1. Appropriarsi della Grecia
«La Grecia conquistata conquistò il rozzo vincitore e fece arrivare le arti nel Lazio contadino»: con queste parole il poeta latino Orazio, vissuto nel I secolo a.C., racconta il rapporto tra Roma e la Grecia, una civiltà la cui straordinaria produzione culturale ha da sempre colpito e influenzato i popoli con cui è entrata in contatto. Roma, per secoli centro del potere nel Mediterraneo, conquista la Grecia ma ne rimane affascinata e quasi soggiogata dal punto di vista culturale: la letteratura latina avrà quasi sempre quella greca come modello di riferimento, in tutti i suoi generi, e così l’arte; conoscere il greco diventa un segno distintivo delle classi alte della società romana e i territori di lingua greca sono gli unici in cui Roma non impone la propria lingua.
Lo studio del passato è fondamentale per comprendere il presente; tuttavia non sempre questo passato viene interpretato per quello che è, ma spesso viene ideologizzato, ovvero caricato di interpretazioni e significati che riflettono i desideri del tempo presente.
Un particolare tipo di ideologizzazione è quello che investì l’Europa a partire dalla fine del Settecento, quando si diffusero una serie di teorie che presupponevano l’esistenza fra i sapiens di diverse razze, che sarebbero state riconoscibili da alcune caratteristiche del viso e del corpo. In tutte queste teorie c’era sempre un elemento comune: le caratteristiche perfette, della razza perfetta, sarebbero state quelle immortalate dalla scultura greca, sia nel viso, sia nelle proporzioni del corpo, perché, sostenevano i teorici settecenteschi, esprimevano una bellezza ineguagliabile. La presunta razza perfetta era teorizzata come bianca ed europea e corrispondeva alle raffigurazioni elaborate dall’arte della Grecia. Un momento di svolta nella diffusione delle teorie razziste si può rintracciare nel 1853, quando Joseph-Artur Gobineau, diplomatico e scrittore francese, pubblicò un testo che sarebbe divenuto un caposaldo del razzismo europeo: Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane. Questo saggio ipotizzava esplicitamente l’esistenza di razze superiori e razze inferiori. Le razze sarebbero state tre: bianca, nera e gialla. La razza bianca, la stessa dell’autore, naturalmente era considerata la razza superiore e avrebbe incarnato le migliori virtù: libertà, spiritualità, onore. Questa razza era denominata “ariana”, un termine che era stato utilizzato originariamente per indicare un popolo proveniente dall’Europa centro-settentrionale, che, secondo alcune teorie linguistiche, avrebbe importato nell’India le lingue indoeuropee. C’erano poi la razza gialla, caratterizzata da forte materialismo e da scarsa creatività, e la razza nera, i cui membri sarebbero stati poco intelligenti, ma con un forte sviluppo dei sensi, così da essere dotati di un potere rozzo ma spaventoso. Le razze, secondo Gobineau, erano destinate a mescolarsi inesorabilmente, e questo nel caso della razza ariana avrebbe portato alla degenerazione dei costumi e alla perdita dei valori.
Oggi sappiamo che le razze umane non esistono. L’analisi del DNA di un grande campione di esseri umani di tutto il mondo, a partire dagli anni Settanta del Novecento, ha potuto confermare con assoluta sicurezza che le differenze che noi percepiamo visivamente – come il colore della pelle, la forma degli occhi o del naso, la tipologia e il colore dei capelli – non hanno rilevanza dal punto di vista genetico. Questo significa che ciascuno di noi può avere un codice genetico molto più simile a una persona con la pelle di diverso colore che a una persona che ha apparentemente caratteristiche simili. Questo è normale in una specie, quella umana, che è nata in un solo luogo del pianeta, l’Africa, e che da lì ha iniziato subito a migrare colonizzando l’intero pianeta. In sostanza, esiste una sola razza, quella umana, e tutte e tutti noi abbiamo gli stessi progenitori.
La teoria di Gobineau non ottenne grande successo in Francia, ma ebbe larga diffusione in un altro Paese: la Germania. Qui le idee di Gobineau vennero promosse soprattutto dal celebre compositore Richard Wagner e dal circolo culturale di Bayreuth, presieduto da sua moglie Cosima.
In Germania, però, non c’erano persone riconducibili alla razza gialla né alla razza nera; c’erano invece un buon numero di persone a cui si sarebbe potuto applicare la teoria delle razze, trasformandole facilmente in nemici della Germania: gli ebrei. In realtà gli ebrei erano già le principali vittime del razzismo tedesco, perciò le teorie di Gobineau furono facilmente travisate e utilizzate per giustificare l’odio che si stava sempre più diffondendo. In particolare, Houston Stewart Chamberlain, scrittore inglese naturalizzato tedesco e genero di Wagner, scrisse nel 1899 I fondamenti del XIX secolo, un testo che presentava la storia come una continua ed eterna lotta fra la razza ariana, pura, libera e creatrice della cultura, e quella ebraica, materialista, asservita al denaro e distruttrice della cultura. L’odio per gli ebrei ricevette così una giustificazione scientifica, storica e politica e divenne antisemitismo, ovvero odio verso un gruppo considerato inferiore e malvagio per razza, geneticamente.