La rivoluzione agricola avvenuta nella mezzaluna fertile aveva favorito la nascita delle prime comunità sedentarie: al contrario dei nomadi, costretti a spostarsi periodicamente alla ricerca di nuove zone più ricche di risorse naturali dopo aver sfruttato ed esaurito quelle del luogo, gli agricoltori-allevatori costituirono comunità stabili. La produzione di cereali, però, dipendeva dal regime delle piogge ed era perciò limitata; nei periodi di siccità, infatti, si riduceva in modo sensibile, tanto da minacciare la sussistenza dei gruppi di agricoltori. Questo tipo di sfruttamento dei campi, strettamente legato alle piogge, è stato definito agricoltura pluviale. Nei millenni successivi, nella zona che oggi viene definita Vicino Oriente, si verificò un importante cambiamento. Qui, infatti, l’agricoltura ricevette un notevole impulso grazie all’abbondante disponibilità di acqua garantita dalla vicinanza di grandi bacini fluviali.
2.1 I GRANDI FIUMI E LE PRIME CITTÀ
LEZIONE 2.1 – I GRANDI FIUMI E LE PRIME CITTÀ
La fertilità dall’acqua dei fiumi
Il Vicino Oriente era caratterizzato da un territorio pianeggiante e da un clima arido; l’acqua piovana non era dunque sufficiente allo sviluppo dell’agricoltura. Con le piogge stagionali, però, aumentava di molto la portata dei grandi fiumi che, straripando, coprivano temporaneamente i terreni di un fango ricco di sostanze minerali e organiche (microrganismi, resti di piante e animali), efficace come fertilizzante naturale. Sebbene nel periodo delle piene i campi fossero inondati, e dunque non coltivabili, non appena le acque si ritiravano i terreni fangosi risultavano estremamente produttivi e fornivano raccolti molto più abbondanti di quelli ottenuti con l’agricoltura pluviale. Per la centralità che i fiumi ebbero nel loro sviluppo, le comunità insediate in queste aree sono state definite civiltà fluviali.
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Civiltà
Il termine “civiltà” deriva dal latino civilitas, a sua volta derivazione dell’aggettivo civilis, che indica ciò che è inerente alla civitas, la città, e al civis, il cittadino. In questo senso, la civiltà è dunque qualcosa che si contrappone sia alla campagna, ai luoghi esterni alle città, ma anche, in senso più generale, a ciò che veniva percepito come barbarie, cioè non evoluto, arretrato, rozzo.
Gli storici, ma anche altri studiosi come i sociologi e gli antropologi, danno oggi al termine “civiltà” un significato più neutro, privo cioè di un implicito giudizio che tende a dividere i popoli in due categorie, “evoluti” e “primitivi”: per civiltà si intende la forma particolare in cui si esprime la vita materiale, sociale, culturale e spirituale di un popolo, sia durante la sua intera esistenza, sia in un particolare periodo della sua evoluzione nella storia.
Nella storia del Vicino Oriente, il termine “civiltà” viene usato per designare quelle culture che costruirono le prime società complesse, di solito a partire da una città-Stato e costituendo talvolta vasti domini regionali e i primi “imperi”. La più antica delle civiltà del Vicino Oriente di cui ci restano testimonianze è quella sumera.
Al giorno d’oggi, “civiltà” può essere anche inteso come un sinonimo di cortesia e buona educazione, e cioè l’insieme delle regole e delle convenzioni che rendono “civile” il modo di vivere delle persone.
La valle del Tigri e dell’Eufrate
Tra il IV e il III millennio a.C., nell’attuale Iraq, nella parte meridionale della Mesopotamia, la regione compresa tra i grandi fiumi Tigri ed Eufrate (in greco Mesopotamia significa proprio “tra i fiumi”), si svilupparono insediamenti umani che per primi raggiunsero livelli molto elevati di sviluppo economico, civile e culturale grazie all’impiego delle acque fluviali a scopi agricoli. Questi insediamenti si trovavano nella regione prossima alla foce dei due fiumi, abitata da una popolazione di origine incerta, che si definiva Sagig (“popolo dalla testa nera”) e chiamava il proprio paese Kengir (“terra dei nobili signori”). Il nome dato in epoca successiva alla loro lingua, Sumer, è passato a indicare il loro paese e i suoi stessi abitanti (“Sumeri”).
