1.1 I PRIMI ESSERI UMANI

LEZIONE 1.1 – I primi esseri umani

La grande “crepa” africana

Durante la sua lunghissima storia, iniziata 4,5 miliardi di anni fa, la Terra ha subito grandi cambiamenti ambientali che sono stati tra le cause principali del processo evolutivo, ossia della progressiva trasformazione delle  specie vegetali e animali, durata molti milioni di anni prima della comparsa degli esseri umani e tuttora in corso.

Il cammino della specie umana inizia nel continente africano, e più precisamente nella Rift Valley, un’ampia valle che varia dai 30 ai 100 chilometri di larghezza e si estende per circa 6000 chilometri di lunghezza nell’Africa orientale. Come indica il suo nome (rift in inglese significa “frattura”, “crepa”), essa si formò in seguito ai movimenti della crosta terrestre che determinarono lo sprofondamento del fondo della valle e l’innalzamento delle montagne.

Da tali trasformazioni derivò un sensibile cambiamento climatico che interessò l’area. A occidente delle montagne si mantenne il clima umido tipico delle foreste pluviali (l’ambiente adatto alla sopravvivenza delle scimmie arboricole, così chiamate perché vivono sugli alberi), con continue e abbondanti piogge alimentate dalle correnti provenienti dall’oceano Atlantico. A est, invece, il clima mutò, perché la barriera costituita dalla nuova catena montuosa non consentì più il passaggio dei venti umidi; le piogge non furono più perenni, ma limitate solo ad alcune stagioni, e di conseguenza la foresta pluviale regredì in seguito a un lungo processo di inaridimento, lasciando ampi spazi all’espansione della savana. Quest’ultima, caratterizzata da scarsa vegetazione e dall’assenza dei grandi alberi tipici della foresta pluviale, favorì l’evoluzione di una nuova specie di ominidi, gli ▶ australopitechi.

Quando pensiamo alle origini della nostra specie (Homo sapiens), non dobbiamo dimenticare che sono relativamente recenti, poiché non vanno oltre i 200 000 anni circa. Sorprendente è inoltre osservare come l’evoluzione proceda in modo non lineare e a una “velocità” straordinaria: nel corso del cammino evolutivo, infatti, a periodi di stasi e di “pausa”, si alternano improvvise accelerazioni nei cambiamenti, che apportano di volta in volta trasformazioni notevoli, come vedremo nei paragrafi successivi. Secondo le teorie evoluzionistiche gli ominidi, cioè gli esseri umani e le scimmie antropomorfe (di aspetto simile all’uomo, dal greco ánthropos, “uomo”, e morphé, “forma”, “figura”), come gorilla e scimpanzé, sono classificati nell’ordine dei  primati e derivano da antenati comuni. È grazie a un lungo percorso evolutivo, definito processo di ominazione, che si differenziarono le diverse specie umane, di cui, come vedremo, è sopravvissuta solo quella di Homo sapiens, cui apparteniamo.

 pagina 25 

Gli australopitechi

La caratteristica evolutiva che contraddistingueva gli australopitechi dagli altri primati era l’andatura bipede (per quanto forse venisse ancora alternata con quella quadrupedica), che si rivelò fondamentale per vivere e riprodursi nelle mutate condizioni ambientali della Rift Valley. Tra 4,5 e 1 milione di anni fa, infatti, essi riuscirono a sopravvivere. Le scimmie arboricole, invece, incapaci di adattarsi al nuovo ambiente, interruppero la loro evoluzione e si fermarono allo stadio di quadrupedi.

