Lo sviluppo del linguaggio verbale nei bambini inizia a livello dei fonemi (gli elementi sonori), prosegue a quello dei morfemi (unità minime di significato) e delle parole, fino ad arrivare al livello sintattico.

Intorno al terzo mese di vita i neonati emettono le prime vocalizzazioni, articolazioni di suoni consonantici o vocalici. Verso il sesto mese le vocalizzazioni prendono la forma della lallazione, cioè la ripetizione di sillabe, di solito quelle che si trovano all’inizio delle parole (per esempio: “pa-pa-pa”, la sillaba iniziale della parola “pappa”).

Durante il primo anno di vita i bambini imparano i fonemi della propria lingua madre e perdono la capacità di discriminare i suoni che non corrispondono a dei fonemi. Dal compimento del primo anno iniziano a pronunciare le prime parole. In questo periodo, dal punto di vista psicologico, una sola parola assume il valore di una frase e per questo viene chiamata olofrase. La parola “mamma”, per esempio, può assumere diversi significati: “voglio la mamma”, “è della mamma”, “la mamma non c’è” e così via.

All’incirca a partire da un anno e mezzo d’età si cominciano a comporre frasi di due parole, soprattutto nomi, poi verbi e aggettivi. Si tratta di un linguaggio telegrafico, che si focalizza sulle parole di contenuto più che sulle particelle grammaticali.

Gli adulti si rivolgono ai piccoli utilizzando il cosiddetto baby-talk, ovvero modificano alcune caratteristiche del loro consueto modo di parlare per adattarle alla capacità di comprensione dei bambini. Parlano a un volume più alto e più lentamente, accentuano le parole di contenuto (soprattutto i nomi), scegliendo tra queste le parole più brevi e semplici con un livello ottimale di generalità (per esempio dicono “gatto” e non “siamese”) e costruiscono frasi semplici evitando subordinate, costruzioni passive o negative. Il baby-talk è usato anche dai bambini per rivolgersi a quelli più piccoli di loro.

Successivamente, il vocabolario infantile si estende molto rapidamente e compaiono gli articoli, le proposizioni, i verbi ausiliari e i connettivi. A tre anni i bambini sono in grado di usare frasi articolate e complesse.

Nel caso del bilinguismo, i bambini che hanno potuto interagire fin dalla nascita con due lingue le imparano entrambe e sono ugualmente in grado di usare sia l’una che l’altra.

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3.2 IN CHE MODO I BAMBINI IMPARANO UNA LINGUA?

L’acquisizione del linguaggio avviene senza sforzo attraverso stadi consecutivi che sono gli stessi in tutti i bambini e in tutte le lingue, comprese quella dei segni. Infatti, anche i non udenti inizialmente fanno un gesto alla volta e in seguito uniscono più gesti per esprimere più concetti.
La teoria dell’imitazione
Una prima ipotesi sullo sviluppo del linguaggio infantile sostiene che esso venga appreso per imitazione del linguaggio dei genitori. Secondo lo psicologo americano Burrhus F. Skinner (1904-1990), quando il bambino emette sequenze di suoni quali “pa-pa, da-da” i genitori rinforzano la prima e non la seconda, indirizzando il piccolo verso la pronuncia della parola “papà” o “pappa”, senza che questa sia ancora associata al padre o al cibo. Solo successivamente il termine verrà usato nel suo significato corretto. Secondo tale ipotesi, l’acquisizione del linguaggio dipenderebbe completamente da fattori esterni, cioè dall’esperienza e dai condizionamenti dell’ambiente.

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L’ipotesi generativista
L’imitazione gioca sicuramente un ruolo fondamentale nell’apprendimento delle parole (altrimenti non si spiegherebbe come mai i bambini italiani imparino l’italiano e i francesi il francese), ma i bambini sono capaci di astrarre e derivare le proprietà morfologiche e sintattiche della propria lingua e di applicarle a loro piacimento. Perciò, oggi si ritiene che la facoltà di acquisizione del linguaggio sia in parte inscritta nei geni, ovvero che esista una predisposizione innata allo sviluppo del linguaggio. In questa direzione, una grande rivoluzione nel campo degli studi sul linguaggio è stata quella operata da Noam Chomsky  L’AUTORE |.

