1.2 DA HOMO HABILIS A HOMO SAPIENS

LEZIONE 1.2 – DA HOMO HABILIS A HOMO SAPIENS

Homo habilis: la prima specie umana

Gli scienziati hanno denominato la prima specie umana Homo habilis (dal latino habeo, “sono capace”), perché era in grado di realizzare rudimentali strumenti di pietra, i cosiddetti ▶ chopper, pietre scheggiate e quindi taglienti ottenute colpendo tra loro alcuni ciottoli. Nonostante recenti scoperte abbiano dimostrato che l’australopiteco faceva uso di utensili già 1 milione di anni prima della comparsa dell’Homo habilis, la distinzione tra le due specie resta valida per motivi anatomici, per esempio per la differente dimensione del cranio. Con questi strumenti, gli esseri umani potevano spezzare o raschiare il legno e altri materiali o staccare con facilità la carne dalle carcasse degli animali. Gli studiosi hanno infatti ipotizzato che la dieta dell’Homo habilis fosse costituita in rilevante quantità da carne, ricca di proteine e calorie; questo spiegherebbe come questa specie abbia progressivamente sviluppato cervelli di dimensioni più grandi, che richiedevano un apporto energetico maggiore. L’espansione dei primi gruppi di Homo habilis era però ancora strettamente legata alle risorse presenti nell’ambiente: quando un territorio era stato sfruttato oltre misura e non era più in grado di fornire cibo sufficiente, il gruppo doveva spostarsi in cerca di condizioni migliori. Si trattava pur sempre di una specie che si nutriva di carogne o carcasse, frutta e forse tuberi, quindi non ancora dedita a caccia e raccolta. Questo stile di vita, basato sulla periodica migrazione delle comunità umane, è definito nomadismo.

L’evoluzione del genere Homo

L’immagine mostra il “cespuglio evolutivo”, che rappresenta la nuova teoria dell’evoluzione umana. Fino a pochi anni fa il modello evolutivo prevalente presentava lo sviluppo delle diverse specie di ominidi in maniera lineare, ossia come una sequenza che progredisce fino ad arrivare a noi. La nuova teoria mostra invece che il percorso dell’evoluzione del genere Homo somiglia piuttosto a un cespuglio, fatto di ramificazioni che si sono sviluppate anche in modo indipendente le une dalle altre.

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TRECCANI #leparolevalgono

Preistoria

Con la comparsa del genere Homo inizia la Preistoria, il lungo periodo della storia umana che precede l’invenzione della scrittura, avvenuta in momenti diversi nei vari contesti geografici, in un arco di tempo che va dal 3500 al 2000 a.C. circa. Secondo il criterio basato sulla datazione dei manufatti di pietra, la Preistoria viene convenzionalmente divisa in tre periodi:

  • il Paleolitico (dal greco palaiós, “antico”, e líthos, “pietra”) o “età della pietra antica”, che va da 2,5 milioni di anni fa (comparsa di Homo habilis) al 10 000 a.C. circa;
  • il Mesolitico (dal greco mésos, “mezzo”) o “età della pietra di mezzo”, che va dal 10 000 all’8000 a.C. circa;
  • il Neolitico (dal greco néos, “nuovo”) o “età della pietra nuova”, cioè levigata, che va dall’8000 al 4000 a.C. circa.

In alcuni casi, la Preistoria è venuta a sovrapporsi alla cosiddetta protostoria, ovvero il periodo – variabile per ogni singolo contesto culturale – nel quale una cultura non ha ancora sviluppato la scrittura, ma la cui esistenza viene ricordata negli scritti di un’altra cultura storica (cioè che ha già inventato la scrittura), “comparendo” dunque nella tradizione scritta.