La ricchezza dei fiumi e del fertile fango che trasportavano, tuttavia, non poteva essere sfruttata dai Sumeri senza la realizzazione di imponenti opere di contenimento e di canalizzazione delle acque. Le piene del Tigri e dell’Eufrate, infatti, erano violente e improvvise e potevano causare grandi danni alle coltivazioni. Inoltre, la loro influenza si limitava alle zone limitrofe al fiume, poiché le acque non raggiungevano i terreni più lontani dalle rive. Per far fronte a questi problemi, i Sumeri impararono a regolare il flusso dei grandi fiumi: costruendo argini, dighe e canali riuscirono a convogliare le piene e a irrigare campi che altrimenti sarebbero rimasti sempre aridi. I canali e gli altri lavori idraulici consentirono inoltre di bonificare le zone paludose, cioè di prosciugarle, rendendole così produttive. È per questo motivo che si parla di civiltà idrauliche, proprio per la loro capacità di sfruttare e regolare le acque.
L’agricoltura irrigua
Ebbe inizio, in questo modo, una nuova forma di coltivazione dei campi, definita agricoltura irrigua, cioè realizzata tramite l’irrigazione, che determinò un aumento della produzione agricola garantendo maggiore benessere alle popolazioni locali, che potevano ora disporre di grandi quantità di cereali, in particolare orzo e grano. L’agricoltura irrigua permise inoltre la produzione di legumi.
I primi insediamenti permanenti dell’epoca neolitica erano caratterizzati da strutture abitative di dimensioni contenute. Le migliorate condizioni di vita determinarono però un’importante crescita della popolazione; di conseguenza i centri abitati delle valli dei grandi fiumi subirono una profonda trasformazione economica e sociale, che pose le basi per la nascita delle prime città.
Dai villaggi alle città
I nuovi centri abitati avevano caratteristiche diverse da quelle tipiche dei villaggi neolitici:
- erano innanzitutto più vasti, poiché lo ▶ sviluppo demografico aveva reso necessaria l’estensione delle abitazioni, realizzate con materiali più solidi e duraturi rispetto a quelli impiegati per le capanne neolitiche;
- erano circondati da mura, innalzate allo scopo di difendere le scorte alimentari dagli assalti dei popoli nomadi;
- erano ricchi, e il loro magazzino rappresentava il centro politico, economico e religioso della comunità.
Questi centri abitati, sia dal punto di vista della struttura territoriale, sia per quanto riguarda l’organizzazione sociale, erano paragonabili ai grandi centri urbani moderni: erano sorte le prime città della storia. Tra le più importanti si ricordano Eridu, Nippur, Ur, Uruk, Kish e Lagash.
In queste città e nei loro territori limitrofi venivano svolte tutte le attività necessarie alla vita e allo sviluppo della comunità: la produzione di cereali, la realizzazione di utensili e di strumenti di lavoro, la vendita delle merci importate dai mercanti, l’amministrazione dei beni del magazzino e il controllo militare dei confini. Erano quindi, in realtà, delle comunità urbane che esercitavano una forte influenza sul territorio circostante, di cui rappresentavano il centro; per questo motivo gli storici le hanno definite città-Stato.
