4 - La socializzazione immaginaria, il mondo nella rete

4. La socializzazione immaginaria, il mondo nella rete

4.1 Ritiro scolastico e ritiro sociale

L’essere umano, in quanto animale sociale, cresce e impara a stare nel mondo in continua interazione con gli altri. Nascere socialmente e imparare a relazionarsi con il gruppo dei pari è uno dei principali compiti evolutivi dell’adolescenza  unità 3, p. 92 | che però in alcuni casi può subire dei bruschi arresti. Sempre più spesso infatti si sente parlare di ritiro scolastico e di ritiro sociale.
  • Con ritiro scolastico si intende l’abbandono della scuola da parte dei ragazzi; questa forma di ritiro si limita alla frequentazione scolastica, mentre le altre aree della vita rimangono intatte.
  • Con ritiro sociale, invece, si fa riferimento all’abbandono di tutte le attività sociali e alla chiusura all’interno delle mura di casa, nei casi più estremi all’interno della propria camera. In questi casi l’adolescente disinveste totalmente la scuola, le relazioni e, più profondamente, la speranza per il futuro. Chiudersi in una camera infatti impedisce, o perlomeno rallenta drasticamente, il percorso di crescita e di scoperta di sé, di confronto con gli altri e di apertura verso ciò che ancora si deve imparare e conoscere.

4.2 La Rete come rifugio

Perché un adolescente, nella fase della vita così ricca di nuove esperienze e nuovi incontri, dovrebbe isolarsi dal resto del mondo? Questi ragazzi decidono di ritirarsi nelle mura delle loro case per proteggersi dallo sguardo dei coetanei che viene vissuto come giudicante e capace di smascherare l’inadeguatezza che, secondo loro, li contraddistingue. I ritirati sociali sono adolescenti che hanno cercato in tutti i modi di essere e di apparire come gli altri ma che non si sono sentiti capaci di reggere il confronto con coetanei, troppo, sempre secondo loro, più belli, più bravi e più capaci di vivere la propria adolescenza. Le aspettative dei ritirati sociali sono infatti molto elevate e quando i cambiamenti dell’adolescenza sembrano non soddisfare i piani che avevano in mente per la loro crescita avviene il ritiro.

Quello che sperimentano questi ragazzi è un profondo senso di vergogna che li fa sentire diversi dai pari età e rende loro impossibile varcare la soglia di casa, figuriamoci l’atrio della scuola. È così che si sottraggono a tutte le situazioni sociali, per sfuggire al confronto e allo sguardo degli altri.

Chiusi nelle loro camere hanno spesso a disposizione strumenti tecnologici che consentono loro di accedere a Internet e di giocare a videogiochi online. Lo schermo può diventare in questi casi l’unico filtro tollerabile che permette a questi ragazzi di trovare una via alternativa per socializzare: in rete si può essere chi si vuole, si possono mostrare parti di sé vere, edulcorate o interamente fittizie.

Passando tanto tempo al computer, i ritirati sociali spesso diventano abili videogiocatori: ciò garantisce loro la possibilità di non sentirsi completamente inetti nei confronti dei loro coetanei ma di potersi presentare come coloro che, per esempio, sono in grado di aiutare a superare un certo livello e portare a termine la missione richiesta dal videogioco del momento. Grazie alle modalità di gioco online possono condividere con gli altri giocatori obiettivi comuni e così instaurare e mantenere relazioni, seppure mediate dallo schermo del pc, con il mondo esterno. La frequentazione online, però, può anche diventare una terribile trappola che aumenta il senso di vergogna per il proprio corpo fisico e finisce con il rinforzare l’isolamento e renderlo ancora più forte.

Il fenomeno dei ritirati sociali è stato oggetto di studio approfondito a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, in Giappone, per opera dello psichiatra Saitō Tamaki (n. 1961), che ha coniato per esso il termine hikikomori  APPROFONDIAMO, p. 196 |.

 >> pagina 196 

approfondiamo  IL FENOMENO DEGLI HIKIKOMORI IN GIAPPONE

Il fenomeno del ritiro sociale viene analizzato e approfondito per la prima volta negli anni Ottanta da Saitō Tamaki, psichiatra giapponese che conia il termine hikikomori (derivato dai verbi hiku, “tirare indietro”, e komoru, “ritirarsi”) che letteralmente significa “stare in disparte”, “isolarsi”.

Nel 2016 il governo giapponese ha svolto un sondaggio da cui risulta che in Giappone sono presenti circa 541 000 hikikomori di età compresa tra i 15 e i 39 anni. Sebbene questo numero sembri già molto elevato, alcuni studiosi hanno ipotizzato che possa in realtà rappresentare una stima al ribasso, sia perché non comprende i primissimi hikikomori (che oggi avrebbero oltre quarant’anni e sarebbero quindi “ritirati” da oltre vent’anni!) sia perché le famiglie appaiono spesso reticenti nel denunciare la condizione del figlio. Inoltre, essendo ancora ridotta la conoscenza del fenomeno, succede che venga confuso a livello diagnostico con altre patologie.

Nel 90% dei casi il profilo dell’hikikomori giapponese è quello di un giovane maschio, primogenito o figlio unico, di estrazione sociale medio-alta, con entrambi i genitori laureati, il padre in una posizione dirigenziale e la madre casalinga.

Lo psichiatra giapponese Takeo Doi (1920-2009) nel 1971 ha definito il concetto clinico di amae (che letteralmente significa “dolcezza”) come “dolce dipendenza”. Nella società giapponese amae si riferisce alla dipendenza che si viene a creare tra il figlio e la madre, che spesso in Giappone prende la decisione di abbandonare il lavoro e la carriera per dedicarsi completamente alla cura della prole e al proprio ruolo materno. L’instaurarsi di questa dinamica, favorita dall’assenza del padre impegnato sul fronte lavorativo, se eccessiva, può portare a disturbi dello sviluppo del bambino che cresce all’interno di un rapporto simbiotico con la madre, caratterizzato in particolare da bassa autostima, timore e dipendenza dal giudizio altrui. In questo panorama, anche la scuola svolge un ruolo fondamentale nel fenomeno degli hikikomori, in quanto si concentra soprattutto sulla prestazione ed è bacino di diffusi fenomeni di bullismo ed elevata competitività.

In generale, la società giapponese si basa sul senso del dovere, sul rispetto delle regole e la riservatezza: quando le cose non vanno per il verso giusto e non si riesce a soddisfare le aspettative, il sistema sociale nipponico autorizza un forte senso di vergogna che, nel caso di ragazzi resi fragili dagli aspetti che abbiamo prima citato, può scaturire nel desiderio di isolarsi, nascondersi e diventare hikikomori.

per lo studio

1. Quali sono le differenze tra ritiro scolastico e ritiro sociale?

2. Spiega quali sono i principali fattori che contribuiscono al ritiro sociale dell’adolescente aiutandoti con alcuni esempi.


  Per discutere INSIEME 

La forma di isolamento dei ritirati sociali appare come una nuova modalità attraverso la quale molti giovani esprimono oggi il loro disagio. Tuttavia, la pratica dell’isolamento, della fuga dalla civiltà alla ricerca di una solitudine assoluta non è una pratica nuova. Nel passato le pratiche monacali di diverse religioni prevedevano proprio un lungo periodo di isolamento e di ritiro dal mondo e ci sono anche persone che, senza motivi religiosi, hanno deciso di diventare eremiti. Cercate informazioni e testimonianze relative a questo fenomeno e poi discutetene in classe.

I colori della Psicologia - volume 2
I colori della Psicologia - volume 2
Secondo biennio del liceo delle Scienze umane