Homo naledi: i dubbi della ricerca

Nel corso degli ultimi decenni, nuovi studi e scoperte sulla specie Homo hanno mostrato quanto vi sia ancora da scoprire sulla sua evoluzione. Nel 2008, per esempio, è stato scoperto a Malapa, in Sudafrica, un fossile di adolescente, detto Australopithecus sediba, la cui anatomia parrebbe una via di mezzo fra gli australopitechi e il genere Homo. Nel 2013, nella grotta chiamata Rising Star (“stella nascente” in inglese, in lingua sesotho naledi, che significa appunto “stella”), molto vicino a Malapa, è avvenuto il più grande ritrovamento di ossa di ominidi: oltre 1550 frammenti di ossa di almeno 15-20 individui di tutte le età, dai neonati agli anziani.

L’Homo naledi è un ominide molto particolare, forse vissuto tra i 236 000 e 335 000 anni fa: ha corporatura snella e statura di tipo umano ma un cervello piccolo come un’arancia; ha un piede simile a quello umano e dita della mano lunghe e affusolate, capaci di manipolare oggetti, mentre spalla, mano, polso sono più adatti ad arrampicarsi sugli alberi. Dunque camminava eretto ma non aveva perso la capacità di arrampicarsi e vivere sugli alberi. Da ciò che gli scienziati hanno potuto ricostruire manipolava oggetti ma non era carnivoro.

Homo erectus: la scoperta del fuoco

Gli studiosi ritengono che la continua variazione delle condizioni ambientali abbia comportato un aumento delle migrazioni e favorito l’affermazione di una nuova specie, definita Homo erectus in base alla teoria, oggi superata, che considerava questo ominide come il primo ad avere assunto la postura eretta.

Homo erectus comparve in Africa intorno a 1,8 milioni di anni fa. Era dotato di un cervello ancora più sviluppato di quello di Homo habilis e di una struttura scheletrica adatta ai lunghi spostamenti. Ciò potrebbe spiegare perché i resti di questo ominide siano stati ritrovati in territori molto distanti fra loro, come Africa e Asia orientale. I gruppi che restarono in Africa svilupparono abilità intellettive e manuali piuttosto avanzate, che consentivano forse di accendere e conservare il fuoco e di produrre manufatti complessi come le amigdale, pietre bifacciali scheggiate in modo simmetrico. Un’abilità di questo genere presuppone che questi esseri umani fossero in grado di immaginare la forma di un utensile prima ancora di realizzarlo. Si ritiene quindi che possedessero la capacità di astrazione dei concetti necessaria a elaborare mentalmente idee e progetti prima ancora della loro realizzazione concreta. Alcuni studiosi ritengono che Homo erectus fosse anche in grado di esprimersi e di comunicare in modo efficace le proprie esperienze pratiche ai suoi simili.

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Homo heidelbergensis: l’abile cacciatore

L’Homo heidelbergensis deriva il suo nome da resti fossili di 500 000 anni fa, dunque relativamente recenti, scoperti nel 1907 vicino a Heidelberg (Germania). Altri reperti hanno poi fatto ipotizzare una sua comparsa in un periodo precedente, intorno agli 800 000 anni fa, in area iberica (caverna di Gran Dolina nella Sierra di Atapuerca) e in Italia, a Ceprano, presso Frosinone. Altri resti sono stati trovati in diverse parti d’Europa, in Africa e in Cina.

Con questo Homo si assiste a un “salto” evolutivo, poiché la specie era in grado di costruire capanne, ripari forse coperti con pelli di animali, con un’entrata e, in alcuni casi, anche un focolare e un foro per l’uscita del fumo – questi risalenti a 380 000 anni fa – e riuniti in accampamenti. A Schöningen (Germania) sono stati trovati resti di cavalli macellati, cioè scuoiati e preparati in pezzi per la cottura, e di numerosi altri mammiferi, e gli studiosi hanno ipotizzato che la macellazione avvenisse in luoghi dedicati. L’Homo heidelbergensis era un abile cacciatore, un predatore ben organizzato, che si muoveva in “bande”, e ricorreva a elaborate strategie di caccia. I ritrovamenti relativi alle armi mostrano una maggiore efficienza: non solo amigdale, ma anche lance di legno di abete rosso con punta intagliata, usate per colpire a distanza. Questa specie si serviva di strumenti composti, formati da due o più parti: in Kenya sono venute alla luce persino lame – schegge con margini paralleli e lunghezza doppia della larghezza –, testimonianze di un livello cognitivo molto avanzato. Sicuramente l’Homo heidelbergensis fu la specie più “intelligente” vissuta sino ad allora, con abitudini di vita più complesse rispetto agli altri ominidi. Gli studiosi ritengono che Homo heidelbergensis sia il comune progenitore dell’Homo neanderthalensis e dell’Homo sapiens.

