9.1 LA CIVILTÀ DEGLI ETRUSCHI

LEZIONE 9.1 – La civiltà degli Etruschi

Nell’VIII secolo a.C. fiorì nell’Italia centrale una grande civiltà le cui origini restano ancora in gran parte avvolte nel mistero: gli Etruschi, chiamati Tusci dai Romani e Tirreni dai Greci. La civiltà etrusca raggiunse un livello di sviluppo economico e culturale molto elevato, notevolmente superiore a quello delle popolazioni italiche contemporanee.

Il mistero delle origini

Il territorio dell’Etruria, compreso nelle attuali regioni della Toscana, del Lazio settentrionale e dell’Umbria occidentale, era in parte coincidente con quello della civiltà villanoviana. Per le zone in cui erano insediati, oltre che per le attività economiche che svolgevano, gli Etruschi appaiono in effetti come eredi della civiltà villanoviana, ma non esistono fonti che confermino questa ipotesi. I primi documenti scritti in etrusco sono di epoche posteriori alle loro origini, per risalire alle quali non abbiamo dunque fonti scritte.

Secondo alcuni storici antichi, gli Etruschi erano originari dell’Oriente. Questa era per esempio la tesi di Erodoto (V secolo a.C.), che li riteneva provenienti dal regno di Lidia, in Anatolia. Dionigi di Alicarnasso (vissuto nel I secolo a.C.), invece, non trovava alcuna affinità tra Etruschi e popoli orientali nella lingua, nelle consuetudini e nelle istituzioni, e li reputava perciò autoctoni, ossia originari dell’Italia, fin da tempi antichissimi.

Alcuni storici moderni, in base a presunte somiglianze con la lingua del popolo dei Reti (stanziato nell’Italia settentrionale) e all’uso di incenerire i defunti (in realtà ereditato dai Villanoviani), ritengono che gli Etruschi potessero provenire dall’Europa centrale ed essere giunti in Italia attraverso le Alpi.

Ma l’ipotesi più accreditata è che la civiltà etrusca sia nata dalla fusione di comunità autoctone con la civiltà villanoviana e con popoli orientali giunti nella penisola via mare. Diversi elementi, in effetti, hanno fatto pensare a un’influenza diretta di popolazioni provenienti da Oriente, come, per esempio, la capacità di regolare il flusso delle acque fluviali. La stessa pratica della cremazione dei defunti corrisponde a simili usanze diffuse nel I millennio a.C. sulle coste del mar Egeo. Altre analogie riguardano le tecniche di navigazione, la struttura delle tombe e alcuni aspetti della religione (come la predizione del futuro attraverso l’osservazione delle viscere degli animali sacrificati). La pianta regolare delle città etrusche, inoltre, ricorda le norme urbanistiche che regolavano la fondazione di quelle greche, mentre l’aspetto dei manufatti artistici etruschi presenta spesso uno stile orientale. Punti di contatto con l’Egeo e le coste della Tracia sembrano esserci anche dal punto di vista linguistico, date le affinità rinvenute tra alcune iscrizioni trovate in quell’area e la lingua etrusca. Tuttavia, anziché mostrare un’origine orientale degli Etruschi, questi elementi potrebbero derivare dagli intensi contatti commerciali stabiliti con Greci e Fenici nel I millennio a.C. Il cosiddetto “mistero etrusco”, tramandato dalle antiche leggende non è, insomma, ancora stato svelato e contribuisce ad accrescere il fascino di questa antica civiltà.

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VOCI DALLA STORIA 

Le oscure origini degli Etruschi

Dionigi di Alicarnasso fu uno storico e retore greco che visse a Roma nel I secolo a.C. Dalla provincia romana si traferì nella capitale, come la maggior parte degli studiosi del suo tempo. Dopo le guerre civili, intraprese un percorso di studio della lingua e della letteratura latina lungo ventidue anni, prima di scrivere la sua celebre opera: Storia antica di Roma o Antichità romane. L’opera, scritta in greco, raccoglie le vicende dalle origini di Roma fino alla prima guerra punica e, dei venti libri originari, ne sono giunti integri solo i primi dieci e alcuni frammenti degli altri. Dionigi intese istruire il pubblico greco sulle comuni origini della città di Roma e sulle vicende che avevano condotto l’Urbe alla conquista del mondo antico. In alcuni passi dell’opera, Dionigi si soffermò sulle oscure origini della popolazione etrusca che molti storici, prima e dopo di lui, avevano tentato di identificare. Il seguente passo testimonia che lo storico non condivideva l’ipotesi secondo cui gli Etruschi fossero discendenti dei Lidi, una popolazione indoeuropea che, dal VII secolo a.C., occupava la Lidia, in Asia Minore.


