La luce del futuro - volume B

Che fai tu, luna, in ciel? SPECCHI di CARTA Lungo i secoli, i poeti hanno lottato duramente contro un temibile mostro, che ha ricevuto molti nomi: inerzia, accidia, nausea, noia, apatia... un esperienza non riservata solo ai grandi geni della letteratura, ma comune a tutti e che ogni individuo può provare, spesso senza averne chiari i motivi e le origini. Che cosa fare quando si vive con uno stato d animo simile? Antidoti e soluzioni miracolose non ce ne sono: qualcuno preferisce arrampicarsi, risalendo a forza di braccia dal crepaccio in cui è ca- duto. Altri attendono pazienti che il malessere tolga il disturbo. Altri ancora resistono combattendo a viso aperto, confidando nelle proprie energie e nelle infinite e meravigliose risorse della vita. Montale, da parte sua, coglie nell apatia una possibilità di salvezza: se, in definitiva, non c è niente da perdere perché tutto rimane estraneo e indifferente è inutile agitarsi tanto, impaurirsi. Il bene è un esperienza rara, che ci scalda il cuore all improvviso, quasi per miracolo. GUIDA ALLA LETTURA Insofferenza cosmica Otto versi bastano a Montale per esporre il suo pensiero attraverso un architettura simmetrica e concisa. Le due quartine, infatti, presentano una struttura simile: a un affermazione iniziale, secca e perentoria, segue un elenco di tre immagini simboliche esemplari. Al v. 1 il poeta ci informa di essersi imbattuto nel male di vivere: un sentimento di dolore che caratterizza l intera vita, assumendo proporzioni cosmiche. L esperienza del disagio interiore è maturata nel tempo. Spesso: l avverbio di tempo, collocato in posizione di apertura, sottolinea la lunga consuetudine dell io lirico con tale condizione negativa, che è pervasiva e coinvolge tutti i livelli dell esistenza. Prove del disagio L elenco dei vv. 2-4 propone infatti tre manifestazioni concrete del male di vivere, ordinate secondo un climax ascendente. Le immagini si fanno via via più intense, secondo una progressione che conduce dal mondo inanimato a quello vegetale fino a quello animale: il ruscello che, per un ostacolo o una strozzatura, fatica a scorrere (v. 2); la foglia secca che si ripiega su sé stessa per via dell arsura (v. 3); il cavallo che piomba a terra per la stanchezza (v. 4). La scelta delle immagini sostituisce l argomentazione affidata alle parole e al discorso logico: secondo la tecnica del correlativo oggettivo , il poeta rappresenta il proprio stato d animo e la propria condizione esistenziale attraverso oggetti concreti che assumono un valore universale, evidente senza che siano necessarie ulteriori esplicitazioni. Anche il lessico e il tessuto fonico sembrano trasmettere l idea del malessere connaturato al fatto stesso di vivere: l uso di parole lunghe, aspre e poco poetiche (strozzato, gorgoglia, v. 2; incartocciarsi, v. 3; stramazzato, v. 4) crea infatti un senso di fatica e di agonia, come se anche i suoni fossero ostruiti o minacciati dalla sofferenza. Un vero miracolo? La seconda quartina si apre con un altra perentoria affermazione (vv. 5-6): l io lirico non ha conosciuto alcun tipo di esperienza positiva, se si esclude il prodigio offerto dalla divina Indifferenza. Che cosa intende Montale con questa enigmatica espressione, che contiene, oltretutto, una personificazione e un ossimoro? La divina Indifferenza indica un distacco imperturbabile dalle emozioni: tale condizione psicologica è detta prodigiosa perché permette all essere umano di placare la sua angoscia. Per non soccombere al patimento è necessario guardare il mondo con una certa distanza emotiva, evitando, cioè, di farsi coinvolgere a fondo dai casi della vita. 245

La luce del futuro - volume B
La luce del futuro - volume B
Poesia e teatro