La sacralità dei magazzini
Nelle città della Mesopotamia, i cereali in eccedenza, ossia il “tesoro” della comunità, venivano portati al magazzino. Per questo motivo, i magazzini acquisirono un valore immenso, fino a diventare luoghi sacri. Come nelle comunità neolitiche si offrivano le primizie alle divinità per assicurarsi il loro favore e dunque la fertilità dei terreni coltivati, così per le civiltà fluviali la consegna dei prodotti dei campi ai magazzini divenne a tutti gli effetti un’offerta sacra, capace di garantire un futuro di benessere a tutta la popolazione. Il magazzino si trasformò in un tempio e divenne il centro della comunità, spesso assieme al palazzo dove risiedeva il sovrano. La persona incaricata di custodire le riserve di cereali, in virtù del controllo che esercitava sulle risorse economiche, con il tempo acquisì grande prestigio, fino a diventare di fatto il capo della comunità. I custodi del tempio-magazzino divennero membri della classe sacerdotale e iniziarono a svolgere anche compiti amministrativi e politici: nelle prime comunità mesopotamiche troviamo quindi le figure dei re-sacerdoti.
La stratificazione sociale delle città-Stato
L’organizzazione sociale di queste prime città era molto più articolata e complessa rispetto a quella dei villaggi neolitici. Grazie alla ricchezza derivata dall’abbondanza dei cereali, una parte della popolazione poteva dedicarsi ad altre attività oltre che alla coltivazione dei campi. Si svilupparono perciò mestieri diversi, generando di fatto una differenziazione dei ruoli sociali, in quanto, in base al prestigio del loro compito, gli individui occupavano posti diversi nella scala gerarchica della società.
Gli artigiani producevano armi, attrezzi per l’agricoltura, utensili per i lavori domestici; i mercanti vendevano i prodotti provenienti da terre lontane, ottenuti dallo scambio con i cereali; probabilmente gruppi stabili di soldati si occupavano della difesa della città dagli assalti delle popolazioni nomadi, un compito che inizialmente era stato svolto dai contadini.
Ai vertici della società si trovavano i capi politici e religiosi: i re-sacerdoti, coadiuvati nei loro compiti da una classe di funzionari. Tra questi ultimi un ruolo importante era svolto dagli scribi, che prendevano nota delle quantità di cereali in entrata e in uscita dai magazzini per le esigenze alimentari o come merce di scambio. In questo modo era possibile avere sempre a disposizione una specie di registro delle attività del magazzino, mentre chi aveva consegnato i cereali poteva ottenere una “ricevuta”.
La maggior parte della popolazione rimaneva comunque impegnata nello svolgimento delle attività agricole: erano infatti i contadini a fornire i beni primari, indispensabili alla vita di tutta la comunità. Con il passare del tempo i sacerdoti e la classe dei funzionari acquisirono un potere effettivo sempre più vasto, mentre i contadini continuarono a svolgere il lavoro agricolo senza possedere la proprietà della terra né la gestione dei suoi prodotti.
L’organizzazione politica delle città-Stato
L’aumento della popolazione e l’estensione dei territori controllati dalle città-Stato rendevano necessario un coordinamento più efficace da parte di chi deteneva il potere politico. L’estensione territoriale richiedeva inoltre sia una maggiore organizzazione militare, sia una più attenta amministrazione delle attività economiche, attraverso la raccolta e l’immagazzinamento dei beni alimentari e la gestione dei prodotti artigianali e delle merci importate tramite i commerci.
Nelle città-Stato il re-sacerdote rappresentava allo stesso tempo il capo religioso (in quanto sommo sacerdote era considerato il tramite tra gli uomini e gli dèi, oltre che il garante del sostegno divino alla prosperità della città), politico (nella sua qualità di re), militare (in quanto capo dell’esercito), amministrativo (per i compiti di giudice che svolgeva) ed economico (a lui spettava, infatti, il coordinamento dei lavori idraulici e delle attività dei magazzini). Il sovrano era affiancato da una classe di funzionari che svolgevano compiti di comando ed erano in grado di influenzare le sue scelte nei diversi ambiti dell’amministrazione statale. Essi avevano un ruolo di prestigio all’interno delle società, sia per ricchezza sia per rango, e si distinguevano nettamente dal resto della popolazione: il loro gruppo sociale costituisce il primo esempio storico di affermazione della nobiltà.