Non penso che i Tirreni discendano dai Lidi. Non parlano, infatti, la stessa lingua, né si può dire che, pur non parlandola, conservino almeno qualche ricordo della terra d’origine. Non hanno neppure le medesime divinità dei Lidi, né osservano leggi e costumanze simili, sono anzi questi gli aspetti per i quali i Tirreni differiscono più dai Lidi che dai Pelasgi. Sembra, pertanto, che siano più nel vero coloro che dicono che i Tirreni non provengono da nessun luogo, e sono piuttosto un popolo indigeno, poiché è antico in tutto e non è simile agli altri né nel parlare né nel modo di vivere [...]. Essi poi si denominano Rasenna, che è stato il nome di uno dei loro comandanti.

Antichità Romane, I, 30


STUDIO CON I TESTI
  • Per quale motivo Dionigi di Alicarnasso non crede che gli Etruschi discendano dai Lidi?
  • Qual è la tesi sostenuta da Dionigi sul popolo Etrusco?
  • Come si denominavano gli Etruschi?

Agricoltura, artigianato, commerci

Gli Etruschi seppero sfruttare la fertilità delle loro terre, in gran parte di origine vulcanica. La principale risorsa delle prime comunità etrusche fu infatti l’agricoltura, favorita dalle opere di canalizzazione dei fiumi che essi, per primi, introdussero in Italia. La regolazione del flusso delle acque consentì il prosciugamento delle paludi e l’irrigazione dei campi, che furono così in grado di produrre abbondanti quantità di cereali e di lino. In seguito ai contatti con le colonie greche dell’Italia meridionale, furono inoltre introdotte in Etruria le colture dell’ulivo e della vite.

L’economia etrusca, oltre che sull’agricoltura, si basava sull’allevamento, sullo sfruttamento del legname delle foreste appenniniche, ma soprattutto sull’estrazione e la lavorazione dei metalli (ferro, rame, stagno, argento e piombo), presenti in abbondanti giacimenti, in particolare sull’isola d’Elba. Il legname delle foreste, oltre che per la costruzione di navi mercantili, era utilizzato nelle fornaci dei fabbri dediti alla lavorazione del ferro, e il fiorente artigianato metallurgico alimentò i traffici commerciali con le altre popolazioni italiche.

Grazie alle innovazioni nelle tecniche di navigazione apprese dai coloni fenici e greci, gli Etruschi poterono dedicarsi anche al commercio marittimo e alla pirateria. Come all’epoca dei Cretesi e dei Micenei, e come accadeva ancora con Fenici e Greci, la differenza tra spedizioni mercantili e incursioni piratesche era molto labile: di fatto, entrambe queste attività consentirono agli Etruschi di incrementare le loro ricchezze e di stabilire un’egemonia marittima nel mar Tirreno.

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La società etrusca

Alla guida delle comunità etrusche vi era in origine un sovrano, chiamato lucumòne, appartenente alla classe dei ricchi proprietari terrieri di origine nobile e alla casta sacerdotale. Il lucumone amministrava la giustizia e ricopriva i ruoli di comandante dell’esercito e di sommo sacerdote.

A partire dal VI secolo a.C., però, l’importanza economica dei commerci favorì l’egemonia dell’aristocrazia mercantile. I mercanti si arricchirono notevolmente e acquisirono di conseguenza un prestigio e un potere sempre maggiori nella società. Alla loro assemblea spettava la facoltà di eleggere annualmente le principali cariche politiche e religiose delle comunità. Il potere un tempo detenuto dal sovrano fu affidato a governi guidati dai nobili, titolari delle attività commerciali e proprietari delle miniere di ferro, e quindi interessati a una politica espansionistica nel Tirreno finalizzata a cercare nuovi sbocchi commerciali.

La maggior parte della popolazione etrusca era invece costituita da contadini e artigiani. Erano individui formalmente liberi, ma la povertà e la mancanza di diritti politici rendevano la loro condizione simile a quella servile. Lavoravano alle dipendenze delle famiglie nobili nei campi, nelle miniere e nelle botteghe, non potevano esercitare le attività mercantili né sposarsi con membri dell’aristocrazia. Queste limitazioni erano volte a impedire che l’ordine sociale potesse essere sovvertito.

