Nel 1578, in fuga da Ferrara, Tasso trova ospitalità a Urbino, dove lo attende il duca Francesco Maria II della Rovere, che era stato suo compagno di studi. Nel chiedere protezione alla famiglia, che omaggia con un iniziale encomio di rito, il poeta coglie l’occasione per ripercorrere la propria vicenda esistenziale, segnata sin dai primi anni dall’accanirsi della Fortuna. La meditazione autobiografica non viene ultimata e la Canzone al Metauro resta incompiuta, ma il poeta la riterrà comunque un testo importante, tanto da citarlo in varie occasioni successive.
Metro Canzone di 3 strofe formate da 16 endecasillabi e 4 settenari, con schema di rime aBCaBCCDEeDFGGFHhFII (nella prima strofa, ai vv. 5-6, abbiamo però CB).
O del grand’Apennino
figlio picciolo sì, ma glorioso
e di nome più chiaro assai che d’onde,
fugace peregrino
5 a queste tue cortesi amiche sponde
per sicurezza vengo e per riposo.
L’alta Quercia che tu bagni e feconde
con dolcissimi umori, ond’ella spiega
i rami sì ch’i monti e i mari ingombra,
10 mi ricopra con l’ombra.
L’ombra sacra, ospital, ch’altrui non niega
al suo fresco gentil riposo e sede,
entro al più denso mi raccoglia e chiuda,
sì ch’io celato sia da quella cruda
15 e cieca dea, ch’è cieca e pur mi vede,
ben ch’io da lei m’appiatti in monte o ’n valle,
e per solingo calle
notturno io mova e sconosciuto il piede;
e mi saetta sì che ne’ miei mali
20 mostra tanti occhi aver quanti ella ha strali.
Oimè! dal dì che pria
trassi l’aure vitali e i lumi apersi
in questa luce a me non mai serena,
fui de l’ingiusta e ria
25 trastullo e segno, e di sua man soffersi
piaghe che lunga età risalda a pena.
Sassel la gloriosa alma sirena,
appresso il cui sepolcro ebbi la cuna:
così avuto v’avessi o tomba o fossa
30 a la prima percossa!
Me dal sen de la madre empia fortuna
pargoletto divelse. Ah! di quei baci,
ch’ella bagnò di lagrime dolenti,
con sospir mi rimembra e de gli ardenti
35 preghi che se ’n portar l’aure fugaci:
ch’io non dovea giunger più volto a volto
fra quelle braccia accolto
con nodi così stretti e sì tenaci.
Lasso! e seguii con mal sicure piante,
40 qual Ascanio o Camilla, il padre errante.
In aspro esiglio e ’n dura
povertà crebbi in quei sì mesti errori;
intempestivo senso ebbi a gli affanni:
ch’anzi stagion, matura
45 l’acerbità de’ casi e de’ dolori
in me rendé l’acerbità de gli anni.
L’egra spogliata sua vecchiezza e i danni
narrerò tutti. Or che non sono io tanto
ricco de’ propri guai che basti solo
50 per materia di duolo?
Dunque altri ch’io da me dev’esser pianto?
Già scarsi al mio voler sono i sospiri,
e queste due d’umor sì larghe vene
non agguaglian le lagrime e le pene.
55 Padre, o buon padre, che dal ciel rimiri,
egro e morto ti piansi, e ben tu il sai,
e gemendo scaldai
la tomba e il letto: or che ne gli alti giri
tu godi, a te si deve onor, non lutto:
60 a me versato il mio dolor sia tutto.
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DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
L’occasione da cui nasce la canzone è encomiastica, ma l’omaggio ai signori di Urbino, nuovi protettori del poeta, si esaurisce in pochi versi iniziali, dedicati al fiume Metauro, nei pressi del quale sorge la corte di Urbino, e all’alta Quercia, l’insegna dei della Rovere (vv. 1-12), dopo i quali balza in primo piano il motivo autobiografico del fugace peregrino (v. 4).
Nel rievocare le tappe della propria vita, Tasso fa risalire alla nascita l’inizio delle traversie che l’hanno segnata (vv. 21-30). Le persecuzioni dellaFortuna, cruda e cieca dea (vv. 14-15), poi richiamata da immagini patetiche (ingiusta e ria, v. 24; empia fortuna, v. 31), non lo hanno mai abbandonato, strappandolo dal seno materno e costringendolo a vivere lontano (l’aspro esiglio, v. 41). Sigillata da questi marchi della sofferenza, l’esistenza di Tasso è stata scandita da un continuo vagabondare (mesti errori, v. 42). Nell’ultima stanza ricorre l’immagine del padre Bernardo, oppresso come lui dall’esilio e dalla malattia. Il ricordo della sua morte divide però le due sorti, prima unite dal destino avverso: mentre Bernardo è ormai sereno e beato nella quiete del cielo, il poeta è costretto ancora a versare lacrime, commiserando la propria condizione di afflitto.
Le scelte stilistiche
L’intento di rappresentare la tragedia dell’esule è reso dal tono alto e solenne. La volontà di elevare lo stile, già indicata a livello metrico dal predominio dell’endecasillabo sul settenario, si coglie dai primi versi, quando troviamo la perifrasi di carattere storico utilizzata per indicare il Metauro, entro la quale si innesta la metafora*O del grand’Apennino figlio e l’antitesi* di picciolo sì, ma glorioso (vv. 1-2).
Tutta la canzone è puntellata di figure retoriche, tese ad accentuare il pathosdel discorso: significativo, in tal senso, è l’uso delle interiezioni, delle interrogative retoriche, delle ripetizioni (ombra, vv. 10-11; cieca, v. 15; acerbità, vv. 45-46; padre, v. 55) e delle perifrasi con cui viene rappresentata la sorte, nelle vesti allegoriche di una Fortuna-dea bendata che perseguita implacabilmente (ai vv. 14-15 e 24). Infine, per enfatizzare adeguatamente la tensione, Tasso spezza frequentemente il verso adottando la tecnica dell’enjambement, che aveva appreso in particolare dalla produzione poetica di Giovanni Della Casa.
VERSO LE COMPETENZE
COMPRENDERE E ANALIZZARE
1Non solo un alberoQuale relazione si instaura tra la quercia e il poeta? A quale situazione biografica allude tale rapporto?
2Una citazione classicaQuale tema presente fin dall’inizio del testo viene accentuato dal riferimento ad Ascanio e perché?
3I due TassoCome viene delineato il rapporto tra padre e figlio?
4LE Figure retoricheIndividua nel testo almeno un esempio delle seguenti figure retoriche:
a endiadi sinonimica;
b poliptoto;
c iperbato.
INTERPRETARE
5 L’io lirico Qual è l’immagine del poeta che viene delineata nel componimento? A tuo giudizio, quale carattere emerge della sua personalità?
scrivere per...
6Argomentare Partendo dall’intento encomiastico che è alla radice di questa poesia, rifletti sul rapporto fra intellettuali e potere in Tasso, scrivendo un testo argomentativo di circa 20 righe.