2.3 ADORNO E LA SOCIOLOGIA DELLA MUSICA
Le riflessioni sviluppate sull’industria culturale sono uno dei punti di partenza di un lavoro di Adorno sui rapporti tra musica e società. Lo studioso, che era anche un pianista di musica classica, scrisse vari libri e saggi dedicati a questo tema. In Filosofia della musica moderna (1949), in particolare, egli critica il ruolo della musica leggera – quella che oggi chiamiamo musica pop e commerciale – nel sostenere l’ideologia della società capitalistica avanzata: la musica pop favorisce la dominazione degli individui da parte del potere politico ed economico. Per Adorno, infatti, a differenza della musica classica, che stimola la riflessione e la comprensione della condizione dell’essere umano, la musica popolare di quel periodo – come per esempio il jazz – ha l’effetto di anestetizzare le nuove generazioni e renderle, così, più propense ad accettare passivamente lo status quo e il controllo da parte dell’ideologia capitalista.
Se insomma, per Marx, era la religione a costituire “l’oppio dei popoli”, secondo Adorno, nella società del Novecento, sono i programmi radiofonici e le musiche da ballo a rappresentare un diversivo per spostare l’attenzione dei cittadini, evitando di metterli davanti alla realtà del loro sfruttamento da parte del sistema produttivo. La musica pop, dunque, intesa come intrattenimento e come forma di distrazione nel tempo libero, è il simbolo della diffusione nella società di falsi bisogni psicologici, indotti nella società di massa e coltivati attraverso il disimpegno politico e il consumismo.