L’Homo neanderthalensis

Nel 1856, nel sito di Neanderthal in Germania, furono trovati resti di una particolare specie di ominidi, battezzata Homo neanderthalensis. Gli studi successivi hanno portato alla luce scheletri risalenti da circa 30-40 000 fino a 430 000 anni fa; i paleontologi hanno ipotizzato che il neanderthalensis si sia evoluto a partire dai gruppi di heidelbergensis presenti in Europa fra gli 800 000 e i 300 000 anni fa, per fattori non ancora chiari, fra i quali vi è forse una glaciazione. Si trattava di una specie ampiamente diffusa (da Gibilterra a Israele, dall’Uzbekistan alla Finlandia), costituita da gruppi che vivevano isolati gli uni dagli altri e avevano scarsissimi contatti con gruppi di altre specie. In territorio italiano vi sono ritrovamenti ad Altamura (Bari), sul Monte Circeo e a Saccopastore, poco lontano da Roma.

L’Uomo di Neanderthal aveva una corporatura massiccia. Per ripararsi dal freddo e dai predatori si rifugiava nelle grotte, che riusciva a illuminare e a riscaldare grazie alla capacità di utilizzare il fuoco. I gruppi di questa specie, inoltre, erano soliti seppellire i morti, forse per evitare la putrefazione dei cadaveri; tuttavia, questa pratica non implica che avessero elaborato vere e proprie forme di culto per i defunti. Le comunità di Homo neanderthalensis si estinsero intorno a 30 000 anni fa, quando il clima rigido causato da una glaciazione ridusse la disponibilità di risorse alimentari. Nella competizione che derivò da questa situazione di scarsità di cibo ebbe la meglio una nuova specie, molto più evoluta e più adatta alle mutate condizioni ambientali: Homo sapiens.

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IL LUOGO – Educazione civica

La valle di Neander

La valle di Neander (Neandertal), in Germania, divenne famosa quando, nel 1856, vi furono ritrovati i primi fossili dell’Homo neanderthalensis. La valle si presentava, decina di migliaia di anni fa, come un Canyon calcareo, caratterizzato da ambienti impervi, cascate e grotte. Il ritrovamento dell’Homo neanderthalensis in questo contesto geomorfologico non deve stupire, perché proprio tra le rocce calcaree è più probabile ritrovare fossili che testimoniano la vita del passato, dal momento che il materiale calcareo (CaCo3) favorisce la conservazione dei tessuti ossei.

Nel XIX secolo la valle era conosciuta come Neandershöhle (gola di Neander): un’attrazione naturalistica in un paesaggio che, tra due pareti rocciose e ripide, mostrava una gola stretta, profonda circa 50 metri ed estesa per circa 1000 metri, caratterizzata anche dall’elevato numero di grotte. Una gola è una valle profonda, chiusa da due pareti molto ripide, modellate dall’erosione operata da un corso d’acqua, in questo caso il fiume Düssel.

Il ritrovamento dei resti dell’Homo neanderthalensis avvenne casualmente, nel corso dei lavori di estrazione mineraria presso la grotta, oggi scomparsa, chiamata Kleine Feldhofer Grotte: tra i detriti, emersero alcune ossa che inizialmente si ritenne fossero appartenute a un orso. Furono rinvenuti una porzione del cranio e del bacino, cinque costole, femori, parti delle braccia e delle scapole e una clavicola destra, che vennero sottoposte subito all’analisi condotta dall’università di Bonn.

Dopo la metà del XIX secolo il nome del sito viene collegato al nome del compositore Joachim Neander che, vissuto nel XVII secolo, era solito recarsi presso la valle per trarne ispirazione.


