La luce del futuro - volume C

Omero UNIT 1 SPECCHI di CARTA Possono comprendere l incanto di questo notturno omerico solo coloro che hanno assistito allo spettacolo del cielo stellato in luoghi incontaminati, in mare aperto o in alta montagna. Il candore luminoso della striscia di stelle della via Lattea (nome dato dagli antichi alla nostra galassia) è lo stesso oggi come nell VIII secolo a.C., ma per gli uomini accampati sulla piana di Troia esso rappresentava un mistero ancora indecifrabile e per questo tanto più affascinante. Un dettaglio della scena, probabilmente, fa la differenza tra noi e gli antichi Greci: la gioia che riempie il cuore del pastore. Tale gioia è resa in lingua greca con un verbo a un tempo passato (gégethe) usato con valore di presente, quasi a indicare la lunga prospettiva temporale della contemplazione del cielo, che dal passato produce un effetto commovente sul presente. Secondo il filosofo Aristotele, questo sguardo incantato dell uomo sullo spettacolo della natura, ancora capace di suscitare emozione e meraviglia, è uno dei motivi che resero possibile la nascita della filosofia in Grecia. Konen Uehera, Due figure in una piccola barca con braciere incandescente, 1930 ca. ANALISI 148 I fuochi e le stelle Nell oscurità di una notte senza vento, il gran numero dei fuochi accesi dai Troiani nell accampamento è paragonabile alla quantità innumerevole delle stelle che brillano nel cielo. Il poeta dipinge un paesaggio montano, in cui si scoprono in successione vette, promontori, valli (vv. 557-558): su tutto domina il fascio di luce emanato dalle stelle. Il ponte tra le due immagini, quello che retoricamente si chiama tertium comparationis (cioè il terzo elemento del confronto, l aspetto comune ai due termini messi a paragone: in questo caso, stelle e fuochi) è l aggettivo tanti (v. 560), cioè la gran quantità dei fuochi nel campo e delle stelle nel cielo. Il motivo dell incommensurabilità, cioè dell impossibilità di misurare qualcosa, è un topos della letteratura, cui si lega il sentimento dell infinito suscitato dalla contemplazione degli astri e delle stelle. A rendere ancora più familiare lo scenario notturno è la partecipazione degli animali: Omero, infatti, riesce a coinvolgere nell atmosfera di ristoro e di attesa tipica di ogni sera inoltrata anche i cavalli, che aspettano le luci dell alba. Il mondo essenziale degli epiteti La lingua omerica riflette la percezione del mondo di uomini abituati ai tempi lunghi della natura e all eternità di alcuni suoi fenomeni. Il notturno descritto, per esempio, contiene epiteti che non sono semplicemente esornativi, ma rappresentano elementi importanti della conoscenza che i Greci avevano del mondo. L aria, per esempio, è detta immensa (etere immenso, v. 558), perché il concetto nascente di immensità e di infinito in quel periodo storico è associato intuitivamente al cielo; allo stesso modo, in precedenza, la luna è definita lucente (v. 555), perché la luce compete solo a essa ed eventualmente al sole e alle stelle, mentre al fuoco è associato l aggettivo fiammante (v. 563). Il lessico omerico cerca così di ricreare, quanto più possibile, caratteristiche importanti della realtà: l infinito, i colori, la luce ecc. Scrive a questo proposito il grecista austriaco Al-

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