In seguito alla conquista del Mediterraneo, a trarre vantaggio dal grande afflusso di ricchezza proveniente a Roma dalle province furono solo i ceti sociali più ricchi, inseriti nel sistema politico o nella gestione economica degli affari dello Stato. La gran parte della popolazione, al contrario, subì gli effetti di una grave crisi economica dovuta alle guerre che si erano succedute per circa un secolo e che colpì soprattutto i piccoli proprietari terrieri dell’Italia centromeridionale.
13.1 SCONTRI TRA GRUPPI SOCIALI
LEZIONE 13.1 – Scontri tra gruppi sociali
Contadini e proletari
I piccoli agricoltori erano già stati danneggiati dall’occupazione cartaginese della penisola, durante la seconda guerra punica. Le lunghe campagne militari successive, inoltre, avevano trattenuto per anni lontano dall’Italia una parte consistente del ceto contadino italico che, al ritorno, si era ritrovato privo di mezzi per lavorare i propri appezzamenti di terra.
Per sfuggire alla miseria delle campagne, molti contadini si trasferirono quindi a Roma, dove si unirono alle masse del proletariato urbano. Poveri e costretti a vivere di espedienti, i proletari erano inevitabilmente indotti a diventare clienti di uomini ricchi e senza scrupoli che, attraverso la corruzione, miravano alle più alte cariche politiche. Essendo cittadini romani, infatti, i proletari potevano partecipare ai comizi e all’elezione delle magistrature, che i cittadini più abbienti controllavano ottenendo il loro appoggio in cambio di donazioni di denaro o di false promesse elettorali. Il sistema garantiva la sopravvivenza di una parte del proletariato urbano, ma contribuiva a diffondere la corruzione nella vita politica romana.
I rischi politici e sociali della crisi
La crisi dei piccoli proprietari terrieri non era solo un problema di disuguaglianza sociale; rischiava infatti di causare gravi conseguenze anche nella società romana e nella tenuta delle istituzioni statali e dell’esercito. La miseria del proletariato urbano era in primo luogo una minaccia all’ordine pubblico. Per evitare che il malcontento della popolazione degenerasse in pericolose rivolte sociali, lo Stato organizzava frequenti elargizioni pubbliche di grano o di denaro per la plebe di Roma. Erano previsti anche spettacoli gratuiti, che contribuivano a distrarre la popolazione dai problemi quotidiani e a diffondere tra l’opinione pubblica una fittizia sensazione di benessere.
La crisi dei piccoli contadini aveva avuto pesanti ripercussioni anche sull’organizzazione dell’esercito, riducendo sensibilmente il numero dei soldati arruolati. Ricordiamo che i soldati dovevano provvedere a loro spese all’equipaggiamento militare e non ricevevano una paga, per cui solo i cittadini che possedevano un certo reddito erano ammessi nelle centurie dell’esercito, mentre coloro che cadevano in miseria e diventavano proletari erano esentati dal servizio militare. Tuttavia, senza nuove conquiste e senza un rigido controllo delle province, l’afflusso di ricchezze a Roma avrebbe potuto interrompersi, con conseguenze nefaste per le finanze statali e la coesione sociale della città.
I vantaggi per i senatori
La crisi economica dei contadini aveva favorito i grandi proprietari terrieri che, oltre ai territori confiscati ai nemici dopo le guerre in Italia, avevano acquistato i poderi venduti dagli agricoltori caduti in miseria. I grandi proprietari, inoltre, erano membri dell’aristocrazia senatoria, e in quanto tali nominavano i proconsoli e i propretori che governavano le province, scegliendoli tra i magistrati che avevano terminato il loro mandato annuale. A differenza delle magistrature tradizionali, questi incarichi potevano essere di lunga durata, e di conseguenza molto ambiti per il prestigio e le possibilità di guadagni che garantivano. Nella speranza di essere scelti come governatori, consoli e pretori erano portati ad allinearsi alla linea politica del senato durante il periodo del loro incarico. Ai senatori era riservata anche la scelta dei giudici dei tribunali speciali che esaminavano i reati commessi nelle province. Per questo motivo, era difficile che condannassero un membro dell’élite senatoria, mentre erano inflessibili con i pubblicani e i membri dell’ordine equestre, le cui ricchezze insidiavano il primato politico del senato.