Chomsky ha ipotizzato l’esistenza di un dispositivo innato, cioè presente fin dalla nascita, per l’acquisizione del linguaggio (Language Acquisition Device, Lad). Si tratta di un programma biologico per imparare a parlare che corrisponde a una grammatica universale, la quale contiene la descrizione delle regole strutturali condivise da tutte le lingue. Alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso egli formulò l’ipotesi generativista: a partire da un numero finito di parole e di regole grammaticali tutti i parlanti sono in grado di produrre e comprendere un numero virtualmente infinito di frasi nuove. Da questa teoria deriva il riconoscimento della proprietà del linguaggio umano chiamata produttività.

l’autore  Noam Chomsky

Noam Chomsky nasce a Filadelfia nel 1928 da una famiglia ebrea originaria dell’Europa orientale.

Dopo essersi laureato e specializzato in Linguistica all’università della Pennsylvania inizia da subito a insegnare al Massachusetts Institute of Technology (Mit), dove tuttora è professore emerito.

Chomsky è il linguista statunitense che ha rivoluzionato le teorie sullo sviluppo e sull’uso del linguaggio, formulando ipotesi che in parte risultano ancora attuali.

Chomsky è noto anche per il suo impegno politico in campo socialista e libertario in seguito al quale ha duramente denunciato le modalità con le quali, secondo le sue opinioni, alcuni mezzi di informazione manipolano il consenso.

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DA ORAIN POI

Le attuali ricerche sull’apprendimento del linguaggio

Che ne è oggi delle teorie sul linguaggio di Burrhus F. Skinner e di Noam Chomsky?

Si possono fare alcune osservazioni su entrambe queste teorie che comunque non vanno intese in contrapposizione tra loro.

Per quanto riguarda la teoria dell’imitazione skinneriana in realtà non sembra che i genitori prestino attenzione a tutte le espressioni del bambino e lo correggano ogni volta che sbaglia; inoltre molto spesso il bambino non si dimostra sensibile ai tentativi di correzione. L’osservazione di interessanti errori che tutti i bambini tendono a commettere durante lo sviluppo linguistico ha reso evidente che essi non si limitano a riprodurre quello che ascoltano.

Fino ai due anni e mezzo, infatti, i bambini applicano le stesse parole a concetti simili, cioè iperestendono il loro vocabolario, perché conoscono meno nomi rispetto ai concetti che vogliono esprimere. Per esempio, possono chiamare “cane” anche i gatti e le mucche. Oppure, attuano una iper-regolarizzazione, cioè tendono ad applicare le regole sintattiche anche laddove invece esistono delle irregolarità. Per esempio, non è infrequente che un bambino italiano dica “andano” anziché “vanno”, espressione che non ha sicuramente mai udito pronunciare agli adulti, ma che ha inventato trasferendo la regola di formazione del presente dei verbi regolari al verbo “andare”, che però fa eccezione. Ciò significa che i bambini non apprendono il linguaggio in maniera passiva, semplicemente ripetendo quello che ascoltano dagli adulti, ma si servono del contesto per capire a quale concetto ci si sta riferendo, scoprono gli aspetti generali del linguaggio, le regole grammaticali, e le usano in maniera creativa producendo parole e frasi nuove.

Per quanto riguarda invece la teoria generativista di Noam Chomsky, alcuni studi successivi hanno riconosciuto la validità della tesi secondo cui il linguaggio è innato, ma recenti ricerche hanno messo in evidenza come aspetto fondamentale e non secondario il ruolo della pragmatica della comunicazione. Ciò significa che, oltre alle competenze innate, assume un ruolo fondamentale l’uso concreto della lingua e il contesto comunicativo nel quale si sviluppano i rapporti tra gli interlocutori.

per lo studio

1. Che cos’è il baby talk?

2. Spiega le differenze tra il pensiero di Skinner e quello di Chomsky sull’acquisizione del linguaggio nel bambino.


  Per discutere INSIEME 

Suddivisi in coppie, provate a scrivere dei dialoghi di senso compiuto (massimo 10 righe) in cui due individui conversano usando solo olofrasi o al massimo frasi composte da due parole e organizzate una messa in scena in classe in cui li riproponete.

I colori della Psicologia - volume 2
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Secondo biennio del liceo delle Scienze umane