La stabilità economica e politica delle città sumere dipendeva dalla fertilità dei campi: se la gestione delle acque dei grandi fiumi non era eseguita in modo adeguato, si rischiavano inondazioni o, al contrario, periodi di siccità che avrebbero comportato carestie, causando un impoverimento delle città. Una situazione di crisi economica, a sua volta, avrebbe potuto favorire scontri sociali o ribellioni della parte più povera della popolazione. Anche l’organizzazione dell’esercito diventò, quindi, fondamentale: il comandante dei guerrieri, in origine scelto direttamente dal re-sacerdote, acquisì sempre più importanza, fino a conquistare di fatto il controllo politico della comunità. Poco alla volta, le città-Stato si trasformarono così in veri e propri regni, che giunsero in alcuni casi a estendere il proprio controllo su vaste aree di territorio, sottomettendo al potere illimitato del sovrano diverse popolazioni. A proposito di questi ultimi, gli storici usano talvolta il termine “imperi”.
STORIA & TECNICA
L’invenzione della ruota
L’economia delle civiltà fluviali fu caratterizzata dall’integrazione tra le attività artigianali e lo sviluppo commerciale, come testimonia una delle più importanti invenzioni della storia: la ruota.
Per i trasporti via terra, fino al VI millennio a.C. si utilizzava esclusivamente il dorso degli animali (asini, cavalli, cammelli, buoi). In seguito furono inventate slitte di legno, che venivano trainate dagli animali da tiro; a causa dell’attrito con il terreno, però, questi mezzi erano lentissimi e gli spostamenti risultavano molto difficoltosi, soprattutto in caso di carichi pesanti. Quando fu introdotta la ruota di legno, si verificò dunque una grande trasformazione: riducendo in gran parte l’attrito con il terreno grazie al rotolamento, la ruota consentiva di far trainare dagli animali anche carichi molto pesanti, a velocità nettamente superiori.
Le prime testimonianze dell’uso della ruota risalgono alla seconda metà del IV millennio a.C., in Mesopotamia; furono infatti i Sumeri a impiegare per primi questa straordinaria novità, che rivoluzionò i trasporti e favorì notevolmente le attività commerciali. Secondo gli storici, l’idea di utilizzare la ruota per il trasporto dei carichi derivò dal tornio, impiegato dai vasai per modellare i recipienti realizzati con la ceramica. Questo strumento era costituito da un piatto girevole che permetteva di dare agevolmente la forma desiderata all’impasto di argilla postovi sopra, prima della cottura nel forno. Fu il moto rotatorio del tornio, forse, a suggerire agli artigiani sumeri l’idea di trasferire il movimento ai carri da trasporto, attraverso l’impiego di ruote di legno. Oppure, l’idea della ruota, i cui primi esemplari erano a disco pieno, potrebbe essere scaturita dall’osservazione dei tronchi degli alberi che rotolano. D’altra parte, le prime ruote erano appunto ricavate da sezioni di tronchi di albero nelle quali veniva praticato un foro centrale per l’inserimento di un perno.
Il carro divenne ben presto importantissimo per lo sviluppo della civiltà sumera, anche in ambito militare, come afferma lo storico australiano Vere Gordon Childe:
«Il loro primissimo uso, meglio accertato dai reperti archeologici, fu come macchina da guerra e come carro funebre per il trasporto delle salme reali alle loro tombe. I primi veri veicoli che siano giunti fino a noi sono i carri funebri sepolti insieme con gli animali da tiro e coi servi nelle tombe reali di Kish, Susa e Ur. Prima del 2500 a.C. la sepoltura insieme col carro funebre era divenuta una prerogativa dei re della Mesopotamia. […] Sembra che il veicolo su ruote si associasse, sin dall’inizio, con la regalità, e che questo concetto si sia diffuso con la ruota. Tuttavia già prima del 3000 a.C. il veicolo su ruote era usato anche come macchina militare. I carri da guerra furono indubbiamente un’arma decisiva nella guerra sumerica prima e dopo il 2500 a.C. […]; si trattava di una macchina che solo i ricchi Stati civilizzati potevano permettersi di produrre e contro cui nessuna tribù barbara o contado ribelle poteva osare competere».