Fino a noi

La valle di Neander ora non esiste più. Iniziò a mutare aspetto a causa dell’intervento di elementi antropici sempre più invasivi. Dal 1841, con l’apertura della linea ferroviaria tra Düsseldorf e Elberfeld, essa divenne meta di turismo locale e giornaliero. Nel corso dei secoli XIX e XX, l’intensa attività estrattiva, interrotta solo nel 1945, rendeva disponibile il calcare, fin da allora molto impiegato nell’edilizia, trovando applicazione nella produzione degli intonaci e della calce. Ma in quel territorio il calcare era molto richiesto anche per alimentare l’industria del carbone e dell’acciaio molto attiva nel vicino bacino della Ruhr.

La zona dove vennero rinvenuti i resti dell’Homo neanderthalensis è oggi una meta turistica, sia come riserva naturale, sia per il museo dell’Uomo di Neanderthal. Nel 1997 e nel 2000 sono stati effettuati scavi che hanno portato alla luce nuovi resti umani che presentano caratteristiche simili e complementari ai fossili ossei recuperati nel XIX secolo.

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L’affermazione dell’Homo sapiens

È ormai accettata in campo scientifico l’ipotesi che la comparsa dell’Homo sapiens sia recente, non oltre 300 000 anni fa, e vada collocata in Africa.

In particolare su un aspetto la differenza tra Homo sapiens e tutti i suoi predecessori (oggi indicati come early-Homo, cioè Homo arcaici) è indiscutibile: il nuovo rapporto tra la struttura del cervello e gli adattamenti ambientali. Il cervello dell’Homo sapiens cambiò non tanto nelle proporzioni, ma in maniera rilevante nella sua organizzazione e nella morfologia: il cranio si accorciò e si alzò, si formò la fronte verticale, scomparve il ▶ prognatismo e lo scheletro facciale divenne più sottile e piatto con il mento più visibile. La nuova organizzazione del cervello si combina con la nuova capacità di adattarsi all’ambiente e di fabbricare strumenti elaborati.

L’Homo sapiens era infatti in grado di produrre utensili molto sofisticati con il legno, la pietra, le ossa e le corna di animali, per esempio armi come le lance o l’arco e le frecce, utili sia per la caccia sia per difendersi da attacchi di predatori o di gruppi umani ostili. Grazie al potenziamento di queste capacità strategiche, l’Homo sapiens praticava la caccia e la pesca con maggiore efficacia, nonostante possedesse una corporatura meno robusta dell’Uomo di Neanderthal, e riusciva così a prevalere sulle altre specie e a procurarsi il cibo in modo relativamente agevole.

Tra le caratteristiche che spiegano l’affermazione di Homo sapiens ha un ruolo fondamentale anche l’evoluzione del linguaggio: i nostri diretti antenati sapevano comunicare in modo molto più preciso dei loro predecessori e dei loro contemporanei. La trasmissione di conoscenze e di esperienze favoriva il consolidamento delle relazioni sociali, garantendo una maggiore unità all’interno delle comunità, e rendeva più proficue le attività di sostentamento, poiché facilitava la messa a punto di strategie più efficaci per il reperimento delle risorse alimentari, come abbiamo visto, e la realizzazione di nuovi strumenti.

Una prima suddivisione dei compiti tra i membri della comunità cominciò probabilmente in quest’epoca: per esempio, l’attività di raccolta dei vegetali veniva svolta dalle donne, mentre gli uomini erano soprattutto cacciatori.

IL PERSONAGGIO 

L’uomo di Cro-Magnon

Nel 1868, presso la valle di Cro-Magnon, nell’attuale regione francese della Nuova Aquitania, fu rinvenuto il primo esemplare fossile di Homo sapiens. Il ritrovamento francese ha portato alla luce quattro scheletri e altri sette esemplari della stessa specie, definiti cromagnoidi, sono stati rinvenuti in Liguria, presso le Grotte dei Balzi Rossi. La scoperta ha permesso di ipotizzare che, più di 30000 anni fa, partendo dall’Europa, tale specie sia stata capace di raggiungere territori che attualmente corrispondono all’America e all’Australia.

