Nell’Introduzione alla Prima giornata (che di fatto, come abbiamo detto, funge da introduzione all’intera opera) viene descritta la peste a Firenze e, subito dopo, si racconta della decisione dei dieci giovani della brigata di sfuggire al contagio recandosi nel contado. In un ambiente diverso si sperimenteranno nuove condizioni di vita, sottratte al disordine (materiale e morale) che l’epidemia ha prodotto in città. E soprattutto si deciderà di narrare le novelle che andranno a costituire il Decameron. Ne riportiamo alcuni passi significativi.
T2 - La peste e la brigata
T2
La peste e la brigata
Decameron, I, Introduzione (riscrittura in italiano moderno di Aldo Busi)
DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
Questo lungo brano che Aldo Busi riscrive dall’Introduzione alla Prima giornata può essere suddiviso in due parti: nella prima si descrivono i terribili effetti della pestilenza del 1348; nella seconda si narra di come sette fanciulle e tre giovani decidano di rifugiarsi in un luogo ameno fuori città, stabilendo in seguito di occupare il proprio tempo narrando ciascuno una novella ogni giorno (esclusi il venerdì e il sabato, dedicati alle preghiere). La descrizione della peste è attenta e minuziosa. Boccaccio, però, non si limita a sottolineare la gravità del male o a elencare le scene orribili a cui la malattia ha dato origine, ma si sofferma ad analizzare le conseguenze morali e civili da essa provocate. In particolare l’autore mostra come la peste abbia finito per soffocare i sentimenti migliori degli esseri umani, quali la pietà e la carità nei confronti dei propri simili.
La peste ha dunque provocato una situazione di sostanziale disordine morale: gli animi delle persone si sono induriti, gli infermi vengono spesso abbandonati, l’autorità delle istituzioni, religiose e laiche (r. 36) è venuta meno, si è diffusa una generale dissolutezza ecc. A tutto ciò reagisce la brigata dei dieci giovani, scegliendo di ricostituire, in un luogo lontano dal contagio della malattia e dai suoi effetti devastanti, quelle basi di moralità e civiltà che a Firenze sembrano fortemente compromesse. Tutto è bello e ordinato: appare chiaro, così, come il palazzo, il giardino (rappresentato secondo i canoni tipici del topos classico del locus amoenus*: l’erba, l’ombra, la brezza ecc.), la stessa organizzazione quotidiana del tempo della brigata siano nettamente contrapposti a quanto ci si è lasciato alle spalle. Si tratta, in qualche modo, di rifondare la civiltà, riscrivendone le regole: ciò dimostra come l’intento di Boccaccio sia quello di offrire, con quest’opera, non soltanto svago e diletto, ma anche un preciso quadro di valori etici e sociali.
Uno scrittore completamente immerso nella mentalità medievale, se avesse scelto di trattare in una propria opera la peste e le sue conseguenze, avrebbe improntato questa descrizione a intenti morali e religiosi ben definiti, parlando del terribile flagello come di una punizione divina e sollecitando così, nei suoi lettori, un memento mori, cioè una riflessione sulla precarietà della vita terrena. Invece nella nuova prospettiva di Boccaccio, lo scrittore – che pure alla peste annette, come abbiamo visto, un significato simbolico (la disgregazione della civiltà ecc.) – si lascia guidare, da un certo punto in poi, dal puro gusto del narrare. In altre parole, il teatro della peste è funzionale soprattutto a far sentire maggiormente la dolcezza del vivere: l’«orrido cominciamento» della peste serve a far risaltare ancora di più la serenità del luogo dove si rifugiano i dieci giovani. Non appena essi vi giungono, gli orrori dell’epidemia sono per loro già un lontano ricordo.
Tuttavia il significato della cornice non si esaurisce in quanto abbiamo detto sin qui: le sue valenze sono, a giudizio di alcuni critici, anche altre. Per esempio per lo studioso Franco Cardini la cornice del Decameron, con le tragiche descrizioni del sovvertimento sociale e familiare causato dalla peste, è comparabile alla «selva oscura» del primo canto della Divina Commedia. Allo stesso modo il percorso compiuto dai dieci giovani nei dieci giorni che trascorreranno narrando è equiparabile a un cammino iniziatico, a un viaggio all’interno di sé stessi, all’attraversamento del male per il raggiungimento del bene o, come diremmo oggi, a una sorta di “terapia di gruppo”, grazie alla quale vengono superati il senso di morte e i traumi causati dalla pestilenza (molti dei giovani, e specialmente delle giovani, sembrano aver perso tutti i propri familiari), ma anche e soprattutto le conseguenze negative di un’etica debole o corrotta.
VERSO LE COMPETENZE
COMPRENDERE E ANALIZZARE
1 Come evitare il contagio Sintetizza le quattro diverse teorie relative al modo di sfuggire la peste e i comportamenti che ne conseguono.
2 La condanna di Boccaccio Quali comportamenti dei suoi concittadini durante la peste sono particolarmente biasimati da Boccaccio e perché?
3 Una brigata degna di stima L’autore ha molto a cuore l’onorabilità e la rispettabilità dei componenti della brigata: da che cosa lo si capisce?
4 L’importanza di raccontare Per quale motivo Pampinea propone di passare il tempo novellando? A quale altro passatempo lo contrappone e perché?
INTERPRETARE
5 Gli ideali della brigata A quali principi e valori si ispira la vita della brigata nel palazzo? Sono valori cortesi o borghesi? Esponi le tue considerazioni.
Educazione CIVICA – Spunti di realtà
OBIETTIVO
3 SALUTE E BENESSERE
Nella parte iniziale dell’Introduzione (r. 16) Boccaccio descrive come, all’infuriare dell’epidemia, molti reagirono abbandonando a sé stessi «gli infermi». Ancora oggi, specie in alcune zone del mondo (anche quelle più progredite), non sempre ai più deboli è garantito il diritto alla salute. L’articolo 32 della Costituzione italiana afferma: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti».
• Ti sembra che sia sempre così? Ragiona su questo tema in un testo argomentativo, portando esempi concreti (non basati sul “sentito dire”, ma su dati e fonti autorevoli) a sostegno della tua tesi.
Letteratura attiva - volume 1
Dalle origini al Cinquecento