Perché gli australopitechi e successivamente la specie Homo siano diventati prevalentemente bipedi, anche se in modo diverso, non è ancora stato chiarito. Sicuramente la nuova andatura fu il risultato di un processo assai complesso: camminare in posizione eretta richiede infatti un difficile equilibrio posturale e la redistribuzione del peso. Si modificarono l’ossatura e la muscolatura della gamba, così come la curvatura della colonna vertebrale e la forma del bacino; il baricentro del corpo si spostò all’indietro. Non solo: mutarono le proporzioni fra arti inferiori e superiori; cambiò forma anche la gabbia toracica e si modificò la respirazione, mentre il peso della testa si distribuì diversamente sul corpo; insomma, fu proprio una “rivoluzione dello scheletro”. Inoltre si perse l’uso del piede prensile, utilissimo per arrampicarsi e muoversi sugli alberi, molto meno per muoversi a terra.

Quando il clima divenne più secco e torrido, il manto forestale si diradò e aumentarono le radure con erba altissima; in queste condizioni per la nuova specie di ominidi della savana la posizione eretta si rivelò presto provvidenziale. Infine, un ulteriore elemento di diversificazione rispetto agli altri ominidi si concretizzò nell’alimentazione, grazie all’apporto della carne.

 pagina 26 

La comparsa del genere Homo

Intorno a 2,5 milioni di anni fa comparvero le prime specie di ▶ genere Homo, che per circa un milione e mezzo di anni convissero con gli australopitechi. Come era già avvenuto con le scimmie arboricole, il cambiamento climatico rese l’ambiente inospitale per gli australopitechi, che si estinsero definitivamente intorno a un milione di anni fa, lasciando nella savana in continua espansione solo le specie del genere Homo, il cui cervello era molto più sviluppato: ciò contribuì a un miglioramento nel controllo degli arti e a una specializzazione e coordinazione dei diversi sensi. Le specie del genere Homo, in particolare:

  • passarono a una dieta onnivora, con frequente ricorso alla carne. Fu una vera rivoluzione biologica che sconvolse il metabolismo umano, l’apparato digerente, l’apporto energetico e i comportamenti collettivi. L’adattamento richiese molto tempo ma determinò il distacco di Homo dagli ominidi;
  • svilupparono l’uso delle mani sia per compiti che richiedevano l’impiego di notevole forza fisica, sia per operazioni delicate che implicavano grande precisione, come per esempio costruire oggetti;
  • osservavano la natura imparando a sfruttarla a proprio vantaggio: l’uso del fuoco, la costruzione di ripari e l’impiego di una prima rudimentale tecnologia furono elementi di grande vantaggio nella competizione tra specie;
  • memorizzavano esperienze, apprendendo da esse ed elaborando le prime forme di comunicazione tra individui, che avrebbero determinato il successivo sviluppo del linguaggio e della cultura.

Homo popola il pianeta

Senza le glaciazioni la diffusione del genere Homo su tutto il pianeta non sarebbe potuta avvenire, o almeno non nelle modalità in cui si è effettivamente svolta. A causa di una temperatura più bassa di circa dieci gradi rispetto a quella odierna, durante l’ultima glaciazione, terminata tra i 12 000 e i 10 000 anni fa, il livello delle acque oceaniche era nettamente inferiore, perché gran parte dell’acqua restava imprigionata nei ghiacciai. Le terre emerse erano quindi più estese di quelle attuali e consentivano lo spostamento di animali e di uomini attraverso zone oggi separate dal mare. Ciò permise anche il passaggio dei primi uomini nel continente americano, raggiunto probabilmente attraverso lo stretto di Bering, che oggi separa l’Asia nordorientale e l’Alaska, ma che allora presentava un passaggio di terra emersa. Le migrazioni degli esseri umani raggiunsero terre sempre più lontane, e tra 100 000 e 10 000 anni fa interessarono gradualmente tutti i continenti, a eccezione dell’Antartide.