Molto simile all’uomo contemporaneo dal punto di vista anatomico, l’Homo sapiens osservava il mondo attraverso occhi tendenzialmente chiari, collocati all’interno di orbite oculari basse e rettangolari, all’interno di un cranio di capacità pari a circa 1350 cm cubici. È probabile che presentasse una capigliatura liscia, e la pelle olivastra. Più slanciato dell’uomo di Neanderthal, il fossile di Cro-Magnon testimonia la fase evolutiva di una popolazione di statura media pari a 175 cm, sebbene si stima che alcuni individui potessero superare i 190 cm. I Cro-Magnon si alimentavano attraverso una dieta varia ed equilibrata, assumendo proteine, fibre e vitamine attraverso carne, grano, carote, cipolle, rape e così via. I resti degli insediamenti e i campi di carattere semipermanente dimostrano che tali popolazioni, inizialmente dedite alla caccia, sono passate dal nomadismo alla semistanzialità.

Le pitture ▶ rupestri presenti nelle grotte di Lascaux, definite “la cappella sistina della Preistoria”, sembrano essere state realizzate con manganese e ossido di ferro, e testimoniano l’attività artistica della popolazione, molto abile anche nella costruzione di capanne attraverso l’impiego ingegnoso di una gran varietà di materiali come roccia, argilla, ossa, rame e pellame. All’uomo di Cro-Magnon è stata attribuita anche la creazione del primo calendario, basato sulle fasi lunari, e la pratica di riti religiosi, come i culti funerari e altri, per buona parte, ancora oggetto di interpretazione.

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Le prime forme di arte e i primi culti

Le abilità manuali di Homo sapiens sono testimoniate anche dalle pitture rupestri e dai reperti archeologici che raffigurano divinità femminili. Per celebrare le divinità protettrici della fecondità delle donne venivano realizzate statuette che, insieme a monili di pietra e di osso, flauti, sonagli e strumenti a percussione depositati accanto ai resti dei defunti, dimostrano la probabile elaborazione delle prime forme di culto e di pensiero magico-religioso.

La rappresentazione di figure femminili così diffusa in epoca paleolitica sembra dimostrare il ruolo fondamentale delle donne all’interno dei gruppi di Homo sapiens. La funzione riproduttiva garantiva il futuro della comunità e poteva essere associata all’idea di fertilità della terra, capace di generare spontaneamente nuove piante. L’attività di raccolta dei vegetali svolta dalle donne, del resto, aveva rafforzato nella mentalità degli esseri umani del paleolitico l’idea che ci fosse un legame tra gli individui di sesso femminile e il ciclo naturale di rinascita delle piante. Questi presupposti furono alla base del culto delle veneri steatopigie (“dalle grosse natiche” in greco), le statuette che forse simboleggiavano la fecondità delle donne attraverso una rappresentazione esagerata delle forme del corpo femminile legate alla funzione riproduttiva.

DONNE NELLA STORIA

Le donne nelle società primitive

Nel corso del Paleolitico, le popolazioni nomadi vivevano di caccia e di raccolta e i loro spostamenti erano guidati dalla ricerca di cibo. In questo contesto le donne, poco prestanti nella caccia grossa, offrivano al gruppo un importante contributo con la raccolta di frutti e tuberi e con la cattura di piccola selvaggina. Esse svolgevano un’attività di raccolta organizzata, adottando criteri che prestavano attenzione alla cura della produttività dell’ambiente naturale, lavorando e concimando il terreno. Sembra che le donne, esperte dei cicli di produzione delle piante, conoscessero le diverse specie vegetali, le parti commestibili e le loro proprietà. Sebbene non sia possibile ricostruire con chiarezza i rapporti sociali che sorreggevano tali popolazioni, sembra corretto ritenere che le attività quotidiane condotte dalle donne non escludessero l’accudimento della prole. L’operosità delle donne, nel contribuire al sostentamento della collettività, ne motiverebbe anche una rilevanza sociale. A tal proposito è interessante notare che l’idea di matriarcato è affine al concetto di matrilinearità che descrive un contesto sociale in cui la discendenza è marcata per via materna. Già nel XIX secolo alcuni antropologi, come lo svizzero Johann Jakob Bachofen e lo scozzese John Fergusson McLennan, ipotizzarono la poliandria nei gruppi sociali antichi, ovvero l’abitudine delle femmine ad accoppiarsi con più maschi: ne derivava l’impossibilità di individuare la paternità della discendenza e, di conseguenza, la determinazione della prole unicamente per via matrilineare. Questa teoria spiegherebbe perché le figure femminili costituissero il vero punto di riferimento all’interno del gruppo sociale.

