La vicenda di Guido da Montefeltro (da lui stesso raccontata a Dante in questi versi) offre al poeta l’occasione di insistere sulla decadenza e sulla responsabilità della Chiesa nel fomentare guerre e divisioni tra i cristiani. Guido viene convinto da Bonifacio VIII – definito, con notevole virulenza polemica, lo principe d’i novi Farisei – a offrirgli i suoi consigli affinché riesca a sconfiggere una fazione avversa, capeggiata dalla famiglia dei Colonna, contro la quale il pontefice aveva indetto addirittura una crociata (1297). L’uomo esita, poiché si è pentito dei precedenti consigli fraudolenti, e, dopo essere entrato nell’ordine francescano, si prepara a morire santamente. Ma Bonifacio lo persuade a fornirgli il suggerimento che gli serve, promettendogli un’assoluzione preventiva dal peccato che gli sta chiedendo di commettere. In particolare il poeta ritiene inefficace tale assoluzione, concessa per pura opportunità politica e in assenza di pentimento, e dunque facendo violenza a quel potere spirituale di cui il papa è indegno amministratore. Non a caso Guido verrà punito nell’ottava bolgia dell’ottavo cerchio tra i consiglieri fraudolenti.