Le glaciazioni, inoltre, modellando a più riprese il territorio, determinarono grandi cambiamenti della flora e della fauna. Durante i periodi più freddi, l’estensione delle foreste diminuiva a causa del clima rigido e secco, lasciando spazio alla steppa, alla tundra e, in Africa, soprattutto alla savana. La scarsità della vegetazione riduceva la possibilità di sopravvivenza di alcune specie animali (come elefanti, caprioli, cinghiali e ippopotami) e ne favoriva altre più adatte alle mutate condizioni climatiche (come cavalli, bisonti, stambecchi, renne, mammut e rinoceronti lanosi).

Con il ritorno di climi più caldi e piovosi, invece, le foreste riconquistavano vasti territori; gli animali adatti agli ambienti freddi, come le renne, si ritiravano a nord, seguendo l’arretramento dei ghiacci, mentre altri si estinguevano, come accadde con i mammut e i rinoceronti lanosi al termine dell’ultima glaciazione.

 pagina 27 

TRECCANI #leparolevalgono

Glaciazione

Un’era glaciale comprende fasi che alternano periodi di espansione dei ghiacci (periodi glaciali o glaciazioni) a periodi di ritiro dei ghiacci (periodi interglaciali).

Le fasi alterne di espansione e di ritiro dei ghiacci producono effetti geologici e stratigrafici apprezzabili soprattutto in termini di variazioni del livello del mare e di abbassamento o sollevamento della crosta terrestre. Infatti, il livello del mare si alza per effetto dell’arretramento e, quindi, della fusione dei ghiacci e si abbassa per effetto dell’espansione dei ghiacci. La crosta terreste, invece, si abbassa nella fase di ispessimento ed espansione dei ghiacci e si solleva nella fase di fusione (deglaciazione). Altri effetti geologici, indotti dal movimento ciclico dei ghiacci, comportano azioni di modellamento, erosione, trasporto, sedimentazione e così via.

Le glaciazioni si sviluppano a partire da variazioni climatiche e possono essere messe in relazione con le diverse ere geologiche, grazie alle testimonianze fossili ritrovate sulla superficie terrestre. Sono state scoperte diverse ere glaciali a partire dall’era geologica più antica, il Precambriano, che va dalla formazione della Terra, circa 4,5 miliardi di anni fa, a circa 540 milioni di anni fa. Nell’era geologica più recente, il Cenozoico (che va da 65 milioni di anni fa ad oggi), si sono formate, in particolare, le calotte glaciali artica e antartica. L’era glaciale più recente interessa il Neozoico (detto anche Quaternario, l’ultima fase del Cenozoico, da 2,5 milioni di anni fa a oggi), durante il quale si stima che si siano avvicendate quattro glaciazioni: le glaciazioni Günz, Mindel, Riss e Würm. Le successive ricerche dei geologi, a partire dallo studio dei depositi glaciali presenti in varie aree del pianeta, come il Sudafrica, hanno mostrato che la Terra ha attraversato una serie di grandi glaciazioni a livello globale, come la glaciazione Andeano-Sahariana (450-420 milioni di anni fa), le cui tracce sono state rilevate in Arabia, Africa settentrionale e Sud America. In Sudafrica sono invece state studiate le testimonianze della glaciazione del Karoo (360-260 milioni di anni fa), che si ritiene abbia lasciato tracce sull’intera massa continentale precedente alla formazione dei continenti (Pangea).

STUDIO ATTIVO

GUIDA ALLO STUDIO
  • Come si è formata la Rift Valley?
  • Quali caratteristiche climatiche hanno favorito la comparsa degli australopitechi?
  • Quali caratteristiche fisiche distinguevano gli australopitechi dalle scimmie arboricole? Quando e dove comparvero i primi australopitechi?
  • Quali vantaggi comportava la postura eretta?
  • Quando comparve il genere Homo? Quale evoluzione aveva subito rispetto all’australopiteco?
  • Che ruolo ebbero le glaciazioni nella diffusione del genere Homo su tutto il pianeta?

Tempo, spazio, storia - volume 1
Tempo, spazio, storia - volume 1
Dalla Preistoria alla crisi di Roma repubblicana