La luce del futuro - volume C

Virgilio UNIT 1 ANALISI L avventura notturna La storia eroica di Eurialo e Niso segna l inasprimento della tensione guerresca che accende la seconda metà del poema, soprattutto a partire dal libro IX. La narrazione, benché frutto della fantasia del poeta, ripercorre il topos della spedizione notturna già presente nel libro X dell Iliade, la cosiddetta Dolonìa, nella quale l eroe troiano Dolone va in esplorazione nel campo degli Achei per spiarne le mosse, ma viene sorpreso e ucciso da Odisseo e Diomede. Anche la caratterizzazione dei due guerrieri risente di un altra celebre coppia di amici dell epica, Achille e Patroclo. Eurialo è più giovane e inesperto, incapace di valutare i rischi, mentre Niso, più maturo e prudente, si dimostra anche il più generoso. Usciti dall accampamento troiano, i due si fanno strada nel campo nemico e seminano la morte tra i Rutuli dormienti: l attenzione è volta prima alle gesta di Niso, che uccide l indovino Ramnete, poi a Remo con i suoi servi e lo scudiero, Lamiro, Lamo, Serrano (vv. 314-338). Simile a un leone digiuno che irrompe in un ovile e addenta voracemente le pecore (vv. 339-341), Niso non risparmia nessuno, nonostante molti nemici giacciano addormentati e ubriachi per aver molto bevuto. Contribuisce alla strage anche il più giovane Eurialo (vv. 342-354) che, eccitato per la partecipazione all insidia notturna, si ferma solo al richiamo del compagno Niso, che in virtù della maggiore esperienza ha il senso della misura e sa riconoscere quando fermarsi. Eurialo, tuttavia, segue il compagno solo dopo aver fatto razzia delle armi pregiate dei nemici, tra cui lo sfavillante elmo di Messapo (vv. 359-366). L arrivo dei rinforzi nemici A far precipitare la situazione è l arrivo dei cavalieri di Volcente, armati di scudi, che sorprendono i giovani troiani durante l uscita dal campo. Grida dalla schiera Volcente: / «Fermatevi, uomini; che ragione all andare? Che soldati / siete? Dove vi dirigete? (vv. 375-377): basta una voce potente nella notte a determinare il panico e la fuga disordinata dei due troiani, che si rifugiano nel bosco, rincorsi dai cavalieri latini. Mai come in queste situazioni la natura in Virgilio si dimostra oscura e ostile: Era una vasta selva irta di cespugli e di nere / elci, e dovunque la riempivano tti rovi; / lucevano radi sentieri tra piste occulte (vv. 381-383). Sembra di vivere il terrore e la disperazione provati in quel momento tragico: mentre Niso riesce a far perdere le tracce di sé, Eurialo è gravato dal peso del bottino e perde l orientamento. Non appena avverte l assenza dell amico, Niso prorompe disperato: «Eurialo, infelice, dove mai ti ho lasciato? / E per dove seguirti? (vv. 390-391). Inutile è la corsa sui suoi passi per ricercarlo (vv. 391-401). A questo punto la narrazione è affidata alle percezioni di Niso stesso, prima visive, poi uditive, poi di nuovo tragicamente visive. Non c è cosa peggiore di ascoltare suoni e rumori preoccupanti senza avere visione di ciò che sta accadendo: Virgilio lo sa bene e lo fa vivere a Niso, che finalmente vede Eurialo, trascinato dall inganno / della notte e del luogo (vv. 397-398). Nella tragicità del momento, ha un sussulto di religiosità che lo porta a rivolgere una preghiera alla luna: «Tu, o dea, favorevole soccorri la nostra sventura, / bellezza degli astri, latonia custode dei boschi. / [ ] fa che sconvolga quella schiera, e guida l arma nell aria (vv. 404-405, 409). La bella morte Quando ancora l amico più giovane si dibatte tra i nemici, Niso decide di scagliare l asta e la lancia, che atterrano Sulmone e Tago, e di uscire poi allo scoperto nell istante in cui Volcente sta per colpire a morte con la spada Eurialo: «Io, io, sono io che ho colpito, rivolgete contro di me il ferro, / Rutuli! (vv. 427-428). Il gesto di Niso non è dettato dalla ricerca di gloria o della morte eroica, bensì dal desiderio di mettere in salvo Eurialo o di morire insieme a lui, ma è destinato a ritorcersi contro l amico. La sua repentina apparizione, rimarcata dalla ripetizione del pronome io, infatti, non vale a impedire il colpo mortale inferto da Volcente al costato di Eurialo, che cade morto come un ore purpureo quando, reciso dall aratro, / languisce morendo, o come i papaveri che chinano il capo / sul collo stanco, quando la pioggia li opprime (vv. 435-437). Le due similitudini floreali, riprese dalla tradizione epica e lirica, fanno da cassa di risonanza del dolore per la morte del giovane, che tende a farsi universale e a coinvolgere la stessa natura. Virgilio giustappone due diversi motivi: il primo, quello del fiore purpureo reciso dall aratro, destinato a rapida morte, era già in un carme del poeta latino Catullo (XI, vv. 21-25), che l aveva a sua 376

La luce del futuro - volume C
La luce del futuro - volume C
Epica