DONNE NELLA STORIA 

Le donne nobili etrusche

Nella civiltà etrusca, tutte le donne erano destinate al matrimonio e tutte, a quanto sembra, svolgevano attività quotidiane di filatrici e tessitrici: a testimonianza di questo, in molti corredi funerari si ritrovano diversi strumenti per la filatura, normalmente in legno ma anche, nei corredi più prestigiosi, in osso o in bronzo.

Le donne di nobili origini possedevano delle ricchezze, come gioielli in oro, bronzo e ambra, spendibili dalla famiglia per attrarre matrimoni politici. Spesso sposavano degli stranieri, che ottenevano così un ruolo preminente nella società etrusca. La consuetudine di apporre nelle epigrafi il matronimico accanto al patronimico del defunto, almeno per quanto riguarda le donne aristocratiche, è un’altra testimonianza della considerazione in cui era tenuta la madre di famiglia. Le donne etrusche avevano inoltre un nome proprio, a differenza delle donne romane, che erano chiamate con il gentilizio, ossia con il nome della famiglia o gens (per esempio Giulia, se nate nella gens Iulia).

Un celebre testo dello storico del IV secolo Teopompo di Chio descrive le consuetudini delle donne etrusche e, nel confronto con le donne greche, esprime un giudizio negativo sul loro grado di emancipazione: si prendono cura del proprio corpo, bevono e partecipano ai banchetti.

Le osservazioni di Teopompo trovano riscontro nelle testimonianze locali, per cui risulta verosimile che le donne nobili, specialmente nei territori che oggi corrispondono a Umbria, Toscana e Lazio, assumessero un ruolo tutt’altro che subalterno all’uomo, parte- cipando a banchetti signorili e intrattenendosi con disinvoltura in occasioni di svago. Questi privilegi erano però riservati alle donne aristocratiche, mentre le donne delle classi inferiori erano costrette a lavorare in condizioni non molto dissimili da quelle dei servi.

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La lega delle città-Stato

L’Etruria era organizzata politicamente in città-Stato indipendenti – spesso in guerra tra loro per il predominio sui territori circostanti – che appartenevano però a federazioni religiose poste sotto la protezione di una divinità comune. La più importante era la lega delle dodici città-Stato della dodecàpoli, che si riconosceva nel culto di Voltumna, venerato nel santuario di Bolsena. Secondo gli storici antichi, della dodecapoli facevano parte, oltre a Bolsena, Arezzo, Cervèteri, Chiusi, Perugia, Populònia, Roselle, Tarquinia, Veio, Vetulònia, Volterra e Vulci. In realtà alle alleanze contro i nemici comuni partecipavano anche altre città etrusche, come Cortona, Fiesole e Orvieto, e i rapporti diplomatici che venivano stabiliti tra i vari centri si reggevano su interessi economici condivisi, legati al predominio commerciale esercitato dagli Etruschi sull’Italia centrale. Le alleanze militari erano comunque instabili, e non impedirono l’insorgere di vari conflitti interni finalizzati a stabilire l’egemonia territoriale di una città a scapito delle altre.

IL LUOGO – Educazione civica

Tarquinia

La leggenda etrusca vuole che la città di Tarquinia sia stata fondata dall’eroe Tarconte, nel territorio che oggi è chiamato Piano della Civita. Dopo la sua fondazione la città conobbe una prima fase di crescita tra l’VIII e il VI secolo a.C., quando intrattenne fitti scambi commerciali con l’Oriente: tale apertura fu effetto e causa di un florido sviluppo demografico e culturale. A questo periodo risale la costruzione di una prima cinta muraria, dalle tracce ancora visibili. Tra il IV e il III secolo a.C. venne edificata l’Ara della Regina, un tempio in tufo famoso per gli elementi decorativi caratteristici dell’arte etrusca. Dall’inizio del V secolo a.C., la città intraprese una fase di decrescita per poi rifiorire nel IV secolo: tra il 358 e il 351 a.C., Tarquinia ebbe diversi scontri con Roma che, poi, la annetté come Stato federato e ne assicurò la prosperità fino al I secolo a.C. Tra il IV e il VI secolo d.C., la città decadde sotto le invasioni barbariche: il centro abitato e la sede vescovile si trasferirono nel vicino castello di Corneto, destinato a diventare, nel Medioevo, un porto commerciale molto ricco.


