La luce del futuro - volume B

I generi UNIT 2 La poesia dei luoghi come Giacomo Leopardi (1798-1837, T2, p. 116), hanno contemplato e descritto il mare, la luna, le stelle, cercando nei loro silenzi le risposte al significato dell esistenza, o semplicemente celebrando la bellezza di un cielo sereno notturno, di una tempesta che si abbatte sugli scogli, di un infinita distesa di azzurro. 110 Una foresta di simboli Su questa strada, nel secondo Ottocento si è andati oltre l idea che il mondo circostante potesse rispecchiare le passioni umane. La natura, ha scritto Charles Baudelaire (1821-1867) nel sonetto Corrispondenze, compreso nei Fiori del male, è un «tempio ove pilastri viventi / lasciano sfuggire a tratti confuse parole , è una «foresta di simboli dove si inoltra il poeta, nel tentativo di spingersi al di là delle apparenze, per cogliere il mistero della vita. Il primo poeta italiano capace di raccogliere con modalità originali questo modo di percepire la realtà è Giovanni Pascoli (1855-1912, Focus, pp. 138 ss.), che nei suoi versi rappresenta la vita rurale con estrema precisione, nominando puntualmente piante, alberi, animali. La sua però non vuole essere una semplice riproduzione della natura: egli infatti proietta su di essa i traumi della sua esistenza, e in particolare i lutti che ne hanno segnato la gioventù, trasponendoli in una serie di immagini ricorrenti, come quella del nido, emblema degli affetti domestici. Metamorfosi vegetali Altri poeti hanno preferito valorizzare il desiderio di immergersi e fondersi nella natura, adeguando il proprio respiro a quello dell universo. ciò che avviene nell Alcyone, dove Gabriele d Annunzio (1863-1938) trasfigura una meravigliosa estate trascorsa in Toscana. La pioggia nel pineto ( T3, p. 120) è uno dei molti componimenti in cui propone il tema della metamorfosi: il poeta e la sua compagna durante un acquazzone si inoltrano in un bosco a poca distanza dal mare, sperimentando a contatto con il verde un estasi panica (il dio Pan, nella mitologia greca, era un essere metà uomo e metà capra), ovvero l impressione di una felicità perfetta, derivante da una completa simbiosi con la natura. Dalla città alla riscoperta della natura Ovviamente, specie nel Novecento, non è mancato da parte dei poeti uno sguardo sullo spazio fondamentale per l uomo moderno, la città. Qui certamente non è possibile trovare la felicità serena e pacificata di un locus amoenus campestre, ovvero di un ambiente ideale e privo di tensioni. Ciò spiega l ambivalenza con cui i poeti hanno vissuto la nuova realtà urbana, oscillando tra orrore e attrazione,

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La luce del futuro - volume B
Poesia e teatro