Il fenomeno del ritiro sociale viene analizzato e approfondito per la prima volta negli anni Ottanta da Saitō Tamaki, psichiatra giapponese che conia il termine hikikomori (derivato dai verbi hiku, “tirare indietro”, e komoru, “ritirarsi”) che letteralmente significa “stare in disparte”, “isolarsi”.
Nel 2016 il governo giapponese ha svolto un sondaggio da cui risulta che in Giappone sono presenti circa 541 000 hikikomori di età compresa tra i 15 e i 39 anni. Sebbene questo numero sembri già molto elevato, alcuni studiosi hanno ipotizzato che possa in realtà rappresentare una stima al ribasso, sia perché non comprende i primissimi hikikomori (che oggi avrebbero oltre quarant’anni e sarebbero quindi “ritirati” da oltre vent’anni!) sia perché le famiglie appaiono spesso reticenti nel denunciare la condizione del figlio. Inoltre, essendo ancora ridotta la conoscenza del fenomeno, succede che venga confuso a livello diagnostico con altre patologie.
Nel 90% dei casi il profilo dell’hikikomori giapponese è quello di un giovane maschio, primogenito o figlio unico, di estrazione sociale medio-alta, con entrambi i genitori laureati, il padre in una posizione dirigenziale e la madre casalinga.
Lo psichiatra giapponese Takeo Doi (1920-2009) nel 1971 ha definito il concetto clinico di amae (che letteralmente significa “dolcezza”) come “dolce dipendenza”. Nella società giapponese amae si riferisce alla dipendenza che si viene a creare tra il figlio e la madre, che spesso in Giappone prende la decisione di abbandonare il lavoro e la carriera per dedicarsi completamente alla cura della prole e al proprio ruolo materno. L’instaurarsi di questa dinamica, favorita dall’assenza del padre impegnato sul fronte lavorativo, se eccessiva, può portare a disturbi dello sviluppo del bambino che cresce all’interno di un rapporto simbiotico con la madre, caratterizzato in particolare da bassa autostima, timore e dipendenza dal giudizio altrui. In questo panorama, anche la scuola svolge un ruolo fondamentale nel fenomeno degli hikikomori, in quanto si concentra soprattutto sulla prestazione ed è bacino di diffusi fenomeni di bullismo ed elevata competitività.
In generale, la società giapponese si basa sul senso del dovere, sul rispetto delle regole e la riservatezza: quando le cose non vanno per il verso giusto e non si riesce a soddisfare le aspettative, il sistema sociale nipponico autorizza un forte senso di vergogna che, nel caso di ragazzi resi fragili dagli aspetti che abbiamo prima citato, può scaturire nel desiderio di isolarsi, nascondersi e diventare hikikomori.