T8 - Papa e imperatore: i «due soli»

T8

Papa e imperatore: i «due soli»

De monarchia, III, 15, 7-13

In Purgatorio, XVI, 106-108 Marco Lombardo (un personaggio collocato da Dante tra gli iracondi) lamenta: «Soleva Roma, che ’l buon mondo feo, / due soli aver, che l’una e l’altra strada / facean vedere, e del mondo e di Deo». Cioè: Roma, che civilizzò il mondo, era solita avere due guide capaci di illuminare il suo duplice percorso, quello terreno e quello divino. La prima guida è l’imperatore, la seconda il papa. Lo stesso concetto è espresso nel passo conclusivo del De monarchia, che qui riportiamo in traduzione.

L’ineffabile Provvidenza ha posto dunque innanzi all’uomo due fini cui tendere: la 

felicità di questa vita, che consiste nell’esplicazione della propria specifica facoltà, 

ed è simboleggiata nel paradiso terrestre, e la felicità della vita eterna, che consiste 

nel godimento della visione di Dio, e costituisce il paradiso celeste; a essa quella 

5      facoltà specifica dell’uomo non può elevarsi senza il soccorso della luce divina.

A queste due beatitudini, come a due fini diversi, occorre giungere con mezzi 

diversi. Alla prima infatti perveniamo per mezzo degli insegnamenti filosofici,1 

purché li mettiamo in pratica operando secondo le virtù morali e intellettuali; alla 

seconda invece perveniamo per mezzo degli insegnamenti divini che trascendono 

10    la ragione umana, purché li seguiamo operando secondo le virtù teologiche della 

fede, speranza e carità.2

Sebbene quel fine e quei mezzi naturali ci siano stati additati dalla ragione 

umana, quale si è manifestata a noi compiutamente attraverso i filosofi, e sebbene 

quel fine e quei mezzi soprannaturali ci siano stati indicati dallo Spirito Santo, che 

15    ci ha rivelato la verità soprannaturale a noi necessaria attraverso i profeti, gli scrittori 

ispirati, Gesù Cristo, figlio di Dio a lui coeterno,3 e i suoi discepoli, tuttavia 

la cupidigia umana indurrebbe a dimenticarli, se gli uomini, come cavalli spinti 

dalla loro bestialità a percorrere vie traverse, non fossero trattenuti sulla retta strada 

«con la briglia e con il freno».

20    Per questo l’uomo ebbe bisogno di una duplice guida, in corrispondenza del 

duplice fine, cioè del Sommo Pontefice, per condurre il genere umano alla vita 

eterna mediante la dottrina rivelata, e dell’Imperatore, per dirigere il genere umano 

alla felicità terrena attraverso gli insegnamenti della filosofia.

E siccome a questo porto della felicità terrena nessuno o pochi, e anche questi 

25    con eccessiva difficoltà, potrebbero approdare, se il genere umano – sedati i flutti 

della  cupidigia esposta a ogni seduzione – non riposasse libero nella tranquillità 

della pace, il governatore del mondo, detto Principe Romano, deve tendere con 

tutte le sue forze a questo scopo, cioè a far sì che in questa aiuola umana si possa 

vivere nella libertà e nella pace.

30    E siccome la disposizione di questo mondo è conseguenza della disposizione 

propria dei moti celesti,4 affinché le utili iniziative imperiali di libertà e di pace 

possano trovare applicazione adatta ai luoghi e ai tempi, è necessario che quel 

governatore del mondo sia stabilito da chi ha una visione complessiva e immediata 

della disposizione globale dei cieli.

35    Ora questi è soltanto Colui che ha preordinato tale disposizione come mezzo 

per poter subordinare provvidenzialmente tutte le cose ai suoi piani. Ma se è così, 

solo Dio elegge, egli solo conferma, non avendo altri superiori a sé.

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Dante afferma in modo convinto e risoluto la necessità di tenere separati il potere dell’imperatore e quello del papa: poiché gli ambiti di pertinenza delle loro rispettive autorità sono diversi, non c’è ragione per cui si debba creare una sovrapposizione, che può essere molto dannosa.

In Purgatorio, XVI, 104 l’autore ribadirà che questa confusione tra i due poteri «è la cagion che ’l mondo ha fatto reo», cioè è il motivo che determina il disordine dei tempi presenti. L’autorità dell’imperatore e quella del papa derivano entrambe direttamente da Dio: l’imperatore dovrà manifestare rispetto nei confronti del sommo pontefice e quest’ultimo non dovrà intromettersi nelle questioni temporali. Sono idee assai nuove per quei tempi.

 pagina 209 

Le scelte stilistiche

Dante mette qui in campo un procedimento espositivo tipicamente medievale: quello deduttivo, che consiste nel partire da alcuni princìpi astratti – affermati in maniera, se vogliamo, aprioristica, cioè senza fornire prove concrete della verità di ciò che si afferma – per poi passare a elencarne le conseguenze.

Per esempio si afferma che la Provvidenza ha posto […] innanzi all’uomo due fini cui tendere: la felicità di questa vita […] e la felicità della vita eterna (rr. 1-3). Su questa base, dopo altri passaggi logici, viene sostenuta la necessità delle due guide relative a tali ambiti, l’imperatore e il papa. Chiaramente un simile modo di argomentare risulta efficace nella misura in cui i lettori condividono le premesse dell’autore: qui, quelle di una visione cristiana del mondo e dell’essere umano.

VERSO LE COMPETENZE

COMPRENDERE E ANALIZZARE

1 I due paradisi Che cosa simboleggiano rispettivamente il paradiso terrestre (r. 3) e il paradiso celeste (r. 4)?


2 «Soli» distinti Qual è per Dante il compito del papa? E quale quello dell’imperatore?


3 LE figure retoriche Su quale figura retorica si basa l’immagine degli uomini, come cavalli spinti dalla loro bestialità a percorrere vie traverse (rr. 17-18)?

INTERPRETARE

4 I significati metaforici Porto della felicità (r. 24); sedati i flutti (r. 25): perché Dante sceglie metafore legate al mare?

Educazione CIVICA – Spunti di realtà

I rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa hanno conosciuto, sin dall’Unità nazionale, momenti di forte conflitto. Solo nel 1929 i Patti lateranensi sancirono il reciproco riconoscimento tra il Regno d’Italia e il Vaticano e prescrissero la religione cattolica come unica religione di Stato. L’articolo 7 della Costituzione italiana conferma tali accordi («Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani»), ma nell’articolo 8 si chiarisce che tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge e hanno diritto di organizzarsi, nel rispetto dell’ordinamento giuridico italiano. Il nuovo Concordato, firmato nel 1984, stabilisce inoltre che la religione cattolica non è più considerata come sola religione dello Stato italiano e che il suo insegnamento nelle scuole è facoltativo.


• Guardando all’odierna realtà socio-politica italiana e internazionale, ti sembra che la distinzione tra potere politico e potere religioso sia un obiettivo raggiunto?

In quali situazioni e attraverso quali modalità rischia ancora oggi di verificarsi una confusione tra le due sfere? Spiegalo in un testo argomentativo di circa 30 righe.

Letteratura attiva - volume 1
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Dalle origini al Cinquecento