Fino a noi

Oggi è possibile visitare parte della necropoli di Tarquinia. Il sito archeologico custodisce circa 6000 tombe che, in parte, sono accolte in camere scavate nella roccia, oppure espongono preziose pitture murali che restituiscono parte del misterioso e ricco universo culturale etrusco. Dal 1872 a 1922 la città assunse il nome di Corneto Tarquinia per poi essere indicata con il solo toponimo di Tarquinia.

L’espansione nell’Italia centrale

Lo sviluppo economico fornì le risorse necessarie per il potenziamento degli eserciti delle città, grazie a cui, tra il VII e il VI secolo a.C., esse intrapresero una politica espansionistica che portò in pochi decenni alla massima estensione territoriale della civiltà etrusca. Numerose colonie furono fondate in Campania (tra le più importanti Capua, Nola e Acerra), la cui ricchezza era basata sulle attività metallurgiche e sui commerci con le città della Magna Grecia. Nel VI secolo a.C. gli Etruschi conquistarono ampi territori anche nella Pianura Padana, dove fondarono Fèlsina (l’odierna Bologna), Mantova, Piacenza, Spina, Adria e probabilmente Ravenna. Nello stesso periodo estesero la propria influenza politica e commerciale sul Lazio meridionale e sulle coste tirreniche settentrionali e stabilirono intensi contatti commerciali con la Grecia e l’Oriente.

L’espansione territoriale degli Etruschi fu a questo punto percepita come una seria minaccia dalle città della Magna Grecia, impegnate ad assicurarsi il controllo delle rotte commerciali nel Tirreno, e provocò una serie di conflitti con le colonie greche. Intorno al 540 a.C. gli Etruschi si allearono con i Cartaginesi e vinsero i coloni greci nella battaglia di Alàlia, in Corsica, stabilendo la supremazia etrusca sulla costa orientale corsa e su quella fenicia della Sardegna.

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La decadenza della civiltà etrusca

Alla fine del VI secolo a.C., l’espansione territoriale etrusca si arrestò: i conflitti tra le città-Stato e la pressione militare dei numerosi nemici che esse si trovavano ad affrontare contemporaneamente portò alla crisi della loro potenza politica.

Ai problemi esterni, legati alla necessità di difendere l’egemonia territoriale sull’Italia centrale, si aggiungevano i conflitti sociali che agitavano al loro interno le città, nelle quali crescevano le rivendicazioni delle classi inferiori (artigiani e piccoli proprietari terrieri) contro i privilegi dell’aristocrazia mercantile, che le manteneva escluse dalla partecipazione alla vita politica.

Di questa situazione di difficoltà approfittarono i popoli latini, che si ribellarono al predominio etrusco. A nord, invece, nel V secolo a.C. furono i Celti a fermare l’espansione etrusca. Dopo aver varcato le Alpi, infatti, questi ultimi conquistarono le città etrusche della Pianura Padana. Nello stesso periodo, i Sanniti, stanziati nelle regioni appenniniche interne, arrivarono a occupare le aree delle colonie etrusche in Campania. Nel 474 a.C., infine, la flotta siracusana sconfisse definitivamente gli Etruschi presso Cuma, in Campania. Dopo questa battaglia, la loro civiltà entrò in una fase di inarrestabile decadenza politica ed economica.

Lingua e alfabeto

La supremazia dell’aristocrazia mercantile nella civiltà etrusca è rintracciabile anche nelle sue manifestazioni culturali e artistiche, espressione delle classi ricche e influenti.

In seguito agli intensi scambi commerciali stabiliti con le colonie della Magna Grecia, gli Etruschi assorbirono molti aspetti della cultura greca, a partire dalla scrittura. La lingua etrusca era scritta in un alfabeto derivato da quello della colonia greca di Cuma, in Campania. La sua diffusione, determinante per lo sviluppo culturale della civiltà etrusca, fu anche uno strumento fondamentale per l’incremento delle attività mercantili. La parentela con l’alfabeto greco ha permesso di decifrare la scrittura etrusca. Rimane invece in gran parte oscuro il significato delle parole, per la mancanza di testi bilingui e per la scarsità di fonti scritte, limitate quasi esclusivamente alle iscrizioni riportate sulle tombe. L’uso della scrittura era appannaggio dei membri dell’aristocrazia, che in questo modo si tramandavano i rituali sacri e le tecniche di interpretazione dei responsi divini, gelosamente custodite dalla casta sacerdotale: anche per questo essi godevano di grande prestigio e autorità nella società etrusca.