Dal matriarcato al patriarcato

Il ruolo delle donne era notevole anche nell’organizzazione sociale delle prime comunità umane, che per questo motivo sono state definite società ▶ matriarcali. Le relazioni interpersonali che vigevano al loro interno erano probabilmente simili a quelle tuttora esistenti in alcune tribù africane, nelle quali le donne svolgono una funzione di guida e di controllo di tutte le attività e di tutte le risorse del villaggio, e la trasmissione ereditaria dei beni avviene per linea femminile.

Durante il Neolitico, in seguito allo sviluppo dell’agricoltura e alla specializzazione dei ruoli avvenuta nei primi villaggi, questo tipo di organizzazione sociale scomparve. Le attività in grado di assicurare prosperità alla comunità, sempre più legate alla coltivazione dei campi anziché alla raccolta dei vegetali, cominciarono infatti a essere svolte in prevalenza dagli uomini. Di conseguenza, si assistette alla progressiva affermazione del ruolo sociale dominante dei maschi e il culto delle veneri lasciò gradualmente spazio a quello di divinità maschili. Tuttavia, il culto per le divinità femminili non scomparve del tutto: nelle antiche società agricole si continuò per molti millenni a venerare la dea Terra Madre, personificazione della fecondità delle donne e della natura.

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IN SINTESI

Australopiteco

  • Andatura bipede
  • Dieta onnivora

Homo habilis

  • Realizza strumenti di pietra (chopper)
  • Ha una dieta a base di carne
  • Pratica il nomadismo

Homo naledi

  • Manipola oggetti
  • Si arrampica ancora sugli alberi

Homo erectus

  • Ha una struttura scheletrica adatta agli spostamenti
  • Accende e conserva il fuoco
  • Produce manufatti complessi
  • Forse è in grado di esprimersi e comunicare

Homo heidelbergensis

  • Costruisce capanne
  • Vive in accampamenti
  • Macella e cuoce animali
  • Ricorre a elaborate strategie di caccia

Homo neanderthalensis

  • Vive nelle grotte
  • Seppellisce i morti
  • Si estingue a causa del clima rigido

Homo sapiens

  • Ha il cranio più alzato
  • Produce utensili sofisticati
  • Pratica caccia e pesca
  • Comunica in modo più preciso
GUIDA ALLO STUDIO
  • Per quale motivo la prima specie umana è stata denominata Homo habilis?
  • Come spiegano gli studiosi il fatto che l’Homo habilis abbia sviluppato via via cervelli più grandi?
  • Quali caratteristiche possedeva l’Homo naledi?
  • Quale specie sviluppò capacità comunicative e astrattive?
  • Per quale motivo l’Homo heidelbergensis testimonia un “salto” evolutivo rispetto alle altre specie di Homo?
  • In quali località sono state rinvenuti scheletri di Homo neanderthalensis?
  • Perché l’Homo neanderthalensis si estinse?
  • Quali capacità davano all’Homo sapiens un vantaggio rispetto alle altre specie di Homo?
  • Che ruolo avevano le donne nelle prime comunità umane?
  • Quali cambiamenti si ebbero nell’organizzazione sociale delle prime comunità umane intorno al Neolitico?

Tempo, spazio, storia - volume 1
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Dalla Preistoria alla crisi di Roma repubblicana