V.G. Childe, “Il moto rotatorio”, in Storia della tecnologia, Torino, Boringhieri 1961
Il potere dall’alto
Le città-Stato sumere erano dominate dalle ziqqurat (dall’antico mesopotamico zaqaru, “luogo alto”), cioè da templi costruiti su luoghi elevati. Questi edifici avevano molteplici funzioni:
- erano osservatori astronomici, dai quali i sacerdoti potevano studiare i fenomeni celesti e naturali, oltre che osservare il corso dei fiumi per prevederne in tempo utile le piene;
- costituivano efficaci torri di avvistamento, dalle quali era possibile accorgersi dell’arrivo di nemici o dell’insorgere di disordini e rivolte popolari all’interno della città;
- sulla loro sommità ospitavano il tempio, che rappresentava il centro politico e religioso della città; data la sua posizione elevata, il tempio era ben protetto dalle piene improvvise e dagli attacchi dei nemici;
- nei livelli più bassi fungevano da magazzini.
La nascita della scrittura
La gestione delle merci custodite nei magazzini era un’operazione complessa e delicata, che portò alla prima forma di scrittura, ancora rudimentale – viene chiamata infatti protoscrittura, dal greco protos (“primo”, “predecessore”) –, costituita da immagini impresse sull’argilla per indicare il prodotto conservato e la quantità consegnata.
Registrare e comunicare
Per essere sicuri che le riserve fossero sempre sufficienti, i funzionari del magazzino, gli scribi, registravano i prodotti in entrata e in uscita. Come ricevuta, rilasciavano ai contadini delle pallottole di argilla, le “bulle”, che contenevano pietruzze di forma diversa corrispondenti alla quantità e ai tipi di merce consegnata. Un sigillo, apposto dal funzionario sulle bulle prima che venissero essiccate al sole, ne impediva la manomissione: solo rompendole se ne poteva verificare il contenuto. Poco alla volta, per comodità, gli scribi iniziarono a incidere sulla superficie delle bulle anche i simboli grafici delle pietruzze che si trovavano all’interno: in questo modo non era più necessario romperle. Il passaggio successivo fu la sostituzione delle bulle con tavolette di argilla, che riportavano i segni incisi dagli scribi. Furono queste le prime forme di comunicazione scritta, comparse in Mesopotamia intorno al 3500 a.C., epoca a cui gli storici fanno risalire la nascita della scrittura e il passaggio dalla preistoria alla storia.
In quel periodo, l’organizzazione delle civiltà fluviali stava diventando più complessa, e le conoscenze e le notizie che un tempo si tramandavano oralmente erano sempre più numerose. Nacque dunque la necessità di trovare un metodo di comunicazione efficace, che consentisse di trasmettere sempre più informazioni e di conservarle più a lungo. Il sistema elaborato dagli scribi mesopotamici per registrare le merci si dimostrò adatto anche a questo scopo.
Dai pittogrammi agli ideogrammi
Le prime forme di scrittura erano dunque dei simboli grafici: disegni, definiti ▶ pittogrammi, che indicavano prodotti o merci immagazzinate. I pittogrammi non hanno valore fonetico, ossia non rappresentano il nome dell’oggetto, ma l’oggetto in sé e per sé: il disegno di una spiga, per esempio, indicava i cereali; una testa di bue o di ariete stava per un capo di bestiame e così via. L’incisione dei pittogrammi sulle tavolette di argilla era però piuttosto laboriosa; risultava più comodo trasformarli in segni stilizzati. Nacquero così gli ▶ ideogrammi, tra il 2500 e il 2000 a.C. Questa evoluzione non riguardò soltanto le forme dei segni, ma anche ciò che essi rappresentavano dal punto di vista del significato: la scrittura ideografica, infatti, non fu utilizzata unicamente per indicare oggetti concreti, ma anche concetti astratti. L’ideogramma dei piedi, per esempio, indicava una parte del corpo umano, ma anche il concetto di viaggio. Questa forma di scrittura – ancora oggi utilizzata in alcuni Paesi asiatici, come Cina e Giappone – contava un numero elevatissimo di ideogrammi, che rappresentavano tutti i termini e i concetti espressi dalla lingua parlata. Per questo motivo, la scrittura ideografica era molto difficile da imparare ed era conosciuta soltanto dai membri della classe sacerdotale, che custodivano gelosamente le loro conoscenze e le tramandavano di generazione in generazione solo all’interno delle loro famiglie. I sacerdoti, impedendo alle altre classi sociali di istruirsi, si assicuravano un ruolo dominante nella società, mentre chi non sapeva né leggere né scrivere doveva dipendere dagli scribi per ogni rapporto con l’amministrazione statale o con la giustizia.