Alfabeto greco antico

Α

Β

Γ

Δ

Ε

Ζ

Ι

Κ

Λ

Μ

Ν

Π

Ρ

Σ

Τ

Alfabeto etrusco (VII-V sec.)

Alfabeto latino

A

B

G

D

E

Z

I

K

L

M

N

P

R

S

T

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Dèi e divinazione

La religione degli Etruschi era politeistica. Nella loro concezione religiosa, il mondo degli dèi era misterioso, difficile da comprendere e, in generale, ostile agli esseri umani. I loro dèi erano affini a quelli greci, e corrispondevano anche, in gran parte, alle divinità delle popolazioni latine. Alcune divinità erano invece originarie dell’Etruria, come Voltumna, dio della fertilità e protettore della dodecapoli; secondo alcune interpretazioni, tuttavia, con questo nome era in realtà indicata solo una delle varie identità di Tinia, il padre degli dèi etruschi, corrispondente allo Zeus greco.

In ambito religioso avevano grande rilievo gli arùspici, gli indovini considerati in grado di prevedere il futuro attraverso tecniche di ▶ divinazione. L’osservazione dei fulmini, del volo degli uccelli e delle viscere degli animali, erano interpretati come segni ed espressioni della volontà divina. Come accadeva nel mondo greco con gli oracoli, la consultazione degli dèi da parte degli aruspici aveva lo scopo di assicurarsi la protezione divina prima di intraprendere importanti iniziative politiche, militari o commerciali. Tra i reperti archeologici etruschi è stato ritrovato un manufatto artigianale in bronzo che riproduce il fegato di una pecora. La sua superficie, suddivisa in settori, corrispondeva a diverse zone della volta celeste, associate ai nomi delle principali divinità: si trattava di una sorta di prontuario a uso degli aruspici. Nel corso del tempo, queste tecniche di divinazione praticate dagli indovini ebbero conseguenze anche nell’ambito delle conoscenze mediche. L’osservazione degli intestini degli animali rese infatti gli Etruschi esperti anche nella cura delle malattie: essi conoscevano l’anatomia e la conformazione degli organi interni e usavano le piante medicinali a scopo curativo.


Divinità greche

Divinità etrusche

Divinità latine

Caratteristiche

Zeus

Tinia

Giove

padre degli dèi

Era

Uni

Giunone

dea della famiglia

Atena

Menerva

Minerva

dea della sapienza

Apollo

Aplu

Apollo

dio del sole

Artemide

Aritimi

Diana

dea della caccia

Afrodite

Turan

Venere

dea della bellezza

Ermes

Turms

Mercurio

dio dei mercanti

Poseidone

Nethuns

Nettuno

dio del mare

Dioniso

Fufluns

Bacco

dio del vino

Ares

Maris

Marte

dio della guerra

Efesto

Sethlans

Vulcano

dio del fuoco

Persefone

Persipnai

Proserpina

dea dell’oltretomba

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La cultura urbana degli Etruschi

Il progresso artistico e tecnologico della civiltà etrusca è testimoniato dalla raffinatezza dell’artigianato orafo e dalle opere architettoniche. Furono gli architetti etruschi a inventare l’arco a tutto sesto, che i Greci non avevano mai utilizzato e che sarebbe stato ereditato dai Romani. La scelta dei siti urbani e la struttura delle città dimostrano l’elevato livello delle conoscenze etrusche nell’edilizia e nell’ingegneria civili.

La fondazione degli insediamenti seguiva un rituale sacro, diffuso anche tra altri popoli dell’Italia centrale: dopo che gli aruspici avevano interrogato gli dèi per avere conferma dell’adeguatezza del luogo in cui si intendeva edificare la città, un aratro trainato da buoi bianchi tracciava un solco, che sarebbe diventato il fossato intorno alle mura. Le città sorgevano in luoghi elevati e in aree ricche di risorse naturali, come corsi d’acqua, terre fertili o miniere di ferro. Protette da mura, esse erano dotate di acquedotti e fognature; le strade principali erano lastricate e spesso formavano una pianta regolare, con incroci ad angolo retto per permettere i rapidi movimenti dei soldati. Le case e i templi erano costruiti in legno e mattoni, con arredi in vimini o in legno. La struttura delle abitazioni ci è nota attraverso le raffigurazioni praticate sulle urne cinerarie in cui venivano conservate le ceneri dei defunti nelle tombe. Nei campi che circondavano la città, e che ricadevano sotto il suo controllo, le proprietà terriere erano delimitate da colonne di pietra, i cippi: per evitare che venissero spostati, e che qualcuno si appropriasse di terreni altrui, i cippi furono considerati sacri e inviolabili, pena lo scatenarsi dell’ira divina.