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Popolo
Con il termine “popolo” si indica il complesso degli individui che abitano uno stesso Paese e che, avendo lingue, storie, tradizioni e spesso anche religioni e identità etnica in comune, danno vita a una comunità dotata di una propria identità. Nella storia di Roma antica, il populus era, insieme al senato, una delle due componenti fondamentali alla base della repubblica, secondo la celebre formula senatus populusque romanus (il senato e il popolo di Roma), riassunta nell’acronimo SPQR.
L’antica e tradizionale distinzione, all’interno della società romana, tra patrizi e plebei, e cioè tra gli aristocratici e il resto della popolazione, divenne progressivamente inadeguata per descrivere una situazione in rapido cambiamento, con l’ascesa di gruppi sociali emergenti provenienti dalle fila dei ricchi mercanti, ma anche con le richieste di maggior peso politico da parte delle popolazioni italiche, dei cavalieri e degli homines novi, non appartenenti cioè all’aristocrazia senatoria. Le recriminazioni e le richieste della plebe di Roma si fecero, allo stesso tempo, molto più pressanti, diventando una componente fondamentale della lotta politica.
Fino a noi
Con il passare dei secoli, soprattutto nell’età moderna (1492-1848), è emersa una differenza sostanziale tra “popolo” e “plebe”: il popolo stava a indicare la parte più consapevole della popolazione, formata da quelle élite economiche e culturali che reclamavano maggior peso politico e la fine dei privilegi di clero e nobiltà (ricchi mercanti, avvocati, medici, insegnanti e così via); la plebe, invece, era costituita dagli strati più bassi e più poveri della popolazione, una massa spesso vista e descritta in tono apertamente negativo, sprezzante e derisorio. Il significato che ancora oggi noi diamo al termine “popolo”, cioè un insieme di individui che tutti insieme formano un’unità, una nazione, fu elaborato nel Settecento e fatto proprio dalla Rivoluzione francese per poi ispirare il clima politico e intellettuale dell’Ottocento, con la diffusione del Romanticismo e dei moti rivoluzionari per l’indipendenza e l’unificazione nazionale in vari Paesi in Europa e nelle Americhe.
Ottimati e popolari
La nobiltà romana, tuttavia, era divisa al suo interno in due ▶ fazioni:
- i senatori più intransigenti nella salvaguardia dei propri privilegi, arroccati nella difesa dei loro patrimoni e nel mantenimento del potere, erano definiti ottimati (in latino optimates da optimi, “i migliori”, termine con la stessa valenza di áristoi nella Grecia arcaica), che si ritenevano discendenti dalle famiglie che hanno fondato Roma;
- i popolari (in latino populares, da populo, “popolo”), invece, erano per lo più senatori di origine plebea, i cosiddetti homines novi (uomini nuovi), ma anche patrizi più progressisti che sostenevano la necessità di introdurre riforme sociali a favore della plebe, consapevoli che, se le classi più povere non si fossero risollevate dalla loro drammatica situazione economica, anche l’esercito si sarebbe indebolito e Roma non avrebbe più beneficiato dell’afflusso di ricchezze necessarie per mantenere la sua complessa organizzazione statale.
Il sostegno dei popolari alle istanze delle fasce più povere era mosso quindi dalla consapevolezza dei rischi che lo Stato romano – e dunque la stessa nobiltà – avrebbe corso se non fossero state attuate le riforme necessarie. Il partito dei popolari era sostenuto anche dai membri dell’ordine equestre, che, avversati dagli ottimati, cercavano nei popolari una sponda politica alle loro istanze e ai loro interessi economici e finanziari.
GUIDA ALLO STUDIO
- Da che cosa fu causata la crisi agraria che colpì i piccoli proprietari terrieri?
- Quali rischi per lo Stato romano comportava questa crisi?
- Quali ceti componevano la società romana del II secolo a.C.?
- Quali fazioni si contrapponevano nella nobiltà romana?
Tempo, spazio, storia - volume 1
Dalla Preistoria alla crisi di Roma repubblicana