Fermarsi prima di oltrepassare i limiti. La lezione di Dante (Filippo La Porta)

PALESTRA DI SCRITTURA – Verso l’Esame di Stato

Fermarsi prima di oltrepassare i limiti. La lezione di Dante

Il seguente brano del critico letterario Filippo La Porta (n. 1952) rilegge la concezione dantesca del peccato sullo sfondo di alcune questioni, etiche e sociali, oggetto di dibattito nel mondo di oggi.

L’uomo contemporaneo è incapace di “fermarsi” e, anzi, non vede perché dovrebbe 

farlo (si tratti della soddisfazione immediata di un istinto o della sperimentazione 

sugli embrioni o del saccheggio della natura). In nome di che cosa: di Dio? 

Del sacro? Di un ordine metafisico? Dell’utilità collettiva? Della felicità del 

5      maggior numero di persone? Della razionalità della Storia? Del futuro delle nuove 

generazioni? In Dante il peccato nasce proprio dal non sapersi fermare, 

dall’indiscrezione (intesa in un senso forte, etimologico: incapacità di discernere – di 

distinguere tra sé e l’altro –, mancanza di misura), dalla hybris, dall’oltrepassare un 

limite (Ulisse). Non si tratta tanto e solo di impulsività, di offuscamento a causa 

10    di un desiderio impellente.

E, anzi, nella prima cantica l’incontinenza, che riguarda lussuriosi, golosi e 

iracondi, viene considerata meno grave («e come incontenenza / men Dio offende 

e men biasimo accatta»1Inf. XI, 83-84) rispetto ai peccati di “malizia”, e cioè 

di consenso all’azione cattiva, di malvagità consapevole, attraverso il calcolo e la 

15    riflessione (e infatti la malizia è punita nel basso inferno, in Malebolge). Piuttosto 

qui Dante si riferisce all’attitudine a giustificare razionalmente ogni desiderio.

La malizia è sempre intenzionale e implica un’offesa al prossimo (per san 

Tommaso chi pecca per malizia pecca più gravemente di chi pecca per debolezza: 

c’è volontà e abitudine, come puntualizza nel De malo).2 Ricordo solo come 

20    l’originaria tripartizione aristotelica di incontinenza, malizia e «matta bestialitade» 

(Inf. XI, 82-83) si traduca poi in una bipartizione ciceroniana di incontinenza e 

malizia, laddove quest’ultima si esercita sia con la violenza – bestialità, appunto – 

sia con la frode.

Così Francesca, nel canto V dell’Inferno, è punita non solo perché ha peccato di 

25    lussuria (di incontinenza), violando l’etica civile (che fonda ogni convivenza), e 

perché, come vedremo, la sua passione ha una natura libresca, ma anche in quanto 

continua a rivendicare ancora il suo peccato e a protestare la propria innocenza 

(galeotto fu il libro, lei è senza colpa); giustifica l’incontinenza in modo intellettualistico, 

capzioso, utilizzando la sua abilità retorica, attraverso un sillogismo 

30    che sembrerebbe inconfutabile, richiamandosi cioè a una necessità assoluta (la 

corrispondenza amorosa).

Il diavolo, lo abbiamo visto, è loico.3 E quando l’«argomento de la mente» si 

aggiunge al «mal volere» e alla «possa», non c’è rimedio (Inf. XXXI, 55-56).

[…]

Oggi l’intera cultura di massa ci spinge continuamente a non trattenerci mai, ad 

35    appagare tutti i desideri, a riconoscere qualsiasi limite come intollerabile censura: 

“Just do it”, esorta la Nike, mentre lo slogan dell’Ikea è: “Vivere a modo tuo!” 

La controcultura libertaria degli anni Sessanta – “proibito proibire” – stabilisce 

una perversa alleanza con il mercato. Perché dovrebbe fermarsi chi approfitta del 

potere che gli conferisce il suo ruolo professionale (sia egli un medico o un politico 

40    o un giudice)? Perché dovrebbe fermarsi uno scienziato che sperimenta la 

clonazione umana (formalmente vietata da tutte le legislazioni)? Ci si dovrebbe 

fermare non per un imperativo categorico o per obbedire a un qualche principio 

(e neanche solo perché lo vietano le leggi), ma perché altrimenti, se non ci fermiamo, 

sentiremmo di violare un confine invisibile e di entrare nell’irrealtà. Proprio 

45    perché la realtà è riconoscere un limite, il limite del proprio io, che è soltanto una 

parte e non il tutto.


(Filippo La Porta, Il bene e gli altri. Dante e un’etica per il nuovo millennio, Bompiani, Milano 2018)

 pagina 275 

COMPRENSIONE E ANALISI

1 Il critico inaugura il proprio discorso affermando che l’uomo contemporaneo è incapace di “fermarsi” (r. 1). Che cosa intende dire?


2 Perché l’autore cita la sperimentazione sugli embrioni? Come esempio di che cosa?


3 Quale tendenza dell’animo e della ragione umana viene considerata più peccaminosa da Dante?


4 Qual è il peccato più grave di Francesca? Di quale colpa si è macchiata agli occhi di Dante?


5 Secondo l’autore, il diavolo possiede un’attitudine raziocinante. Come manifesta questo suo carattere?


6 A quale fine vengono citati due slogan pubblicitari di famosi marchi commerciali?


7 Qual è, secondo l’autore, il rapporto tra “controcultura libertaria” e mercato?


8 Qual è la lezione che Dante impartisce a noi contemporanei? Riassumila in non più di cinque righe.

PRODUZIONE

Scrive Filippo La Porta: Oggi l’intera cultura di massa ci spinge continuamente a non trattenerci mai, ad appagare tutti i desideri, a riconoscere qualsiasi limite come intollerabile censura. Sei d’accordo con questa affermazione oppure no? Sviluppa il tuo ragionamento toccando, a supporto della tua tesi, i seguenti temi:

  • dominio del mercato;
  • individualismo;
  • ricerca di una libertà senza vincoli.

Letteratura attiva - volume 1
Letteratura attiva - volume 1
Dalle origini al Cinquecento