La scrittura sillabica e i caratteri cuneiformi
Nel II millennio a.C., con l’espansione dei commerci, la nascita di vasti imperi e i contatti con popoli sconosciuti, si diffuse la necessità di un sistema di comunicazione meno complicato. Si affermò così l’uso di una scrittura in cui ogni segno non aveva più un significato particolare, ma rimandava al suono, o fonema, di una sillaba: mettendo in sequenza i simboli di diversi suoni sillabici era possibile scrivere parole intere e di senso compiuto. In questo modo era sufficiente conoscere poche decine di segni (corrispondenti a tutti i suoni della lingua parlata) per riuscire a scrivere con facilità tutte le parole, senza dover imparare il numero elevato di simboli tipico delle scritture ideografiche.
La scrittura ▶ fonografica o sillabica si diffuse in tutto il Vicino Oriente a partire dal 1600 a.C. circa e favorì una profonda trasformazione sociale, perché era più facile da imparare e da usare.
Crebbe così il numero di individui che sapevano leggere e scrivere e, anche se la maggioranza della popolazione restava del tutto analfabeta, per la prima volta gruppi sociali diversi dalla classe sacerdotale – in particolare i mercanti – poterono conoscere e utilizzare la scrittura. Questo mutamento ridusse a poco a poco l’influenza economica, culturale e politica dei sacerdoti.
In Mesopotamia, agli inizi del I millennio a.C., l’evoluzione della scrittura sillabica fu accompagnata dall’elaborazione di segni ancora più stilizzati. Questa scrittura è stata definita cuneiforme, poiché il bastoncino utilizzato per incidere le tavolette d’argilla produceva un’impronta a forma di cuneo.
IN SINTESI
L’agricoltura irrigua
- Costruzione di opere idrauliche per regolare il flusso delle acque dei fiumi
- Acqua disponibile anche in campi lontani
- Bonifica delle zone paludose
- Aumento e diversificazione della produzione
Villaggi neolitici
- Piccole dimensioni
- Capanne
- Uguaglianza sociale
Prime città-Stato (Eridu, Nippur, Ur, Uruk)
- Dimensioni maggiori
- Case solide
- Mura difensive
- Magazzini
- Suddivisione del lavoro
- Stratificazione sociale
Le funzioni della ziqqurat
- Scientifica (osservatorio astronomico)
- Militare (torre di avvistamento)
- Religiosa e politica (tempio)
- Economica (magazzino)
GUIDA ALLO STUDIO
- Quale ruolo svolsero i fiumi nello sviluppo delle civiltà fluviali?
- Da che cosa nasce l’esigenza di realizzare opere idrauliche lungo il corso dei fiumi? Quali vantaggi ne derivano?
- Che cosa si intende con l’espressione “agricoltura irrigua”? In che cosa si differenzia da quella pluviale?
- In quale area geografica e perché nacquero i primi centri urbani?
- Quali erano le differenze tra le prime città e i villaggi neolitici?
- Perché i magazzini erano considerati luoghi sacri?
- Come erano organizzate la città-Stato sumere?
- Perché le ziqqurat venivano costruite in luoghi elevati? Quali funzioni avevano?
- In quale area geografica nacque la scrittura? Quando e per quale funzione?
- Quale evoluzione subirono i sistemi di scrittura e quali conseguenze sociali determinarono?
Tempo, spazio, storia - volume 1
Dalla Preistoria alla crisi di Roma repubblicana