IL CUBISMO

PABLO PICASSO

(1881-1973)

uno stile inconfondibile e innovativo

Geniale e talentuoso, Picasso è uno degli artisti più influenti del Novecento. Le sue opere rappresentano in modo inconsueto la realtà e si svincolano dalla tradizione, scandalizzando il mondo intero.

UNA LUNGA CARRIERA

Pablo Picasso nasce a Málaga, in Spagna. È figlio di un noto pittore e, fin da piccolo, dimostra grande talento, tanto che il padre lo iscrive a una prestigiosa scuola d’arte di Barcellona. Agli inizi del Novecento si trasferisce a Parigi, dove viene travolto dalle novità che allora circolano in città. Comincia a frequentare molti artisti e con alcuni di loro dà vita a nuovi movimenti partecipando attivamente a molte rivoluzioni artistiche del XX secolo, dal Cubismo all’Espressionismo, dal Surrealismo alla pittura di ispirazione sociale. Muore a Mougins, nel Sud della Francia.

IL PERIODO BLU

Durante i primi anni a Parigi, ispirato dalla pittura di impressionisti e postimpressionisti, Picasso attraversa due momenti pittorici ben distinti, poi identificati con i nomi di “periodo blu” e “periodo rosa”.

Usando una tavolozza di colori blu, nella prima fase affronta i temi della miseria, della sofferenza e della morte: sceglie fondi spogli, con pochi elementi decorativi, e semplifica le linee e i volumi delle figure.

La tela dedicata a  Célestine, la protagonista di un testo letterario spagnolo del XV secolo, appartiene a questa prima fase: mostra un’anziana vestita con un ampio mantello scuro abbottonato sul petto; la sua testa è coperta da un velo di pizzo che scende morbido sul collo. Lo sguardo, intenso nonostante l’occhio sinistro velato, si volge a un punto lontano.

Célestine è rappresentata in modo realistico, ma allo stesso tempo simbolico: è il colore unico del dipinto, nelle diverse gradazioni del blu, a rendere l’immagine quasi irreale ed enigmatica.

 pagina 449 

IL PERIODO ROSA

Nel secondo periodo, Picasso ricorre a una tavolozza di colori più chiari e più caldi, tendendo al rosa. Durante questa nuova fase, esprime una visione del mondo un po’ più ottimista, sebbene non ancora libera dal senso di angoscia e di malinconia.

All’epoca, tra il 1904 e il 1905, Picasso abita in una soffitta del quartiere parigino di Montmartre, dove ha modo di frequentare il Circo Medrano. Proprio agli artisti circensi (arlecchini, acrobati, buffoni e ballerine) Picasso dedica una serie di dipinti, che poi espone nella primavera del 1905 con il titolo di Saltimbanchi. Ma, a dispetto del tema gioioso, le opere del giovane Picasso non sono affatto allegre.

I personaggi hanno spesso sguardi assenti e occhi persi nel vuoto, che trasmettono una profonda solitudine. Persino le tinte pastello, sui toni caldi del rosa, sono velate di tristezza.

A questo periodo appartiene la  Famiglia di saltimbanchi, che ritrae un gruppo di circensi in un paesaggio senza tempo dominato da un cielo azzurro.

Vi sono cinque personaggi: a sinistra, un arlecchino che tiene per mano una bambina, un uomo corpulento con una tuta rossa e un ragazzo in costume che trasporta sulla spalla un contenitore cilindrico; al centro, un bambino rivolge lo sguardo verso la donna seduta sulla destra. Ogni figura sembra isolata e chiusa in sé stessa. Il senso di solitudine e di emarginazione è ribadito dal paesaggio, desolato e brullo.

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UN DIPINTO RIVOLUZIONARIO

Il rosa è il tono dominante anche nelle  Demoiselles d’Avignon, un’opera del 1907. Ma è evidente che qui l’artista ha intrapreso una strada nuova: la composizione semplice delle figure, che hanno contorni spigolosi e geometrici, fa già riferimento al Cubismo.

Nel dipinto cinque donne nude sono in posa davanti a una tenda azzurra dai bordi “taglienti” che, a tratti, si intreccia con i loro corpi. Le due donne al centro hanno volti quasi realistici, mentre le altre hanno tratti così semplificati da ricordare le maschere africane, grande passione di Picasso. Le figure sono scomposte, con gli arti, il busto e i volti trattati come solidi (“cubi” appunto) che si incastrano l’uno nell’altro.

In primo piano, in basso, si scorge anche un tavolino con un’essenziale natura morta.

Oggetti e figure sono bidimensionali, piatti: la prospettiva, infatti, è totalmente stravolta e i diversi piani della rappresentazione si sovrappongono, non esistono più uno sfondo e un primo piano. Ogni soggetto viene presentato da diversi punti di vista che vengono poi ricomposti sulla tela.

Quest’opera è considerata uno “spartiacque” nella storia dell’arte, l’inizio di una nuova epoca. Tuttavia, non ne viene compresa subito la portata rivoluzionaria: una volta resa pubblica, infatti, la tela lascia sconcertati tutti, persino gli amici dell’artista più aperti e disinvolti. Viene giudicata “immorale”, tanto che rimarrà per moltissimi anni nello studio di Picasso a Montmartre, a Parigi.

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Picasso e l’arte africana

Nel 1907 si apre a Parigi la prima grande mostra di arte africana

È un successo incredibile! Sono moltissimi gli artisti a visitare l’esposizione e a subirne il fascino: da quel momento le loro opere cominciano a mostrare i segni dell’influenza di quest’arte. Anche Picasso rimane profondamente colpito dal “primitivismo” delle sculture africane e dalla loro semplificazione delle forme. 

Il critico Max Jacob racconta che, dopo la scoperta dell’arte africana a casa di Matisse, Picasso passa intere giornate a disegnare «una faccia di donna, con un naso troppo lungo e confuso con la bocca [e] una ciocca di capelli sulla spalla». Le parole del critico ci ricordano alcuni volti delle Demoiselles d’Avignon, che sembrano tradurre in pittura i tratti, sintetizzati e apparentemente elementari, delle maschere africane, come quella congolese Hongwe.

Storie della Storia dell’arte - volume B
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Dalle origini a oggi