STORIA & TECNICA 

Architettura e artigianato orafo degli Etruschi

L’arco a tutto sesto, sconosciuto presso i Greci e invece ereditato dall’architettura romana, era caratteristico degli edifici pubblici delle città etrusche. Si trattava di una volta semicircolare costituita da blocchi di pietra a sezione trapezoidale disposti a raggiera. A differenza degli architravi orizzontali, che subivano una flessione e dunque avevano una portata limitata, gli archi a tutto sesto garantivano una portata maggiore, sfruttando le spinte statiche per reggere le strutture sovrastanti e distribuendo il peso sugli stipiti e al suolo attraverso i sostegni laterali. Per costruirlo, gli Etruschi creavano impalcature di legno provvisorie che sorreggevano i blocchi finché non veniva inserita la pietra centrale, o “chiave di volta”, la quale conferiva equilibrio alla struttura.

Tra le espressioni più notevoli dello sviluppo tecnico e artistico della cultura etrusca vi è anche l’artigianato metallurgico. Alcuni dei manufatti più preziosi sono i gioielli ritrovati nelle tombe delle donne appartenenti all’aristocrazia. Gli artigiani etruschi erano molto abili nella lavorazione dell’oro, del bronzo e dell’ambra, una pietra preziosa che veniva importata dalle regioni settentrionali europee. Gli orafi, in particolare, erano esperti nella complessa tecnica della granulazione, appresa attraverso i contatti commerciali con il Vicino Oriente (dove era già diffusa nel 2500 a.C.). Con la granulazione – un procedimento che gli scienziati moderni non sono ancora riusciti a riprodurre – l’oro veniva fuso in piccolissimi granuli, che potevano misurare anche solo pochi decimi di millimetro; essi venivano poi applicati sugli oggetti tramite saldatura, con un effetto di grande raffinatezza artistica. Custodendo per secoli il segreto della granulazione, gli artigiani etruschi si garantirono il monopolio di questo tipo di produzione nella penisola.

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IN SINTESI

La civiltà etrusca

(Toscana, Lazio e Umbria, VIII secolo a.C.)

  • Agricoltura (canalizzazione dei fiumi)
  • Allevamento
  • Sfruttamento del legname
  • Commercio marittimo e pirateria
  • Artigianato metallurgico
  • Cremazione dei defunti

La società etrusca

  • Lucumone: il sovrano che amministra la giustizia, comanda l’esercito ed è il sommo sacerdote
  • Aristocrazia mercantile: ha poteri sempre maggiori ed elegge cariche politiche e religiose
  • Contadini e artigiani: sono liberi ma poveri e senza diritti politici

L’espansione etrusca

  • Colonie in Campania: Capua, Nola, Acerra
  • Espansione nella Pianura Padana, nel Lazio meridionale e sulle coste tirreniche settentrionali
  • Rotte commerciali verso la Grecia e l’Oriente
  • Conflitto con le città della Magna Grecia
  • Supremazia sulla Corsica orientale e sulla costa fenicia della Sardegna

La cultura etrusca

  • Alfabeto fonetico
  • Religione politeistica
  • Artigianato orafo
  • Architettura e urbanistica (arco a tutto sesto, acquedotti, fognature, strade lastricate)
GUIDA ALLO STUDIO
  • Qual è la più probabile origine degli Etruschi?
  • Su quali attività si reggeva l’economia etrusca?
  • Che tipo di organizzazione politica avevano gli Etruschi?
  • Quali territori furono coinvolti dall’espansione etrusca? Con quali popolazioni essa provocò conflitti?
  • Quali furono le cause della decadenza della civiltà etrusca?
  • Da quale alfabeto deriva quello etrusco?
  • Che ruolo ricoprivano gli arùspici? Perché era importante la consultazione degli dèi?
  • Quali erano gli dèi principali della religione etrusca? Quali civiltà condividono le stesse divinità?
  • Quali caratteristiche urbanistiche avevano le città etrusche (sito, pianta, infrastrutture)?

Tempo, spazio, storia - volume 1
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Dalla Preistoria alla crisi di Roma repubblicana